Catania, tragedia sul lavoro, la morte di Orazio Savoca: “Angelo era e non aveva ali”

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Parole e riflessioni sulla sorte di alcuni lavoratori. Emblema di una condizione. Si attende giustizia, ma con la g maiuscola…

di Domenico Stimolo

Orazio Savoca (nella foto), giovane lavoratore edile di 25 anni, “volato” da una impalcatura di un palazzo in costruzione a Catania, morto, sul selciato stradale, l’8 agosto.”Volato ” da dieci metri…..e non aveva ali.Triste fatalità? Sembrerebbe proprio di no! Raccontano le cronache e le valutazioni di parte sindacale che il sito lavorativo si trovasse inadempiente alle regole e privo delle necessarie strutture di sicurezza.Lascia la giovane moglie e due figli in tenera età, tre anni il più grande, quattro mesi il piccolo.Orfano di padre, fin da giovanissima età, accudito dalla nonna; lasciata la scuola superiore per necessità, lavorava in “nero”, così come qui fanno tanti per sfuggire dalla disoccupazione e dalla povertà; in quest’area depressa e abbandonata dall’attenzione pubblica e civile.Un’atra drammatica storia di morte sul luogo di lavoro che si aggiunge alle tante consumatosi nella provincia di Catania: 25 morti nel corso dello scorso anno.Proprio lo stesso giorno a Catania è morto in ospedale un altro lavoratore edile, 59 anni, Sebastiano Alessi, ricoverato alcuni giorni prima, a seguito delle gravi ferite riportate. ” Volato”, anche lui, da un ponteggio di un cantiere messo in opera in un fabbricato.

“Ancilu era e non avia ali Angelo era e non aveva aliNon era santu e miraculi facia, non era santo e miracoli faceva,ncelu acchianava senza cordi e scali saliva in cielo senza corde e scalee senza appidamenti nni scinnia; e senza sostenersi ne scendeva;era l’amuri lu so capitali era l’amore il suo capitalee sta ricchizza a tutti spartia……… questa ricchezza a tutti la spartiva……”Questi sono alcuni versi del canto poetico che il grande Ignazio Buttitta scrisse in onore e memoria di Salvatore Carnevale in ” Lamentu per Turiddu Carnivali”, il sindacalista della Camera del Lavoro di Sciara ( Palermo), ucciso dalla mafia il 16 maggio 1955.Parole universali, di eccellenza poetica e umana, che ben si addicono agli eventi, alla “dinamica” e all’immane tragedia delle vicende narrate.La poesia non lenisce il dolore. Apporta, però, per chi ha cuore e sentimenti civili e democratici, un forte impulso alla riflessione e allo sdegno, partecipe e attivo, contro tutti i “lacci e lacciuoli” in essere che fanno sfregio della vita umana nei luoghi di lavoro.

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Redazione Iene Siciliane

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