di Fabio Cantarella
E’ stato il giorno del colpo di scena stamane al processo per voto di scambio che vede imputati il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e suo fratello Angelo, parlamentare nazionale del Movimento per l’Autonomia, davanti alla quarta sezione penale del Tribunale di Catania, presieduta dal dott. Michele Fichera.
La Procura della Repubblica di Catania, con gli aggiunti Carmelo Zuccaro e Michelangelo Patané, ha infatti ritenuto di dover contestare al governatore di Sicilia, Raffaele Lombardo, e a suo fratello Angelo, l’aggravante del metodo mafioso ex art. 7 della legge 203/1991. Secondo la tesi della Procura, sostenuta in aula dal dott. Zuccaro, le recenti dichiarazioni dei pentiti Gaetano D’Aquino e Maurizio Di Gati, avrebbero fatto emergere che i candidati appoggiati dal clan potevano usufruire di una richiesta di voto che “non era selettiva ma conosciuta in tutto il rione”. Secondo i pubblici ministeri le condizioni di omerta’ in cui vivevano le persone dei quartieri catanesi interessati erano tali che nessuno avrebbe mai denunciato i fatti.
Raffaele Lombardo, presente in aula, ha subito rinunciato ai termini a difesa riconosciutigli dal Codice a seguito della nuova contestazione, ma essendo assente il fratello Angelo il giudice ha dovuto disporre la notifica all’altro imputato, peraltro contumace in quanto non ha mai preso parte al processo.
L’udienza è stata così rinviata al prossimo 19 luglio, ma in molti si chiedono: cosa accadrà adesso? Si dovrà passare davanti ad un Gip che dovrà valutare la nuova ipotesi di reato formulata dalla Procura di Catania. Il Gip potrebbe disporre il rinvio a giudizio ma anche non condividere la nuova contestazione della Procura. Nel primo caso il processo in corso verrà completamente azzerato e ne comincerà un altro davanti ad una sezione collegiale del Tribunale di Catania (infatti in questo caso l’ipotesi di reato non sarebbe più di competenza del Tribunale monocratico). Se, invece, il Gip dovesse non condividere la nuova tesi della Procura tutto rimarrà come prima e la competenza sarà sempre del dott. Fichera.
Un colpo di scena che non è stato per nulla apprezzato dalla difesa del governatore Raffaele Lombardo, in particolare l’avvocato Alessandro Benedetti, del foro di Roma, nel corso del suo intervento ha insinuato che la Procura possa aver giocato tale mossa perché l’istruttoria, ormai quasi conclusa, del processo in corso non avrebbe offerto molta carne al fuoco alla pubblica accusa. Anzi, secondo Benedetti, neppure uno straccio di prova a sostegno delle accuse del tutto infondate. “E poi – ha accusato Alessandro Benedetti- perché contestare l’aggravante del metodo mafioso solo adesso quando i verbali riportanti le dichiarazioni dei pentiti sono vecchi di alcuni anni? A mio avviso – ha aggiunto Benedetti- c’è un accanimento giudiziario nei confronti del presidente Raffaele Lombardo senza alcun rispetto per i suoi importanti impegni istituzionali. Visto il ruolo istituzionale ricoperto dall’imputato -ha concluso Benedetti- ci saremmo invece attesi una maggiore speditezza del processo. Questione che giusto giusto stamane avevamo affrontato con il giudice Fichera, dando la nostra disponibilità anche a tenere tre o quattro udienze a settimana pur di giungere alla sentenza entro luglio. Adesso cambia tutto, occorrerà ricomonciare da zero, abbiamo perso solo tempo”.
Dichiarazioni gravissime quelle dell’avvocato romano che non potevano non suscitare la ferma reazione del dott. Carmelo Zuccaro: “la Procura non consente a nessuno di avanzare illazioni di questo tipo, noi abbiamo il dovere di formulare eventuali contestazioni che dovessero emergere a seguito dell’istruttoria. L’aggravante del metodo mafioso non era concreta in fase di indagini preliminari, ma lo è divenuta man mano che i collaboratori di giustizia hanno aggiunto particolari e precisato fatti prima generici. E ribadisco -ha detto Zuccaro- che il nostro unico obiettivo è quello di accertare la verità e avremmo fatto lo stesso qualora fossero emersi elementi favorevoli agli imputati, perché il nostro dovere è solo quello di accertare la verità”.
A margine dell’udienza è anche il governatore Raffaele Lombardo, ad intervenire sulla questione: “La Procura di Catania è composta da persone di straordinario valore, qualità e competenza” ma “le accuse dei pentiti sono sotto gli occhi di tutti, sono ridicole. Io non mi sento vittima di alcuno – ha aggiunto il governatore – sono responsabile delle mie azioni e mi sento sereno, anche se contrariato. Da questo processo emerge come è stata concreta e indubitabile la nostra azione contro la mafia. Adesso ci sarà un procedimento nel quale ci confronteremo con la magistratura”.
“Il più grande rammarico – ha concluso Raffaele lombardo- è che io non ho ancora un processo né un rinvio a giudizio e che bisogna ricominciare da capo. Se l’annunciata decisione di dimettermi alla fine di luglio non fosse motivata da una scelta politica, potrei rimetterla in discussione. Ma non cambia alcunché, io mi dimetterò per fare fare votare il 27 e 28 ottobre”.
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