“Catastrofica è la situazione della Giustizia a Catania”: l’avv. Sebastiano Attardi non le manda a dire. Ecco la versione integrale della sua missiva a “Lo dico a La Sicilia”

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Ecco il testo -integrale- della lettera inviata dall’Avv. Sebastiano Attardi al giornale catanese:

“Sono l’avvocato Sebastiano Attardi uno tra gli avvocati “decani“ -avendo già compiuto 84 anni, di cui 58 di professione – del prestigioso Foro di Catania. Assumendo la piena responsabilità civile di ciò che andrò a dire con coraggio e verità, segnalo pubblicamente, ai catanesi, ma anche ai “Signori della Giustizia“ di Catania, ciò che tutti sanno -soprattutto gli avvocati– ma che nessuno dice o segnala per paura di subire eventuali ritorsioni da parte dei soggetti interessati.

Ciò premesso, entro subito “in media res”. Prima dell’avvento del coronavirus, il Tribunale di Catania già di per sé stesso non funzionava, ma dopo il coronavirus esso “è crollato“ del tutto ed è altamente deficitario ed inefficiente. Alla sua generale disorganizzazione un “valido aiuto” è stato dato, e viene ancora dato, dalla maggior parte di quella pletora di cancellieri, segretari e personale di cancelleria. Costoro –che durante la pandemia si sono subito rifugiati a casa per paura (ma con stipendio assicurato!), senza far niente con la scusa del lavoro da remoto – rientrati ora in ufficio si permettono il lusso di fare attendere i legali e gli utenti, dietro le loro porte, come se quest’ultimi fossero in attesa davanti alla mensa della Caritas. Una sola impiegata, dico solo una – nonostante le persone e gli avvocati in attesa -viene delegata per servire il pubblico.

Mi riferisco soprattutto alla cancelleria della giurisdizione volontaria, ma anche alla cancelleria delle separazioni. Gli altri impiegati, seduti ai loro posti come soldatini di piombo, non si smuovono più di tanto. Mi chiedo, che cosa facciano di così tanto importante, che non possano intervenire per servire il pubblico? Nella cancelleria civile del rilascio copie del Tribunale, per ottenere il rilascio di una semplice copia di sentenza, fanno trascorrere oltre quindici giorni.

Due coniugi non vanno d’accordo e non riescono a separarsi consensualmente? Ebbene, se si rivolgono al Tribunale per separarsi giudizialmente, il Presidente incaricato di questo servizio, quasi fosse per lui una normalità dopo circa un mese comunica che è stata fissata l’udienza di comparizione delle parti, che va a circa un anno. Nel frattempo, però, nella casa dei separandi, avviene che il marito non vuole “abbandonare” l’abitazione, non versa nulla per la famiglia, mentre i figli non sanno con chi debbano stare od andare. In sostanza, si litiga dalla mattina alla sera proprio perché il Tribunale non è stato sollecito nel fissare una vicina udienza.

Frattanto, sempre in quella ipotetica famiglia, come purtroppo avviene sovente, si verificano violenze fisiche e psichiche, ma anche “femminicidi e “mariticidi“. Se così è, occorre che la prima udienza venga fissata subito, a non oltre 15 giorni, in maniera tale che in quella sede vengano emessi i semplici ed usuali (sempre eguali) provvedimenti provvisori, che regolano la separazioni: basterà un “semplice copia ed incolla”, mutatis mutandis”, cioè personalizzando il provvedimento

Se l’avvocato chiede il rilascio di un decreto ingiuntivo, possono trascorrere anche tre o quattro mesi. La richiesta –depositata in cancelleria – va al Presidente che, con molta calma, designa un giudice, il quale a sua volta, sempre con la massima calma (sic!), si benigna di emettere il decreto, tanto il creditore può sempre aspettare. I rinvii delle cause civili, in Tribunale, vanno da un minimo di quattro mesi ad un anno mentre per la decisione finale anche a due anni. In appello, dopo la prima udienza di comparizione, le cause vanno rinviate a due, tre anni. All’ufficio notifiche, e qui sono le più dolenti note, per notificare un atto o per chiedere un pignoramento la trafila è lunga e l’attesa ancora più lunga.

Infatti, in base a regolamenti interni illegittimi (non previsti dal codice di procedura civile) ed anche perché non concordati con l’ordine degli avvocati, è stato stabilito che gli ultimi giorni del mese non si possono chiedere atti urgenti, mentre se si deve chiedere il pignoramento, lo si può fare solo se l’atto di precetto scade nel mese di Agosto, per cui se scade tra tre mesi occorre attendere un pari tempo (sic). Potrei ancora continuare anche con la scortesia e l’arroganza di molti impiegati delle cancellerie che trattano gli utenti e gli avvocati come fossero dei disturbatori della loro quiete. Estremamente formalisti e burocratizzati sino all’inverosimile, ricordando loro che “summa ius est summa iniuria“.

Questo non è altro che un piccolo “frame“ dell’attuale situazione della Giustizia e del Palazzo di Giustizia a Catania, dove sembra che, al timone, non via sia un esperto nocchiero, perché ognuno fa quel che vuole. Ecco perché molti avvocati stanno “scappando” dalla professione, perché oltre al fatto che essa non rende più economicamente, a ciò si aggiungono i tempi biblici non solo per il rilascio di una semplice sentenza ma anche per l’attesa di una decisione.

Io non so che cosa faccia il mio consiglio dell’ordine, ma credo che stia a guardare anch’esso passivamente. Se così è, invoco e chiedo, pubblicamente, che il Ministero della Giustizia invii a Catania i suoi ispettori per mettere immediatamente ordine nelle cancellerie e negli uffici addetti alla notifica, perché – oltre a mancare il personale – quelli che vi sono, a quanto sembra, non hanno più voglia tanta voglia di lavorare, dopo il coronavirus, che, per loro, è stata una vera e propria manna. Se qualcuno ne ha motivo, mi smentisca pure, mentre prego gli avvocati coraggiosi di fare sentire la loro voce su questa insostituibile e valida rubrica giornalistica.

Avvocato Sebastiano Attardi.”

 

 

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Benanti

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