Centri commerciali sotto l’Etna: sono troppi, per questo se ne vogliono aprire altri due…


Pubblicato il 09 Dicembre 2011

E’ levata di scudi in casa Confcommercio per la conferenza dei servizi prevista per il prossimo lunedì 12 dicembre che vedrà all’esame la domanda di apertura per un nuovo centro commerciale di oltre 50 mila mq a Motta S’Anastasia e, nei giorni successivi, un altra istanza sarà valutata anche per Scordia.

Stamattina, nella sede dell’associazione, il presidente Riccardo Galimberti, insieme al vice presidente vicario Nino Nicolosi, al direttore generale Antonio Strano e al funzionario Francesco Sorbello (nella foto), ha illustrato la lettera indirizzata al presidente della regione Raffaele Lombardo perché sospenda le conferenze dei servizi, rispettando l’impegno preso nel 2008 di un nuovo contesto normativo che bloccasse l’apertura spropositata di nuovi centri commerciali.

L’aver previsto che i comuni debbano essere dotati del piano di urbanistica commerciale quale condizione per il rilascio delle autorizzazioni per grandi strutture di vendita e l’aver ridotto, solo lo scorso mese di giugno, al 10% la superficie disponibile per il rilascio delle autorizzazioni per centri commerciali, di fatto non ha prodotto alcun risultato positivo. Si continuano, infatti, a trattare le istanze di nuove aperture con i vecchi parametri, quelli che hanno determinato l’eccessivo proliferare di grandi strutture di vendita nella Provincia etnea.

Ben 12 centri commerciali gravitano nell’area catanese per un totale di 390mila mq, suddivisi in 63 mila mq destinati al food e 327 mila mq al comparto non alimentare, pari a un’offerta di 360 mq ogni 1000 abitanti che portano la provincia di Catania ad essere seconda in Europa, dietro la Norvegia.Un mercato saturo, che non aiuta lo sviluppo e il turismo ma produce solo speculazione immobiliare.

Un terreno agricolo, infatti, secondo Confcommercio, viene impermeabilizzato col cemento con una variante al PRG producendo una plusvalenza del 150 % ! “Nell’ottica del marketing territoriale – spiega Riccardo Galimberti presidente provinciale Confcommercio Imprese per l’Italia di Catania – e della promozione turistica del territorio queste nuove aperture sarebbero solo un freno poiché romperebbero l’equilibrio del sistema negozi presente in città. Il futuro del turismo in Sicilia è legato a questa decisione perché un offerta dequalificata, povera e decentrata è elemento negativo per lo sviluppo. Va bene i centri commerciali ma irreggimentati in un sistema di regole”.

La Confcommercio contesta quindi le politiche per il commercio della Regione Siciliana che continuano a non governare il terziario, ad essere prive di alcuna logica, producendo uno “sviluppo” della rete distributiva mortificante per il territorio e per l’economia stessa e invita il Presidente della Regione a fare un giro per le città e contare quante botteghe sono chiuse, a parlare con i direttori di banca per farsi confermare quante imprese hanno i conti incagliati e rate di prestiti e mutui insolute.

“I provvedimenti regionali – afferma Francesco Sorbello della Confcommercio – non hanno prodotto alcun risultato tanto che si continuano a trattare istanze di mega centri commerciali solo perché presentate anteriormente a misure arrivate tardivamente. La riduzione al 10% delle superfici di vendita autorizzabili, il Presidente Lombardo avrebbe dovuto farla al momento del Suo insediamento, così come assicurato durante la campagna elettorale. Gli chiediamo quindi un atto di coerenza con quanto promesso continua Sorbello – sospendere, cioè, ogni conferenza dei servizi in cui vi è la trattazione di apertura di un centro commerciale. E’ allo studio infatti una riforma della normativa sul commercio che dovrà riordinare la rete distributiva in tutti i suoi comparti. Che senso avrebbe confrontarsi su una nuova legge del commercio quando, nel frattempo, si continua a stravolgere la rete distributiva con le nuove grandi aperture?”

Per Confcommercio è in gioco il ruolo e la vita stessa delle città che svuotate della funzione commerciale sono destinate alla desertificazione, al degrado urbano e all’insicurezza. Le città non sono ammassi occasionali di pietre e cemento, più o meno belle ed organizzate, ma hanno una loro vita, una loro anima ed un loro destino. Il commercio effettivamente è uno strumento per difendere questi valori e per tutelare la città come valore.

iena commerciale


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