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Cgil Catania: la “questione democratica” fra autoritarismi e ruoli nel “sistema di Potere”. E Angelo Villari se la prende con noi di “ienesicule”!
Pubblicato il 01 Novembre 2019
iena reazionaria marco benanti.
“Io non c’entro nulla con questo gruppo dirigente”, “quale villarismo!”, “tu dai tutto questo spazio a queste cose, invece, non ti occupi delle nefandezze che accadono a Catania”, “ma chi c’era ieri sera? Erano di Rifondazione…”: ci sembra proprio che queste frasi le abbia pronunciate, il 31 ottobre scorso, davanti a chi scrive, l’ex segretario della Cgil di Catania ed ex assessore ai servizi sociali della giunta Bianco. Angelo Villari se la prende con noi, una mattina al bar “Savage”, seduto davanti -guarda la causalità- al segretario del Pd di Catania Enzo Napoli. Cgil, Pd, Cgil, Pd ma non diteglielo che si arrabbia.
Insomma, alla Cgil, finalmente, qualcuno ha detto che il “Re è nudo” e il gruppo dirigente, di cui Angelo Villari ha fatto parte con ruolo preminente da anni e anni contribuendo a produrre, a sua volta, un gruppo dirigente autoreferenziale e in evidente crisi, se la prende con i giornalisti. Come se il “caso Longo” fosse colpa della stampa: tipico atteggiamento all’italiana, della peggiore politica italiana.
Il “caso Longo” non è riguarda, infatti, soltanto la sorte del componente della segretario Claudio Longo, esponente della Cgil (nella foto) che conosciamo bene come persona impegnata, con la quale si può essere in disaccordo, ma certamente non lo si può ritenere in malafede o peggio protagonista di roba turpe: eppure Longo rischia la “sfiducia” e il 5 novembre potrebbe essere di fatto “scaricato” dall’organizzazione. Dopo una lunga militanza, con tante vertenze e lotte, Longo sembra essere diventato “indesiderato”. Il 30 ottobre, allora, Longo ha spiegato agli iscritti alla Cgil cosa sta accadendo. Il suo è stato un discorso che, nel complesso, ha rivelato un volto intollerante dell’attuale gruppo dirigente del sindacato, un gruppo dirigente che non sopporta le critiche (come nel caso dell’analisi del dissesto del comune di Catania, per il quale Longo ha evidenziato le responsabilità della giunta Bianco), che non sopporta che un suo dirigente faccia presente che non usano le strutture sindacali (l’Inca) per miserabili operazioni di proselitimo elettorale (leggasi, “santini” del candidato alle Europee Michela Giuffrida), una candidatura “sbagliata” secondo Longo, secondo un ragionamento politico che fa riferimento a fatti e personaggi del “Sistema di Potere” catanese (Leggasi, vertenza Telecolor e rapporti con il gruppo Ciancio) e non solo, ma anche e soprattutto la vicinanza al Pd e alle sue logiche.
Davvero un gruppo dirigente piccolo piccolo, borghesemente piccolo: chiuso in sé e anche per questo destinato a perdere. E come tutti quelli che perdono, che fa? Reagisce con atti di autoritarismo. Su Longo, quindi, pende una richiesta di “sfiducia” che l’assemblea generale della Cgil voterà il 5 novembre.
Dopo Longo, sono intervenuti altri iscritti alla Cgil (iscritti dal 1973 come Mimmo Cosentino, non semplicemente “quelli di Rifondazione”) e personaggi storici della Cgil come Tuccio Cutugno. Mimmo Cosentino, fra l’altro, ha parlato di una “logica familista” che contraddistingue la Cgil, con intrecci familiari che si trasferiscono dentro le istituzioni (comune di Catania, dove la Cgil ha messo ai tempi di Bianco due assessori), con operazioni dentro il “sistema di Potere di Catania”. Un “nodo che va sciolto” ha detto Cosentino, che è sempre un iscritto e il segretario regionale di Rifondazione, non l’ultimo “cortigiano di corte”. Semmai, qualcuno ha ricordato che esiste un comune della provincia di Catania -Grammichele- che dentro la Cgil è talmente rappresentato in tale misura da sembrare un “paese di scienziati”
A sentire personaggi come Tuccio Cutugno, poi, si è avuta conferma di un disagio e di un’amarezza che pervade settori dell’organizzazione, anche perchè Cutugno come gli altri intervenuti hanno sottolineato che non si mette assolutamente in discussione il valore della Cgil e del suo ruolo nella società (un’argomentazione questa meramente strumentale talora utilizzata per cercare di “tappare la bocca” a chi non è in “riga”) ma si contestano scelte precise del gruppo dirigente.
Certo, che poi a sentire Turi Siracusa, una vita passata nei cantieri come operaio e come rappresentante sindacale, che racconta delle ritorsioni subite per avere contestato che “le strutture sindacali si chiudevano quando c’erano le elezioni” e questo- nel racconto di Siracusa- accade da decenni, anche perchè “esiste un sistema oleato”, di natura elettorale e di posti da occupare.“Mi mandarono ad Acireale”- ha raccontato Siracusa, ad “espiare” -aggiungiamo noi- quali “colpe”?
Ed è bene che Michele Pistone abbia ricordato il valore della diversità, quella vera, democratica, del confronto fra posizioni diverse, radicalmente diverse. Altrimenti non si sta in democrazia, si sta in una caserma per soldatini di piombo, aggiungiamo noi.
Appuntamento al 5 novembre, allora, noi ci saremo.
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