Arriva, come ogni anno, il 5 gennaio, con la “Caserma Antimafiosa” e tutto il resto dei riti. Un’altra faccia della catanesità, sedicente “alternativa”. Dicono che la Catania del 5 gennaio 2025 sia tanto diversa da quella del 5 gennaio 1984. Lunga vita a tutti i veri Eretici di questo tempo di merda. di Iena Anti […]
Che nuovo anno sarà? Pessimo ovviamente
Pubblicato il 30 Dicembre 2024
di Marco Iacona
Che 2025 o che futuro sarà? Per il mondo intendo dire (sì, una parola…), per l’Italia (idem) e per la destra italiana e no. Cominciamo per paradosso dai temi più “semplici” quelli del mondo (ovviamente come mia “rappresentazione”). Trump ha rivinto le elezioni proprio adesso che ci eravamo abituati a quel… bip di zio Joe e alla presenza-assenza di Kamala il più grande mistero dopo l’Area 51. Chi sa di politica estera dice che il Trump-bis sarà diverso dal precedente, ché stavolta il marito di Melania vorrà davvero lasciare il segno, ché stavolta l’America potrebbe davvero ritornare grande: intendo dire grande assente. Giusto due o tre questioni, al netto di imprevisti economici e opportunità, ci saranno da sbrogliare: le ambizioni di Putin (e a fianco il rebus della Cina che prima o poi vivrà la sua fase di declino seppur momentaneo) e il fattore islam. Ma la questione essenziale sarà: come affronterà e da quali punti di vista il biondo presidente le questioni calde del pianeta? Vale a dire (lo dico meglio) in che misura i governi e i governicchi europei saranno costretti a riposizionarsi nella prospettiva di un trumpismo spiazzante e come dire de-sacralizzante?
Più di tutti se lo chiede oggi – ma non vedo nessuno stracciarsi le vesti – il nostro (anzi: vostro) Paese. Ruota di scorta da decenni e decenni della politica internazionale (oggi del cosiddetto globalismo); abbondantemente atlantista, europeista quanto basta (cioè per poltrone ed eventuali maggioranze) e patriottico solo per via orale. Il Paese va meglio quando non pensa a se stesso, quando cioè si occupa o finge di farlo di relazioni internazionali, si preoccupa così di consolidare amicizie e di spegnere controversie o risolvere grane (tutto sommato, ripeto: al netto di imprevisti, grane da ordinaria amministrazione); ma va così così – come in un film di Nanni Moretti o di altro semi-catastrofista – quando deve pensare al proprio stomaco. In ballo ci sono oggi questioni al confine tra dossier di diversa natura: in primo luogo l’immigrazione (le città grandi e medie si stanno trasformando in giungle con asfalto da rimettere a nuovo); ci sarà poi da “combattere” per tentare di riequilibrare ordini e poteri che sembrano fuori controllo (tipo magistratura, tipo potere del sindacato, sempre più inutile ed esclusivamente, leggi “politicamente”, provocatorio). Ci sarà da penare e forse una sinistra più in pace col potere (almeno secondo la comune narrazione) potrà fare meglio di una destra costretta da sé e dagli altri a improvvisare il day to day. Infine c’è una terza questione, si dovrà cioè tener conto delle immancabili impazienze nella coalizione di governo: tre destre o forse solo una (quella di Salvini), un centro postdemocristiano e un partito conservatore solo nelle intenzioni e poco nei risultati.
Ma veniamo alla questione più controversa. Mentre una sinistra senza idee o magari: con l’unica idea (ipocrita quanto basta) di trasformare in “diritti” qualunque desiderio grazie a una strategia comunicativa delle volte forsennata, mentre una sinistra oramai padrona dei mezzi di informazione manda in onda la sua soldataglia (maschile e femminile), la destra è costretta ancora a giocare sulla difensiva. E in due modi diversi: il primo è più facilmente individuabile, da qualche anno varî commentatori e chierici portano avanti programmi di genere libertario che lasciano il segno forse solo “culturalmente” ma davvero poco nel Paese reale e nell’Italia profonda fatta di lavoratori più o meno umili (e arrabbiati) e analfabeti di ritorno e funzionali. Costruire una nuova Italia (grazie alla lezione di Gramsci) nel terzo millennio-social è praticamente impossibile, il rischio è quello di rifondare un’Italia a Cinque Stelle (stavolta a Sei) e non per niente il peggio della destra a suo tempo andò a finire proprio lì. Per fondare una nuova cultura servono nuove idee, una base sociale che se ne faccia carico, dunque istituzioni che sappiano accogliere tutte le novità, occorrono anni e uomini (pensanti e) giusti. Non dei lamentosi animali-social o colorate e colorite “commentatrici” con appropriato master. Le novità poi non sono formate da eserciti di femmine al soldo del capitale che titilla abilmente quella “voglia di mettersi in mostra” elargendo articoli in serie – scritti e orali – al solo fine di trasformare “strane voglie” (da sempre presenti) in certezze materiali ed eventi istituzionalizzabili. Grazia Deledda – praticamente in rappresentanza dell’unico Nobel dato a un romanziere puro e italiano – diceva che l’amore è ciò che lega un uomo a una donna, il danaro ciò che lega una donna a un uomo. Nel linguaggio di tradizione uomo può essere sinonimo di ordine e donna di interesse… E la destra che ha espresso la prima donna Presidente del consiglio la cui immagine è grazie a Dio alternativa rispetto a quella di un femminino ingombrate, imbarazzante, arrembante cosa fara? Meloni o altro leader, questa sarà una delle scommesse più serie per i prossimi anni, dovendo semmai la destra attingere (qui sì) a culture non europee che, al di là di estremismi ovviamente condannabili, siano del tutto digiune di retoriche da donna-tutto e da noiosi psicologismi in salsa rosa…
Ma c’è una seconda questione che riguarda la destra ed è molto più seria (ché fino a quando le donne non risolveranno di passare alla violenza, le loro “rivendicazioni” potranno essere ben arginate da una informazione adeguata), e tocca ancora l’Arché culturale della destra. Proprio adesso proprio nel momento in cui l’Occidente (materia e forma) sembra maggiormente in crisi potendosi rivendicare così conoscenze quasi secolari provenienti da spazi chiamiamoli anticonformisti, la destra (e la destra italiana) si fa ancora una volta garante di quell’occidentalità incredibilmente data per defunta passo dopo passo. Dimostrando così di non credere in se stessa (cosa del tutto ovvia) e di avere un senso della storia e della filosofia della storia da istituto commerciale o da Franti rimandabile a settembre se non da mettere in carcere. Insomma, tutti gli Hobbit masticati e rimasticati negli anni li vedo adesso come miserevoli robottini che lavorano e lavorano, pancia a terra, per il frigo, le ferie, la gnocca e l’Alfa. E pensare che a un certo punto qualcuno aveva consiglio ai “fascisti” di leggere perfino Horkheimer…
Un ultimo pensiero va alla mia città o ex città: Catania. Le notizie che ricevo sono grossomodo quelle che pessimisticamente ogni giorno attendo. Una città in cui scartine e carrieristi si muovono con licenza di uccidere (l’intelligenza), una città di destra che non ha ancora imparato a dialogare col “popolo” (populista in senso autoritario…), una città sempre più brutta. Certo c’è di peggio e non ci si lasci ingannare da classifiche nelle quali la città dell’elefante non è mai in “zona Uefa”; c’è di peggio credetemi: ma (il punto è) quanto durerà? A Catania (la pessima Catania) il welfare si chiama ancora – qui e lì – umanità, altrove è il contrario: il welfare (pieno di tecnici, trafficoni, contabili) ha preso il posto dell’umanità; ed è tutta una scommessa sul guadagno, l’interesse privato, il buon affare. In questi luoghi anche se non governa, la sinistra ha vinto da tempo. E per sinistra intendo la sinistra money, money e ovviamente… la destra attuale.
Auguri.
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