di iena Porthos
3 giugno: oggi alcuni avvocati scendono in piazza per protestare contro il blocco della Giustizia (con la G anche dopo il caso Palamara).
Altri avvocati snobbano l’iniziativa, giudicandola “indecorosa” e poco confacente alla dignità della toga.
Tra questi ultimi, il Consiglio dell’Ordine ancora lacerato dalle lotte post – ineleggibili e la Camera Penale che pur essendo un’associazione, e quindi vicina alla base, non ha perso l’occasione per puntualizzare la propria differenza rispetto ai manifestanti.
A quanto pare, c’è una nuova regola deontologica per cui l’avvocato non può soffrire una crisi economica, e se vive “di udienze” (anche di basso impatto mediatico, come gli sfratti o le piccole vicende da Giudice di pace) e queste udienze non si tengono … non incasserà nulla, ma non deve protestare in pubblico, perché non è decoroso.
Ci chiediamo a chi giovi, davvero, il blocco della Giustizia, i rinvii al 2021, il lavoro di notifica o cancelleria da svolgersi solo previa prenotazione con e-mail, senza avvicinarsi fisicamente agli uffici; mentre gli avvocati (che non sopportano di essere definiti “Utenti”) si chiedono perché si possa andare senza più limiti in palestra o al bar, ma ci siano tante cautele per entrare in un Tribunale.
In questo quadro generale, gli altri flash mob organizzati un po’ ovunque in Italia hanno visto una scarsa partecipazione, segno che i poco decorosi sono ancora una minoranza tra gli avvocati.
Eppure, c’è una speciale cura a dissociarsi dall’iniziativa odierna, un’attenzione a prendere le distanze, una stridente contraddizione tra la democrazia festeggiata appena ieri con l’anniversario della Repubblica e lo snobismo di chi guarda dall’alto in basso i poveri manifestanti.
Chi ha paura di un modesto flash mob, e perché?
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