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Ciancio: dopo il dissequestro, bisognerebbe ragionare (di più) sulle misure di prevenzione
Pubblicato il 25 Marzo 2020
di iena marco pitrella
Con la decisione della Corte d’Appello di Catania di disporre il dissequestro dei beni di Mario Ciancio, 150 milioni di euro circa, c’è da chiedersi se a suo tempo, correva l’anno 2018, fosse stata cosa buona e giusta (soprattutto giusta) procedere al sequestro per l’appunto dei beni, mentre si stava per celebrare, per le stesse accuse in sostanza, un processo per concorso esterno in associazione mafiosa. La questione sempre una è: misure di prevenzione e processo per concorso esterno percorrono vie parallele – il concetto era di Massimo Bordin, buonanima -, ognuna nella sua aula e ognuna con i suoi giudici. Che poi i fatti siano quelli, va da sé.
C’è da chiedersi, dunque, se fosse cosa buona e giusta. Dopo che, proprio sull’accusa di concorso esterno, c’era stata una richiesta di archiviazione da parte della procura, correva l’anno 2012; dopo che sulla stessa richiesta di archiviazione della Procura, il giudice per le indagini aveva disposto ulteriori indagini; dopo che, a seguito delle ulteriori indagini, c’era stata la richiesta di rinvio a giudizio, correva l’anno 2015; dopo che c’era stata una sentenza di non luogo a procedere perché “il fatto non costituisce reato”, correva l’anno 2016; dopo che, ancora su ricorso ancora della Procura, la Cassazione aveva annullato la sentenza di non luogo a procedere, correva sempre l’anno 2016; dopo che il giudice per le indagini preliminari aveva disposto il rinvio a giudizio, correva l’anno 2017; dopo che, insomma, c’è stato tutto un iter, “travagliato” se vogliamo, che aveva portato Mario Ciancio a essere giudicato, ecco scattare le misure di prevenzione: sequestro dei beni per “pericolosità sociale”.
Ora, come detto, uno dei due procedimenti s’è concluso: “non può ritenersi provata l’esistenza di alcun attivo e consapevole contributo arrecato da Ciancio Sanfilippo in favore di Cosa nostra catanese” , si legge nella motivazione dei giudici della corte d’appello. E però, Mario Ciancio rimane comunque imputato nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa: questo perché, dicevamo, misure di prevenzione e processo percorrono vie parallele … che per definizione non si incontreranno mai.
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