“COA monarchico”: si dimettono in sei, ma il decano “resiste” in una giornata che conferma il “livello” di questa avvocatura

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Alla fine -il rigore della legge sul divieto di doppio mandato pare sia stato una sorta di “trauma” assorbito lentamente- si sono dimessi in 6 (Ninni DiStefano, Jessica Gualtieri, Marco Tortorici, Alberto Giaconia, Walter Toro e Roberto Caruso), il settimo ineleggibile Santo Li Volsi “resiste”, formalmente in quanto decano che deve convocare il nuovo consiglio. Quando si insedierà il nuovo organo degli avvocati catanesi? Sarà il 28 giugno il “giorno giusto”?

Frattanto, al posto dei sei dimissionari sono subentrati – scalare- i seguenti avvocati: Tiziana Foti, Oriana Maria Toscano, Davide Alfredo Luigi Negretti, Corrado Adernò, Assunta Valentina Salvo e Santi Pierpaolo Giacona. Se -come dovrebbe fare- si dimetterà anche Santo Li Volsi subentrerà l’avvocato Lusyana Guccione.

Dalla mattina, in cui si è sparsa la voce, sino a sera, è stato un susseguirsi di saluti di commiato strappalacrime, rimbalzati sul web, in mezzo a ringraziamenti e apprezzamenti da destra a sinistra, passando per il centro. Insomma, il solito spettacolo -dal vivo- di Catania: si chiama, in italiano, spirito di corporazione. Che, di fronte ad una vicenda per taluni aspetti stucchevole e paradigmatica dello scadimento del ruolo dell’ avvocato a Catania, appare ancor più paradossale e sgradevole.

Che l’avvocatura catanese sia in larga parte pervasa da uno spirito gregario che ne condiziona l’azione ogni giorno e che di fatto ne ha ridotto la funzione ad un ruolo di comprimario dello strapotere dei magistrati, interessa a pochi o a nessuno.

Quello che a livello nazionale è un dato ormai acquisito, a Catania è da tempo patologia. Di mezzo ci sarebbero i diritti e la vita delle persone in carne ossa, ma non vogliamo esagerare: le emergenze sono altre. Come quella di un decano che non si dimette (partirà allora il ricorso contro?) e di una convocazione che non arriva.

Sullo sfondo poi sarebbe da aspettarsi uno “scatto di orgoglio”, o meglio di decenza in tema di ufficio di presidenza del consiglio, tradotto presidente,vice, segretario e tesoriere, che dovrebbero accogliere tutte le espressioni professionali del nuovo consiglio. Dovrebbero diciamo, perchè parrebbe che la “vecchia guardia” non voglia mollare da questo punto di vista. Tradotto: un ideale attaccamento alla poltrona. Che significa Potere. Ma poi sarebbe da chiedersi: perchè tanto accanimento nella difesa dei posti in consiglio e in senso lato del consiglio stesso?

Il livello morale di una città incattivita e mediocre come la Catania di oggi si vede anche e soprattutto dalla sua “classe dirigente”.

 

 

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Benanti

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