Commercio: dalla protesta alla rabbia

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La protesta dei mesi scorsi da parte di commercianti e ristoratori ha lasciato il passo alla rabbia ed ad accenni di disordine in molte piazze di importanti città dello stivale proprio in questi giorni. Non poteva non finire altrimenti,  purtroppo. La causa di ciò è da addebitare ad almeno tre fattori: a) attività chiuse da oltre un anno ed ancora assenza di prospettiva ; b) provvidenze – ristori economici inesistenti per molte categorie e assolutamente insufficienti per altre; c) la chiusura – apertura del complesso delle attività economiche non ha risposto a criteri di equità e ragionevolezza. Una questione soprattutto quest’ultima che ci riportiamo da oltre un anno e che il sottoscritto ha ripetutamente già  sollevato. Non era pertanto difficile prevedere che nei momenti di gravissima  crisi economica un pericolo per la tenuta della convivenza democratica e della coesione sociale è da rinvenire proprio  nella percezione di regole ingiuste.
Troppo spesso, infatti, i provvedimenti governativi ì sono apparsi, ed in realtà lo sono stati, irragionevole ed ingiusti.
Orbene,  abbiamo visto ristoranti chiusi per l’intera giornata e centri commerciali aperti, teatri e cinema chiusi e grandi magazzini del centro storico che consentono, proprio per norma, l’accesso fino a 500 persone per volta.  Eventi fieristici professionali e  specializzati , che si rivolgono a platee particolari e selezionate, con accessi contingenti, inibiti e a fare da contraltare  assemblamenti e code chilometriche per vaccinarsi, piuttosto che bus e metro ingolfati di gente. Come si può accettare, ragionevolmente,  che un ristorante o un teatro con accessi guidati, distanziamento garantito e norme di sicurezza applicate debba restare chiuso mentre o un grande magazzino o un centro commerciale nei cui corridoi e corsie gli spostamenti dei clienti non sono assolutamente gestibili, possa restare aperto? Ed un evento fieristico rivolto solo agli addetti ai lavori cosa ha di maggiormente nocivo rispetto alle anzi dette attività economiche? Nulla sono sovrapponibili.  Dopo un anno di pandemia, coerenza, ragionevolezza ed equità non sono più procastinabili e le regole devono essere declinate con coerenza da gente competente.  La crisi delle imprese e  la perdita dei posti di lavoro meritano  competenza e serietà.  Altrimenti la protesta si trasforma in rabbia che può sfociare in disordini.
Troppe norme oltre a essere incoerenti continuano a  puzzare di ipocrisia, per non dire di parzialità.

Francesco Sorbello esperto settore commercio

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Benanti

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