Sarà il Tribunale del Lavoro a risolvere la lunga vertenza che ha investito lo scorso febbraio “Catania Multiservizi”, la società partecipata del Comune.
I centodieci lavoratori licenziati il 18 aprile hanno impugnato il provvedimento, intentando cause individuali contro il sindaco, Raffaele Stancanelli, e contro i vertici dell’azienda nominati da Palazzo degli Elefanti.
Venerdì, dopo la costituzione delle parti, il giudice del Lavoro Maria Cristina Musumeci si è riservata un mese di tempo per decidere. Fino ad allora, l’amministrazione comunale attenderà col fiato sospeso: in ballo c’è la “linea di rigore finanziario” nella gestione delle partecipate a cui ha giurato fedeltà, fin dall’insediamento, il primo cittadino e senatore del Pdl.
I lavoratori licenziati, infatti, reclamano il reintegro. “Siamo stati assunti, a partire dal 1998, come operai generici” dicono. “Il ricorso- spiega l’avvocato che li assiste, Giuseppe Filippello- fa riferimento alla legge 223/1991, che garantisce alle maestranze ricadenti sotto tale inquadramento il diritto a rimanere in organico”.
Una posizione contraddetta da Concetta Currao, legale del Comune e giuslavorista dell’Università di Catania: “Non è possibile applicare misure di solidarietà in aziende a capitale pubblico”. Tanto più, secondo i legali scelti da Raffaele Stancanelli, nel caso dei centodieci licenziati. Per loro è pronto da mesi il transito a “Dussmann service”, multinazionale aggiudicataria di un nuovo appalto, che, però, i lavoratori rifiutano con tutte le forze. La vicenda ha inizio il 17 febbraio, quando decine di dipendenti di “Catania Multiservizi”, impiegati nelle scuole come addetti alle pulizie, occuparono Palazzo degli Elefanti interrompendo una seduta del Consiglio comunale.
Chiedevano che i tagli dei fondi destinati al comparto, annunciati dal Ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, non si traducessero a Catania in una riduzione del monte ore lavorative. “Con le risorse disponibili passeremo da trenta a dodici ore settimanali- spiegarono i rappresentanti sindacali di Unicobas e Asal- con la perdita del 70% delle retribuzioni medie mensili”. Il nodo della faccenda era il nuovo appalto. Toccava, infatti, alla multinazionale “Dussmann service” far quadrare i conti del settore, in seguito all’esternalizzazione di una commessa gestita per un decennio da imprese pubbliche. A Catania la parte datoriale era rappresentata da “Multiservizi”, società costituita nel 1998 dall’amministrazione ulivista di Enzo Bianco.
“Per mantenere l’organico attuale- ripete ancora oggi Stancanelli- servono duecentottantamila euro, cifra non nella disponibilità di un ente che ha avviato un faticoso percorso di risanamento”. Quanto al nuovo appalto, il sindaco, che è al contempo senatore, prometteva “un impegno ministeriale adeguato”. Ma il 14 marzo saltò fuori un documento, firmato dal sottosegretario all’Istruzione Giuseppe Pizza, attestante copiose decurtazioni di orario. Al punto che i sindacati, inferociti, giunsero a lanciare un ultimatum all’inquilino di Palazzo degli Elefanti: “Se il Comune non stanzia i fondi- disse Franco Tomasello di Unicobas- saremmo costretti ad adire alle vie legali”. Oggi i sindacati rilanciano la sfida. Sullo sfondo c’è il caso della gemella “Trapani Multiservizi”, che nella stessa situazione ha deciso di mantenere 35 lavoratori in organico tramite ammortizzatori sociali. E, tra i sindacalisti, non manca chi insinua il sospetto: “Sappiamo di dipendenti a cui adesso vengono concessi straordinari di tre ore. E’ questo il loro rigore finanziario?”.
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