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Condannato per un’auto non più sua: la Corte d’appello di Reggio Calabria fa giustizia
Pubblicato il 16 Marzo 2012
Il caso di un giovane marocchino al centro di una surreale storiaDi Iena Giudiziaria, Marco Benanti
La giustizia non è solo grandi processi: troppo spesso, i tanti “piccoli” casi di ingiustizia vengono relegati nel dimenticatoio, lasciati ai margini dell’informazione. Stavolta, vogliamo invertire questa tendenza, raccontando una storia –per fortuna finita bene- di un uomo ingiustamente accusato di un reato e che ora, insieme alla revoca della sentenza di condanna e all’assoluzione “per non avere commesso il fatto”, ha avuto il “suo” processo di revisione.
Così ha infatti deciso la Corte d’Appello di Reggio Calabria, il 12 gennaio scorso, accogliendo la richiesta del giovane marocchino Rigat Abdelfattah, 29 anni, difeso dagli avvocati Renato Penna (nella foto) e Carmela Bonaccorsi del foro di Catania. L’accusa: furto di alcuni pannelli solari, di un modico valore commerciale, in quel di Tripi, in provincia di Messina, di proprietà della Provincia Regionale peloritana. Il tutto il 10 novembre del 2004. Per questo presunto reato Rigat è stato condannato in primo e secondo grado, dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, nel 2006 e da quello di Messina, nel 2010, a tre anni e seicento euro di multa.
Eppure, l’auto in cui era stata ritrovata la refurtiva non era più di Rigat: l’aveva già venduta! I carabinieri avevano trovato i pannelli, il 9 novembre 2004: ma quell’auto era stata al centro di una compravendita l’8 novembre 2004! Bastava leggere le carte dell’indagine per accorgersene: c’erano atti che attestavano il passaggio di proprietà….Eppure, Rigat ha vissuto il suo calvario. Nel silenzio dei media che, invece, di fronte agli “alti papaveri” spesso fanno…rumore. Paradosso nel paradosso: il 10 novembre Rigat era sulla nave diretto dall’Italia, via Spagna, in Marocco per andare a trovare la madre, gravemente ammalata. Lo attesta il biglietto prodotto nel processo dagli avvocati Penna e Bonaccorsi. Loro sono intervenuti in corso di causa: in primo grado Rigat aveva una difesa d’ufficio ed è stato giudicato in contumacia.
Successivamente, i suoi avvocati hanno prodotto anche la certificazione attestante la malattia della madre, copia del biglietto e del passaporto, ma la Corte d’Appello di Messina ha lo stesso condannato l’uomo. Ma non è finita: Rigat, tornato in Italia nel settembre scorso, è stato anche arrestato e portato nel carcere genovese di Marassi per scontare questa pena sommata ad altre per presunta ricettazione di elettrodomestici. A causa di questa condanna era, infatti, era stata revocato il beneficio della sospensione condizionale relativo a precedenti condanne. Eppure, l’avv. Penna aveva in precedenza avanzato richiesta di sospensione dell’esecuzione della pena. Respinta. Il 22 dicembre scorso, la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha disposto la sospensione dell’esecuzione.
Tutto bene quel che finisce bene? Sembra di sì. Adesso ultimo paradosso di questa storia di “ordinaria” ingiustizia –finita bene grazie all’apprezzabile giudizio della Corte d’Appello di Reggio Calabria- si dovrà tenere l’udienza per la revoca…della revoca della sospensione condizionale della pena per le altre condanne.
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