Ad oggi né il Governo nazionale né quello regionale in tutti i loro provvedimenti emergenziali si sono occupati della categoria degli inquilini, precisamente di coloro che occupano un immobile per viverci e risiederci e che svolgono un’attività lavorativa, la quale è stata giustamente vietata per ragioni di sicurezza sanitaria.
Essi, in ragione dei provvedimenti emanati, hanno visto stoppare le proprie entrate reddituali ma rimanendo tuttavia vincolati al pagamento della pigione d’affitto (a differenza di chi ha contratto un mutuo che ha potuto beneficiare di una sospensione dei ratei mensili).
Ebbene, chi non è proprietario di una casa e non ha potuto nemmeno accedere ad un mutuo per acquistarne una, è senza dubbio un soggetto non economicamente avvantaggiato, quindi è una figura economica molto debole.
A seguito di questa pandemia, l’unica forma di aiuto varata in tal senso per sostenere i costi di un affitto è stata quella prevista quella dall’art 65 del DL 18/2020, il quale sancisce ”un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020”, ma detta misura è posta solo per i soggetti esercenti attività d’impresa.
L’emergenza COVID-19, come è noto, sul piano economico è stata affrontata mediante l’adozione di ammortizzatori sociali (cassa integrazione e bonus una tantum) che gli istituti previdenziali, pubblici e privati, hanno provveduto ad erogare.
In media si tratta comunque di contributi minimi che – considerato ormai il trimestre da marzo a maggio che sta per concludersi – sono da ritenersi assolutamente insufficienti per fronteggiare questa imprevista crisi economica e sanitaria.
Pertanto, avendo a riguardo solo le categorie di inquilini che hanno ricevuto un danno economico generato da questa crisi, ovvero una cospicua riduzione del reddito (da cui devono escludersi gli impiegati pubblici e le categorie di lavoratori indicati negli Allegati n.1 e n.2 del PDCM n. 64 del 11/03/2020, il cui salario si presume invariato o comunque poco ridotto) è estremamente grave ed irresponsabile non aver previsto una normativa che si ponga a tutela del povero inquilino a cui è stato vietato di lavorare.
Altresì, specularmente, non sono nemmeno da trascurare e vessare i legittimi diritti dei proprietari immobiliari che si affidano per il loro sostentamento alla riscossione della pigione pattuita.
Nel breve periodo, è necessario venire incontro a queste categorie di soggetti (l’inquilino a cui è stato vietato di lavorare ed il proprietario d’immobile) .
Si propone quindi di stabilire, con legge, una riduzione del canone d’affitto, per il periodo attraversato dalla crisi (da marzo a giugno 2020), unitamente alla previsione di un credito d’imposta a vantaggio dei proprietari immobiliari, da scontare anche in più anni, i quali al mancato guadagno dei canoni così ridotti, per il periodo considerato, comunque compenserebbe un credito fiscale.
Così facendo l’inquilino avrebbe un grande aiuto economico, il sollievo di un dimezzamento dell’affitto; il proprietario, che continuerebbe a percepire una quota ridotta della pigione, nel lungo periodo, non perderebbe alcun euro, poiché il credito fiscale compenserebbe per intero la perdita della quota di pigione dimezzata; lo Stato eserciterebbe una forma attiva di sostegno, rinunciando ad una parte dei versamenti tributari posti a carico del locatore.
Inoltre, deve altresì considerarsi lo scenario futuro che sta per crearsi.
Sul piano macroeconomico, si prevede con ragionevolezza una caduta del PIL di circa il 10% in Italia.
Nessuno ha la certezza che l’economia possa riprendersi con una velocità tale da recuperare il terreno perduto. Anzi, molti analisti prevedono che serviranno alcuni anni per ritornare a regime.
Questa situazione impatterà nella vita di ognuno riducendo e non di poco i nostri standard di vita.
L’inquilino debole di cui discutiamo non potrà onerare il contratto d’affitto con la stessa facilità che aveva previsto al momento in cui aveva stipulato il contratto.
Alla stipula del contratto iniziale, è sopravvenuta una impossibilità ed un fatto così straordinario, che è saggio da parte delle istituzioni individuare forme di intervento per riportare a buon senso ed equità codesti rapporti contrattuali.
Attesa la mancanza di risorse, appalesate dalla mancata erogazione di fondi a titolo perduto, per cittadini ed imprese, l’unico strumento a cui fare ricorso è la leva fiscale.
Lo Stato deve proporzionalmente ridurre le tasse che gravano sugli immobili, nella misura più larga possibile, onde consentire, e imporlo per legge, la rimodulazione in riduzione dei canoni d’affitto specificatamente per quelle categorie deboli di inquilini direttamente vessati dalla crisi, preservando le ragioni creditorie dei proprietari ma al contempo sostenendo e tutelando i locatari.
Il mio appello è rivolto a tutte le istituzioni e ad ogni forza politica, perché qualcuno si faccia davvero carico di queste legittime aspettative d’aiuto, sia dei deboli inquilini che dei proprietari, e consentire tutti un legittimo diritto alla vita. Basta solo equità e ragionevolezza. Oltre che volontà Politica (con la “P” maiuscola).
Avv. Pietro Lipera.
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