Corso sulle mafie, una proposta politica e culturale dell’USB Scuola

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di Orazio Vasta

A Catania, presso il Liceo Scientifico “Principe Umberto di Savoia”, preceduta dai saluti della preside professoressa Maria Raciti e da una introduzione di carattere logistico-informativa sulla  giornata da parte della professoressa Claudia Urzi’, del Coordinamento nazionale USB Scuola, si  è svolta  l’edizione etnea del Corso di Formazione dal titolo “Interpretare le mafie. Le organizzazioni criminali e le loro rappresentazioni pubbliche”. Il Corso, a cura del Cestes e dell’USB Scuola Catania, e articolato con la sessione di 8 ore con obbligo di presenza e con 17 ore online da realizzare in piena autonomia. Il corso, riconosciuto ai fini del Piano Nazionale di Formazione, è stato rivolto ai docenti di ogni ordine e grado, e ha permesso di fruire dei permessi per l’aggiornamento previsti dall’art. 64 del CCNL.

Sul corso etneo ho raccolto l’interessante contributo, in modo particolare il racconto sullo svolgimento del Corso a Catania, del professore Lorenzo Giustolisi, uno dei relatori, membro dell’Esecutivo nazionale USB Scuola. 

– Il Corso è stato una proposta  politica e culturale che USB Scuola ha voluto  lanciare al mondo della scuola e alla stessa USB

“Tra la fine dello scorso anno scolastico e questo in corso – inizia  Giustolisi -abbiamo dato vita a quattro incontri dal titolo “Interpretare le mafie”. Si tratta di  una proposta politica e culturale che USB Scuola ha voluto  lanciare al mondo della scuola e non soltanto, anche come momento in cui la nostra organizzazione riflette su una tematica importante come quella della mafia e della criminalità organizzata all’interno dello Stato italiano.

– Il Cestes ha messo al centro quella che Luciano Vasapollo ha definito “questione meridionale allargata”

“Il nostro punto di partenza – continua Giustolisi-non è stato quello di confrontarci con il tema della mafia come degli esperti o come se fosse un argomento avulso dalla realtà sociale. Noi, invece, abbiamo da una parte  constatato e contestato come viene affrontato nelle scuole il fenomeno mafioso, spoglio da tutte le  componenti legate al mondo del lavoro, del conflitto sociale, delle vicende delle classi sociali. A questo punto abbiamo analizzato la realtà sociale del nostro Paese, le disuguaglianze che lo attraversano, la storia con cui è avvenuta l’unificazione italiana e la nascita della Questione Meridionale. Il Cestes ha messo al centro della sua analisi questi temi da un po’ di tempo, nell’ottica di quella che Luciano Vasapollo ha definito “questione meridionale allargata”, in una prospettiva da sud a sud. All’interno di questo quadro, affrontando la storia della modernizzazione particolare e peculiare del Sud d’Italia viene fuori la vicenda della mafia. Questa vicenda è una vicenda che attraversa i 150 anni di storia unitaria, che porta i segni delle trasformazioni che il Paese ha attraversato e che continua ad attraversare”.

– Milano e Torino sono due città dove il fenomeno mafioso esiste 

“La mafia si modifica – evidenzia il professore- si trasforma, ma si presenta sempre come soggetto politico ed economico volto al conseguimento del profitto. In particolare posso dire che   iniziare il Corso sulle mafie dal Nord Italia è stata una scelta che è servita per dare una dimensione nazionale al problema.Chiaramente, Milano e Torino sono due città dove il fenomeno mafioso esiste e dove l’attenzione dei colleghi è abbastanza alta.È vero anche che poi realizzando il Corso a Palermo e a Catania ci si rende conto che in queste città, in questa regione c’è una stratificazione maggiore di riflessioni sul tema”.

– Catania è stata una edizione importante per l’assortimento degli interventi

“Il Corso di Catania-  precisa – è stata una edizone importante per l’assortimento degli interventi : prima l’introduzione in cui ho cercato di dire perché come USB siamo arrivati a questo tema e come intendiamo la formazione docenti e che cosa ci proponiamo; poi l’intervento di Antonio Vesco – prezioso e costante il confronto che abbiamo avuto con lui e per il quale lo ringraziamo –  che ha tracciato le radici teoriche e storiche del fenomeno mafioso, infine l’intervento di Gianfranco Faillaci, illuminante nel mostrare come in una città come Catania l’intreccio fra potere criminale, gestione della comunicazione (distorta e spesso omissiva) e il potere giudiziario, anche nell’assenza delle inchieste, per esempio, ha caratterizzato la vicenda cittadina per un po’ di tempo, e come grandi poteri economici hanno dominato Catania: un grande intreccio, che noi abbiamo voluto definire con le parole di Umberto Santino, tipico  di una realtà  di borghesia mafiosa”.

– Divulgare il pensiero critico, l’obiettivo  dei Corsi di formazione per i docenti e, di conseguenza per le ragazze e i ragazzi

 ” Nel pomeriggio – conclude il professore Lorenzo Giustolisi – il laboratorio didattico che abbiamo realizzato sui temi letterari storici e sul rapporto cinema mafia è stato altrettanto importante . Abbiamo dedicato questo spazio, con Luca Salici, alla produzione culturale, anche attraverso i fumetti, e alle forme di racconto sulla mafia più legate alle nuove tecnologie e ai nuovi linguaggi.  Una questione che gli insegnanti devono porsi , anche se non deve diventare l’unica via e non dobbiamo peccare di modernismo, concependo che tutta la didattica tradizionale sia da buttare. I nuovi media possono fornire supporti e indicazioni importanti per interagire con gli studenti e indagare insieme a loro la produzione culturale più adeguata rispetto ad un pensiero critico che poi è l’obiettivo finale dei nostri corsi di formazione per i docenti e, di conseguenza, per le ragazze e i ragazzi che frequentano  le nostre scuole”.

– Costante  il ricordo di Pippo Fava

Al racconto di Giustolisi aggiungo che c’è stata una attiva partecipazione da parte dei docenti presenti nell’ “Aula magna Falcone Borsellino “, con domande e interventi. Il Corso, e non poteva essere altrimenti, è stato caratterizzato dalla presenza di Pippo Fava, costantemente dentro gli interventi dei relatori. E con una frase di Pippo Fava, a cui mi permetto di  dedicare il Corso CESTES-USB catanese sulle mafie, chiudo questo “pezzo”: “A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”

 

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