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Crisi Ciancio, call center, Portas, Berretta: il pensiero di Giovanni Pistorio, segretario confederale della Cgil di Catania
Pubblicato il 06 Agosto 2012
Le difficoltà dell’emittenza televisiva, in particolare legata alla sorte di testate storiche catanesi, ma anche i call center, la realtà e il possibile sviluppo. Su questi temi ed altro abbiamo intervistato Giovanni Pistorìo (nella foto), segretario confederale della Cgil di Catania. E sui “Moderati del Pd”, sulla presenza di Portas al fianco di Giuseppe Berretta ci ha detto…
di Iena Marco Benanti
Pistorìo, la crisi dell’emittenza televisiva regionale in Sicilia si fa sentire.Ci sono state lacune della politica nazionale?“Per la politica nazionale le lacune vengono fuori dal momento in cui si decide di assegnare le frequenze che vengono lasciate libere attraverso il sistema del ‘beauty contest’, che significa l’assegnazione gratuita delle frequenze rese disponibili a Mediaset e Rai.Opposizione della sinistra, non vengono assegnate in forma gratuita queste frequenze, il nuovo governo blocca tutto e dice ‘mettiamo le frequenze all’asta e poi vediamo che farne con i proventi’. La nostra proposta era quella di assegnarle –quota parte di questi proventi- alle emittenti che andavano trasformandosi per il passaggio al digitale terreste, anche perché in questo momento di crollo del mercato pubblicitario, a nostro avviso, rischiava come dire di ‘saltare il banco’, quindi tutte le emittenti sarebbero state spazzate via. Che proprio era questo il disegno del governo Berlusconi”.Cosa succede?“Che cosa succede? Non se ne fa niente, il governo Monti blocca il ‘beauty contest’, ma ancora non si va all’asta. Alcune Regioni pù avvedute rispetto alla Regione Sicilia che cosa dicono in sostanza, di aiutare, visto che ci sarà un problema e rischiano di morire tutte le emittenti medie che operano sul livello regionale, e mettere tutti gli strumenti di legge che favoriscono il passaggio al digitale terrestre, quindi finanziamenti a tasso agevolato, finanziamenti per le infrastrutturazioni, coperture quota parte delle perdite del mercato pubblicitario. Si muove la Puglia, si muovono le altre Regioni. Cgil Catania invia una richiesta d’incontro, unica in Sicilia, alla quarta commissione Ars, chiedendo a Mancuso di convocare subito un tavolo in maniera tale da poter trovare delle misure simili a quelle trovate in altre Regioni d’Italia.Il governo fa finta di niente, non viene convocata la commissione, non si prende atto del problema, salvo poi, circa quindici giorni fa o un mese fa, venire fuori con delle dichiarazioni di Armao che dice che poi eventualmente, a settembre o a ottobre, si sarebbe fatto in modo da poter eventualmente trovare delle misure. Però, è chiaro che è una presa in giro, primo perché il governo è dimissionario, secondo perché non ci sono risorse disponibili, terzo perché ogni spazio è già compiuto perché il passaggio al digitale è già avvenuto e quindi le emittenti di medie dimesioni rischiano di crollare.Ora, le uniche emittenti di medie dimensioni, nella Sicilia orientale, che hanno le dimensioni tali da non poter sopportare i costi della ristrutturazione perché hanno il personale in pianta organica realmente impiegato nelle attività sono ‘Sige’, ‘Telecolor’ e le emittenti che gravano sull’area di Catania. Per ‘Sige’ e ‘Telecolor’ –era nei fatti- viene fuori una crisi. Ci dichiarano la crisi, nel mese di giugno. Dicono perché i bilanci sono in rosso. Perché non sono più i ricavi degli anni passati, non sono nelle condizioni di potere sostenere questi costi. Ci dicono, allora: dichiaramo la crisi e proponiamo l’unico strumento utile per poter affrontare la crisi che è il contratto di solidarietà. Ma il contratto di solidarietà lo propongono al 50%, quindi chiedono di mettere il personale al 50%, quindi di utilizzarlo al 50%”.Cosa rispondete?“Chiaramente rispondiamo di no. Perché il 50% non è sostenibile per le famiglie dei dipendenti. Tra le altre cose rispondiamo dicendo che possiamo iniziare a fare delle valutazioni, però, a condizione che ci sia un piano di rilancio. Piano di rilancio, dall’altra parte, che non viene fuori, perché a nostro avviso le idee della nostra proprietà non sono chiare, cioè la proprietà non ha chiaro come affrontare il nuovo mercato e come poter rilanciare le attività”.E allora che accade?“Si va ad uno stallo, perché noi invitiamo l’azienda a fare delle proposte alternative, l’azienda si chiude a riccio, non fa delle proposte alternative, ci dice che la proposta è questa, se non siamo nelle condizioni di potere accettare i contratti di solidarietà probabilmente si muoveranno utilizzando gli strumenti che hanno a disposizione e hanno annunciato informalmente l’apertura delle procedure di riduzione del personale.”Ad oggi come stanno le cose?“Ad oggi siamo qui, questa la condizione. le prospettive sono queste. Torniamo noi sulla proposta, chiaramente attendiamo che l’azienda valuti.”Il rischio qual è? Tagli del personale?“Il rischio sono i tagli del personale.”Quantificabile o no?“No”.Rischio per chi?“A noi è stato detto soltanto per il reparto tecnico e amministrativo, al momento”.Sui giornalisti non si sa nulla?“Sui giornalisti non si sa nulla. Noi tra le altre cose organizziamo i lavoratori dipendenti”.Ma non c’è una quantificazione del rischio, quanti tecnici, quanti amministrativi?“Al 50%. Se la solidarietà è al 50% quindi, il rischio è per il 50%.Comunque, c’è da parlare in generale del fatto che c’è una crisi del settore. Il governo cosa avrebbe dovuto fare? Avrebbe dovuto studiare degli ammorizzatori sociali utilizzabili per il settore. Non li ha studiati nessuno, perché chiaramente a un governo che è espressione di Mediaset, il governo precedente, che cosa gli interessa?”Parliamo di call center, la situazione com’è?“Leggermente, meglio, perché è stata fatta una battaglia contro le delocalizzazioni che è partita da Catania. La delocalizzazione è responsabilità non dell’azienda che delocalizza, è responsabilità della committente. Perché la ‘casa madre’ cosa ti dice? Vuoi continuare a lavorare per noi? Io ti assegno la commessa a queste condizioni, poi se tu la vuoi lavorare in Italia o all’estero sono affari tuoi”.Poi magari si finisce all’estero, nei Paesi dove il costo del lavoro è più basso?“Sì, però sono gli stessi Paesi in cui non ci sono alcune tutele che riguardano sia il lavoratore dipendente che la privacy, il trattamento dei dati personali”.Che risultato è stato ottenuto?“C’è stata un’interpellanza di Berretta da Catania, un’interpellanza di Vico che presenta un’interpellanza parallela su Taranto, dicendo che c’è anche una crisi in Puglia. Dopo di chè, Vico, prendendo le nostre proposte, quindi, le proposte ‘catanesi’, presenta un emendamento allo ‘spending review’, dove dice che le aziende che delocalizzano non possono godere degli sgravi contributivi che hanno permesso di sostenere le attività in Italia. E’ passata in commissione bilancio della Camera, poi è stata votata dalla Camera. Se passa al Senato gran parte del traffico telefonico utilizzato all’estero potrebbe tornare in Italia con aumento dell’occupazione della nostra area”.Quantificabile?“Un 25%, sono numeri grossi”.Si è sempre detto che questo è un po’ un settore “selvaggio”…“Un settore ‘selvaggio’ perché un settore immaturo, è come quando sono nati i primi opifici industriali qui. Quindi, il settore era immaturo, all’interno ci sono sia speculatori che aziende che vogliono fare impresa”.Sono più gli speculatori o quelli che vogliono fare impresa?“Quelle di medie dimensioni, quelle che vogliono crescere come realtà industriale che vogliono sottrarsi alle grandi committenze aumentano il perimetro occupazionale e si radicano sul territorio e quindi hanno intrapreso quindi un percorso virtuoso. Poi, le sacche di speculazione ci sono”.Come si fanno a riconoscere?“Dal versamento contributivo, al mancato pagamento delle retribuzioni, soprattutto ai lavoratori a progetto”.E’ stato segnalato un caso di recente, sollevato dalla Cisl, in via Ventimiglia…“Ma il caso di via Ventimiglia era un caso vecchio di tre anni. Non si capisce perché l’hanno sollevato adesso. Perché tra le altre cose, i loro dirimpettai, che hanno aperto da poco, è un’azienda che opera in maniera seria, quella che aperta adesso, che è molto strutturata in Puglia”.Invece quella vecchia?“Quella vecchia ‘Inlinea’ era una grande speculazione. Tant’è vero che non se ne riescono a rintracciare più le tracce, si sono trasferiti a Roma.”Sono proprietà diverse?” ‘Inlinea’? Quella che ha chiuso a Catania si è trasferita a Roma. Ora c’è là un’altra attività che non ha nulla a che vedere. “Sono cose diverse?“Completamente, proprietà diverse, assetti proprietari diversi.”Questa esperienza antica è stata negativa? Ci sarebbero state –secondo il sindacato- delle irregolarità?“Per l’azienda vecchia noi abbiamo fatto più di trenta decreti ingiuntivi. Perché non pagavano le persone, non versavano i contributi.”Ma non è tutto nero, in generale?“Non è tutto nero. Chiaramente per quelli che hanno lavorato male, pian piano stiamo riuscendo a capire quali sono i meccanismi attraverso i quali attuavano la speculazione e quindi le contromisure siamo capaci di indicarle, nel momento in cui scopriamo quali sono le realtà”.C’è stato un risultato buono anche su “Eurocall”?“Sì, 120 stabilizzazioni.”Come sono andate le cose?“Noi abbiamo iniziato questo colloquio un po’ di tempo fa e arrivato ad un certo punto l’azienda ha utilizzato contratti lavoro in somministrazione, i cui parametri sono molto rigidi. Era di fronte ad una scelta l’azienda: o sostituisco questo personale con altro personale in somministrazione perché questo non è più utilizzabile per legge oppure avvio un percorso di stabilizzazione, anche se mi costa di più e punto sulla qualità. E si è fatto questo accordo di stabilizzazione”.Ma la stabilizzazione è stata fatta per tutti?“No, solo per quelli che hanno lavorato in somministrazione, per gli altri, quelli che lavorano in ‘outbound’ , che telefonano, continuano a lavorare con il lavoro a progetto. Questi sono ‘inbound’ che ricevono le telefonate.”Quindi, quelli in “outbound” sono ancora precari?“Quelli in ‘outbound’ sono là, lavoratori a progetto, sono ancora precari atipici.”Ma non ci sono state altre persone che hanno perso il lavoro?“Il lavoro a progetto è il lavoro atipico, quando cominci un progetto può essere non riconfermato o meno. ll lavoro in somministrazione ha un inizio e una fine, che viene legata alle fasi del lavoro, quindi, nel momento in c’è un picco c’è lavoro, nel momento in cui c’è un flesso di mercato tu non lavori più”.In questo caso che cosa è successo?“Per tutti i lavoratori in somministrazione, per 120 unità, si è avviato un percorso di stabilizzazione. E’ stato firmato un accordo”.Quali sono le condizioni essenziali di questo accordo?“Un processo di stabilizzazione.”Il salario?“Quello previsto da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quello contrattuale.”Quanto guadagna un lavoratore?“A tempo indeterminato circa mille euro, a tempo determinato circa 550 euro. Quindi, se sei part-time circa 550, se sei full-time circa mille euro e qualche cosa in più. Con lo straordinario si arrotonda. La cosa positiva è che l’azienda non decide più di puntare sul turn-over, quindi su servizi a bassa qualità ma decide di puntare su servizi ad alta qualità.”Ma con la fame di lavoro che c’è in Sicilia e a Catania questo settore è sensibile alla politica oppure no, sono piani diversi?” A mio avviso, sinceramente, in periferia, quindi nei paesi in provincia di Catania molto viene legato alla politica. In città è un assetto più industriale. E’ chiaro che se tu non lavori più sul precariato e verti verso la stabilizzazione ti svincoli dal rapporto con la politica. Perché la politica si nutre di precariato, oggi ci sei, domani –se mi dai il tuo consenso- potrai continuare ad esserci”.Quando parliamo di politica, ci sono alcuni settori o è trasversale, parliamo di relazioni, di rapporti?“Secondo me, soprattutto sacche di speculazione nell’area del centro-destra storico catanese”Si è saputo dalla stampa di questa iniziativa dei “Moderati Pd”, alla presenza dell’imprenditore Tornatore e dell’on. Portas. Questa presenza imprenditoriale era slegata da qualsiasi discorso oppure c’è un discorso legato in qualche modo ai call center?“In parte una coincidenza, in parte una sensibilità verso alcuni problemi. Portas ha dei call center in Piemonte all’interno dei quali lavorano e operano solo lavoratori a tempo indeterminato. Lui ha la seconda azienda per numero di dipendenti presente in Italia. E’ chiaro se io e lei stiamo assieme e dialoghiamo è chiaro che le nostre posizioni, la nostra sensibilità verso il problema si affina. Il fatto che ‘Eurocall’ dice che intende ora lavorare più sulla qualità e quindi senza puntare eccessivamente sul risparmio della manodopera è un ragionamento che fanno alcuni imprenditori, che continua a fare Portas e che ha fatto Almaviva in passato”.Ma cosa significa signiifica “moderati”? Lei è stato invitato come Cgil?“Sì come Cgil sono andato.”Ha capito il progetto politico o è un’area?“Non l’ho capito.”O è la candidatura di Berretta che non c’entra con l’area politica? Quello che ha capito lei…“Che Portas probabilmente con tutta una serie di suoi amici vuole sostenere la candidatura di Berretta a Catania. Questo è quello ho capito”Ma il contenuto di”moderato”?“Non lo so, io sono stato attrato dalla presenza di Portas”.Come vede Berretta candidato?“A me piace.”Ultima cosa: lei se avesse un figlio lo manderebbe a lavorare in un call center?“Lo dico sinceramente, in un call center diretto da Pier Luigi Simbula, il sociologo che ha assunto Almaviva e che ha trasformato per un periodo di tempo il settore dei call center.”Con lui lo farebbe?“Sì”In altri?“Un call center diretto da Carmine Spina, sì. Bisogna vedere, così come in ogni attività industriale. L’attività la fa l’imprenditore. Questo settore si evolverà, non sarà più soltanto la risposta al cliente, si evolverà verso altri tipi di assistenza, a 360 gradi, dalla cittadinanza che sta invecchiando all’alta tecnologia. Le figure professionali che veranno inserie nei call center nei prossimi anni saranno sempre più figure professionalizzate.”
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