Comunicato dell’avv. Giuseppe Lipera:
“Come tristemente salito agli onori della cronaca locale, nella notte del 20.1.2020 l’edificio sito in Catania, in via Castromarino angolo via Plebiscito, subiva un parziale collasso a causa dell’improvviso svilupparsi di una profonda e vasta voragine nel cortile interno dello stesso.
Da quel disgraziato 19 gennaio 2020, la notte in cui più di 10 famiglie vedevano attonite franare le loro case e inghiottite da una voragine, sono già passati più di due mesi.
Agli atti risulta che in data 28.1.20 il Pubblico Ministero, Dott. NORZI, abbia affidato a tale Ing. CANETTA Giuseppe, di Milano, l’incarico di indagare “sulle cause del crollo di alcuni edifici di Via Plebiscito/Via Castromarino a Catania” (almeno così è titolata la copertina delle due relazioni in possesso delle persone offese dal crollo) eppure sembra evidente che l’attività di indagine condotta dal P.M. allo stato abbia fatto tutto fuorché approfondire l’incarico peritale affidato al C.T. della Procura.
Il 17.2.20, l’Ing. CANETTA depositava un elaborato, dal titolo “Relazione sullo scavo della galleria mediante TBM – Esame della documentazione tecnica acquisita agli atti” la cui premessa è oltremodo eloquente rispetto alla mission affidatagli e certamente non può che lasciare letteralmente interdetti.
L’oggetto di questa indagine era volto alla verifica delle “condizioni per il dissequestro del cantiere e la regolare ripresa delle lavorazioni, nell’urgenza di ridare al cantiere una situazione di stabilità e sicurezza, laddove le attuali condizioni di fermo macchina, a galleria parzialmente scavata e rivestita, non possono essere mantenute nel medio – lungo termine”.
Il Consulente Tecnico. – effettuando le proprie valutazioni su documenti e rilevazioni provenienti dalla stessa C.M.C. – rilevava delle lacune di carattere progettuale nonché una discutibile metodologia di avanzamento dei lavori.
L’Ing. CANETTA, infatti, ha segnalato i seguenti punti certi della vicenda e direttamente ricavabili dalla documentazione fornita dalla C.M.C. di Ravenna:
“1- La relazione geologica pone bene in evidenza la complessità della zona di interesse e i limiti insiti nella definizione del modello geologico. Proprio per tale motivo si “prescrivono” una serie di accorgimenti da attuarsi in fase di esecuzione dei lavori per scongiurare l’ipotesi di collassi e cedimenti superficiali.
2- Malgrado tutte le indagini eseguite, la tematica idrogeologica risulta non del tutto risolta. Le misure dei due piezometri installati nei pressi della progressiva in esame confermano la presenza di una falda superficiale con soggiazenza di ca. 6 m da p.c.. Indicano inoltre la presenza di una falda più profonda con soggiacenza di soli 16 m da p.c., quindi più alta rispetto quanto indicato nel progetto esecutivo.
3- L’indagine geoelettrica integrativa escluderebbe la presenza di vuoti aerati nel sottosuolo indagato. Ciononostante, non riesce ad escludere al 100% la eventuale presenza di vuoti al di fuori (sotto o a lato) del volume indagato e di eventuali strutture (vuoti riempiti d’acqua in falda, ad es.) a scarsa differenza di resistività rispetto il terreno circostante. Inoltre non sono riportati i limiti risolutivi del metodo.
4- I parametri di scavo adottati non sono del tutto conformi a quelli indicati in progetto, in special modo con riferimento alla pressione al fronte, che è inferiore a quella prescritta nel P.A.T.”.
Dalle superiori osservazioni ne discende che sebbene il progetto definitivo di gara avvertisse delle eterogenee problematiche insite nel territorio interessato, il progetto esecutivo è stato redatto in assenza di adeguate conoscenze tecniche preliminari all’esecuzione dei lavori.
Sennonché concludeva che “il cantiere può essere restituito alla normale operatività.” premurandosi tuttavia di raccomandare all’impresa esecutrice “di mettere in campo tutti quegli accorgimenti tesi a minimizzare il rischio del verificarsi di eventi gravi e imprevisti come quello in parole, verificando accuratamente le procedure operative in uso, coinvolgendo eventualmente il progettista della galleria e effettuando sondaggi e consolidamenti in avanzamento secondo necessità.”
Di quali arcani accorgimenti egli parla non è dato sapere.
Come non è dato sapere chi dovrà vigilare sulla loro applicazione.
Quanto sopra evidenziato non rassicura affatto che sia sufficiente riaprire i lavori “adottando le dovute cautele” in carenza di una revisione del progetto esecutivo.
Nel progetto esecutivo, infatti, con riferimento alla Planimetria delle opere interferenti e la stima di danno atteso per ogni singolo edificio, lo stabile di via Castromarino n. 11 era classificato nella classe di danno 2 su una scala da 0 a 5, nella quale il danno atteso di 2 corrisponderebbe ad un danno lieve ossia “meramente estetico”…
Si rammenta però che il palazzo di via Castromarino e’ crollato, cosa che è ben diversa di qualche crepa come preventivato dalla C.M.C..
Chi ci assicura che il progetto esecutivo non abbia ulteriori falle?
Chi ci assicura che verranno concretamente adottate le cautele che avrebbero dovuto assumere in prima istanza?
Le considerazioni dell’Ing. Canetta non lo escludono di certo ma anzi, evidenziano come l’azienda appaltatrice abbia mancato di osservare le cautele minime ed ampiamente descritte nel progetto alla base della gara.
Eppure, sebbene siano troppe le questioni rimaste irrisolte il P.M. in data 26.2.20 disponeva il dissequestro del cantiere.
E’ possibile che per assecondare quell’esigenza di “urgenza”, di cui nessuno ha contezza, il P.M. abbia sottovalutato aspetti di grande rilievo tanto per la sicurezza collettiva quanto per la ricerca delle cause del disastro del 19.1.20.
Quel che è certo è che ad oggi nessuno può garantire che i lavori di ampliamento della metropolitana proseguiranno rispettando gli standard di sicurezza operativi adeguati alla mole dell’opera da realizzare.”
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