di Carlo Majorana Gravina
Con il convegno “Dal libero associazionismo al proibizionismo. Il Grande Oriente d’Italia e il terzo settore si confrontano”, di recente svolto all’hotel Nettuno di Catania, Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, ha inteso dare una garbata meditata risposta alla Commissione parlamentare antimafia che l’aveva di recente convocato per un’audizione. Veniamo ai fatti.
La presidente della commissione, Rosy Bindi, amareggiata per l’infelice esito della “prova-costume” stagionale (tante le sue stagioni amare), indice, per consolarsi, una seduta il 3 agosto. Qui, novello Torquemada (https://www.radioradicale.it/scheda/483070) assale di domande il Bisi con impianto logico-illogico inquisitorio: non fornisci gli elenchi degli iscritti quindi hai qualcosa da nascondere; due massoni assessori comunali a Castelvetrano, paese del superlatitante Matteo Messina Denaro, ob hoc et propter hoc ne sono sodali; come mai vi sono numerose logge massoniche a Castelvetrano?; e via di questo passo, configurando un disegno preordinato costruito su sofismi, senza prove. Tanto per segnare la presenza intervengono i commissari Lumia e Attaguile (che viene censurato da altro commissario) e un altro che pone quesito filologico (perché grande? forse, per chi ha fatto la domanda, usare tale aggettivo configura reato). Bindi, provocatoria arriva alle minacce, Bisi risponde con garbo e misura, evita di dire “Signora, lei è stata eletta in Calabria con decine di migliaia di voti, un numero ben più grande di quello di tutti gli iscritti al Grande Oriente d’Italia; è un fatto che non mi porta a concludere: siccome in Calabria nasce la ‘ndrangheta lei ne fa parte”: lezione di stile, modo intelligente di non cadere nel tranello e trasformare l’audizione in rissa; non certo timore per le inconsistenti minacciose prospettive agitate da Bindi.
In un certo senso, il convegno di Catania è stata una garbata meditata risposta indiretta (coinvolgendo scienza e competenza), per la parte che Bisi rappresenta, alle pressioni politico-mediatiche cui le massonerie italiane sono spesso sottoposte.
In esso, moderatore Giuseppe Trombatore, ribaditi i principi costituzionali liberali (Luca Pedullà, “Limitazione preventiva dell’associazionismo. Quale compatibilità costituzionale?”), è stata sottolineata, con numeri e dati statistici, l’irrinunciabile funzione sussidiaria del terzo settore (Francesca Celi, dirigente docente CRESS Consorzio regionale enti servizi sanitari, “Le associazioni del Terzo Settore colonna portante della solidarietà in Italia. L’esperienza dei 37 enti aderenti”; Marco Cauda, segretario nazionale FISM Federazione italiana solidarietà massonica, “Solidarietà pubblica e privata. Le nuove frontiere del welfare”) ridefinendo il volontariato necessariato. Giuseppe Cascio, giornalista, riportandosi alla direttiva del Consiglio d’Europa Lisbona 2000, dalla quale discende la riforma del titolo V della Costituzione italiana, ha evidenziato la funzione portante per lo sviluppo sostenibile della comunicazione responsabile. Bisi ha sottolineato l’importanza morale e culturale, oltre che materiale, del terzo settore concludendo: “prendere riempie le mani, dare riempie il cuore”.
Perché Catania? “Catania è città importante della Sicilia. Sono qui per ringraziare i tanti fratelli siciliani che operano con generosità e dedizione appassionate, in silenzio, per il bene dell’umanità; ma anche in considerazione del fatto che la Commissione Antimafia mi ha convocato per ipotesi, rivelatesi inconsistenti, riguardanti due fratelli siciliani. Mi è sembrato doveroso venire a confortare tutti i fratelli siciliani, sollecitarli a continuare la loro intelligente, fattiva, ferace opera, sempre volta al bene dell’umanità”. L’antimafia le ha chiesto di fornire gli elenchi e lei si è rifiutato “Non siamo associazione segreta, ma operiamo con riservatezza: ognuno vive, conduce e pratica l’esperienza massonica come crede, c’è chi lo vuol far sapere e chi no; rispettiamo entrambe i punti di vista; quando un fratello muore, passa all’Oriente Eterno, i necrologi riportano, con orgoglio e affetto per il defunto, cifre e simboli massonici: un’operazione verità che si commenta da sola. Da tempo non esistono più logge coperte o massoni all’orecchio, il netto delle logge e degli iscritti è nei numeri che ho dato alla commissione antimafia, non c’è motivo di fornire elenchi ed esporre persone degnissime alla macelleria mediatica”. Taluno ritiene sospetta la vostra riservatezza “Libero ciascuno di sospettare quel che vuole, e applicare la cultura del sospetto, che non ci appartiene. Faccio notare, sommessamente, che accuse e processi vanno basati su fatti. Chi chiede di aderire alla Massoneria (bussa alla porta del Tempio) aspira a realizzare la propria crescita spirituale secondo il nostro metodo formativo: parlare uno per volta, ascoltare e apprendere in silenzio, costruire il proprio tempio interiore consapevoli che si è a un passo dalla via”. Massoneria e terzo settore? “Noi, come le congregazioni religiose, svolgiamo attività benefica e caritativa sin dalle nostre origini, prima delle norme e regole statali: avevamo già le nostre regole, che applichiamo con coerenza, sicuri di agire correttamente per il bene dell’umanità”. In concreto cosa fate? “Organizziamo servizi, banchi alimentari, ambulatori, strepitosa l’attività degli asili notturni di Torino, il prossimo anno vareremo il camper odontoiatrico per dare assistenza nei limes, geografici e sociali, del nostro Paese. Facciamo tutto questo e molto altro per costruire, individualmente e insieme, il nostro tempio interiore, per il bene dell’umanità”.
BOX
Di terzo settore, altrimenti detto no profit, si cominciò a ragionare in Europa nel 1978: importantissime attività sociali affiancavano Stato e mercato fornendo supporti e contributi irrinunciabili, sul piano operativo e della crescita culturale. Da una decina d’anni già il welfare, specificità europea per la governance dei bisogni e del sociale, era lievitato al punto di divenire insostenibile. Nel ’97 l’Italia si dotò di normativa per percorsi amministrativi e fiscali privilegiati a favore di attività definite con l’acronimo onlus. Nel frattempo la sociologa italo-francese della Sorbona M. Louise Pellegrin Rescia, nel biennio 1993-94, pubblicò due saggi ispirati da un gioco di parole: voyeur è modalità patologica, voyant regolare; per travailleur e travaillants non vale la stessa regola. Nei saggi, la studiosa chiama travaillants gli operatori del no profit: la storia dell’uomo è ricca di fermenti e fenomeni ad esso assimilabili, di matrice religiosa e laica, in tutto il pianeta. Con recente legge delega n. 106 del 18 giugno 2016 “per la riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”, il governo italiano vuole strutturare attività nelle quali convivono travailleurs e travaillants, controllare se si gioca tra evasione ed elusione, un gioco che lo Stato non può più tollerare (mentre una volta tollerava per dare alla politica disponibilità economiche extra e spazi di manovra), stanti le sue pressanti necessità di cassa. Vedremo.
C. M. G.
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