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Cronaca, Catania: meeting “In memoria dei giudici Gaetano Costa e Rosario Livatino”
Pubblicato il 11 Ottobre 2018
di Carlo Majorana Gravina
L’evento in memoria dei magistrati assassinati, Gaetano Costa e Rosario Livatino, organizzato dall’associazione “Giustizia e Pace”, presidente Ugo Tomaselli, si è avvalsa si autorevoli relatori; il presidente dei Gip del Tribunale di Catania Nunzio Sarpietro e il magistrato Vittorio Fontana; moderatore Leone Zingales, vicepresidente nazionale unione cronisti, autore di un acquerello dedicato a Livatino.
L’uccisione di Gaetano Costa (6 agosto 1980), Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, precedette il periodo stragista della criminalità organizzata siciliana.
Costa fu un precursore: aveva intuito la radicale mutazione della mafia orientata ad annidarsi nei gangli vitali della pubblica amministrazione per controllarne appalti, assunzioni, gestione. Mai individuati esecutori e mandanti, getta un’ombra sinistra l’ostilità con cui fu accolta la nomina di Costa a Procuratore di Palermo.
A dieci anni di distanza (21 settembre 1990) la vicenda di Rosario Livatino ebbe stesse modalità in habitat diverso.
Dopo il saluto dell’assessore comunale Santi Cantarella anche a nome del sindaco e dell’Amministrazione, il questore di Catania, Alberto Francini, nell’apprezzare l’iniziativa, ha dichiarato “questi incontri servono a noi”.
Sarpietro, con un applauditissimo intervento, ha menzionato i rapporti personali avuti con Rosario Livatino, mettendo in luce le grandi doti umane e religiose del giudice ragazzino, la sua profonda conoscenza del diritto e la mirabile sintesi che era riuscito a trovare fra due valori di difficile coniugazione: la fede e il diritto.
Ha ricordato anche la conclusione del processo di beatificazione in sede vescovile, avvenuta il 3 ottobre 2018 e, infine, si è soffermato sulla mancanza di valori e punti di riferimento nella società attuale, causa di profonde distonie, senso di incertezza, smarrimento.
Dalla crisi dei valori, secondo Sarpietro, nasce una pericolosa deriva in base alla quale il più forte e il più violento finiscono per avere sempre ragione; e, citando un articolo del Dott. Airoma, Procuratore Aggiunto presso il Tribunale di Napoli Nord, ha segnalato la diffusione di una sorta di “diritto dei miti”, con lo Stato forte con i deboli e debole con i forti.
“Occorre reagire, ha concluso, l’incertezza attorno a noi è vasta e profonda, ma occorre agire e reagire con positività: lo Stato siamo noi, ed è a noi che dobbiamo dare e ricevere”.
I vari step di lavori, sono stati intercalati da quattro brevi filmati realizzati da Salvo Troina, vicepresidente di “Giustizia e Pace”.
Aperto il dibattito, Enzo Guarnera, avvocato, ha ribadito la dannosità del fenomeno mafioso che soffoca l’economia.
Si è inserita Olimpia Fuina Orioli, mamma coraggio nonché scrittrice, che da trent’anni cerca di dare un senso e una spiegazione alla morte del figlio, trovato morto assieme alla sua ragazza nel bagno della casa di lei. La vicenda dei fidanzatini di Policoro (in Basilicata) divenne un caso, uno dei tanti misteri d’Italia, forse solo perché,“come spesso avviene, scrive Paola Pagliari, la scena è stata ampiamente inquinata, le indagini sono state fatte male e hanno influito troppe considerazioni che nulla avevano a che vedere con i fatti: sulla scena interverranno un sacco di persone, tranne quelle che ci dovrebbero essere, cioè le Forze dell’Ordine che arrivano [solo in seguito], chiamate da Don Salvatore De Pizzo, parroco di Policoro”. A questo “pasticcio”, ha dichiarato Orioli, si è aggiunta l’attività di una magistratura tendente minimizzare e spegnere i riflettori sul “caso”.
Un’altra vicenda italiana che spiega e sottolinea il senso e l’importanza di manifestazioni come questa, di memoria e monito piuttosto che commemorative e celebrative.
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