Cronaca, Cgil: lo stato di salute del welfare a Catania

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Cgil, Spi e Fp Cgil Comunicato stampa
A Catania, città in dissesto, sono soprattutto i numeri a dipingere il quadro di crisi di un welfare che non garantisce a sufficienza anziani, minori, disabili, cittadini in difficoltà economiche.

Una possibile soluzione a breve termine? 

Secondo la Cgil passerebbe dal rilancio dei Pac, dal reale coordinamento  di tutte le risorse nazionali o europee disponibili, dall’ agire con trasparenza a partire dai bandi. Ma soprattutto passerebbe dal recupero delle evasioni fiscali e dal saper ascoltare i bisogni dei cittadini, senza pregiudizi.

È questo in sintesi il messaggio dei lavori di oggi su “Il Welfare a Catania: diritti, concertazione, efficienza” organizzati da Cgil, Spi e Fp Cgil al Palazzo della Cultura è coordinato dalla segretaria confederale Rosaria Leonardi che si sono aperti con un appello del segretario generale della Cgil, Giacomo Rota: “Bisogna continuare la concertazione in questa città. Abbiamo bisogno che Catania viva una nuova stagione di apertura. – ha detto  Rota, rivolgendosi soprattutto all’assessore comunale ai Servizi sociali Giuseppe Lombardo, presente in sala- 

L’amministrazione deve trovare il coraggio di scommettere sul dialogo. Occorre un salto di qualità anche nostro ma occorre soprattutto programmare la ripresa, coinvolgendo tutte le parti sociali. Forse potrebbe occorrere una legge speciale per Catania, la più grande città d’Italia non capoluogo di regione, oggi in dissesto”.

Ma ecco i dati più utili a comprendere lo stato di salute del welfare nel capoluogo etneo.

Catania è una delle 3 città italiane con la più alta percentuale di minori in povertà assoluta: il 17,22%. Secondo l’ISTAT, è anche una delle 3 città con la più alta percentuale di famiglie in potenziale disagio. La metà delle famiglie catanesi vive con un reddito inferiore ai 15 mila euro. I disoccupati dai 14 ai 25 anni sono il 41,6%, il tasso di disoccupazione è del 18,8% di cui il 21% femminile ed il 18% maschile. I cosiddetti NEET, coloro i quali non hanno e non cercano occupazione sono il 40%.

Nella provincia di Catania sono in pagamento 38.330 prestazioni di reddito di cittadinanza e 4.357 di Pensione di Cittadinanza per un totale di 42.687 prestazioni. Le persone coinvolte per il Reddito di Cittadinanza sono 105.825, per la pensione di Cittadinanza 4.903, per un totale di 110.728 soggetti. “Sono questi i dati sconfortanti – commenta Giuseppina Rotella, della segreteria confederale- che ci rappresentano la situazione del disagio nel nostro territorio.A Catania, come in tutta la Sicilia, i PAC Infanzia e Anziani hanno dato una boccata di ossigeno ai servizi sociali forniti dai comuni. Servizi la cui continuità doveva essere assicurata con fondi del bilancio comunale. I fondi PAC dovevano servire soltanto ad avviare i servizi. Finiti tali fondi gli asili nido hanno chiuso, gli anziani non hanno più l’assistenza domiciliare e le lavoratrici si sono ritrovate senza lavoro e senza stipendio. Facciamo un appello che parte da Catania, perché si trovi una soluzione nazionale ed i PAC vengano rifinanziati”.

Oggi Catania conta 9 asili comunali con 66 educatrici e 53 ausiliari, un asilo ex PAC sta per essere aperto nella zona di Acquicella ed un altro aprirà a breve al viale Tirreno. In totale i posti disponibili sono 480, il servizio funziona grazie  al sistema della compartecipazione delle famiglie. Un asilo a Librino è attivo con un progetto finanziato dalla legge 285 come supporto alla genitorialità. Tale servizio è rivolto ai bambini da 3 mesi a 3 anni per 10 bambini per 10 mesi. Il centro Mary Poppins ospitava a scuola 190 alunni, oltre a 100 bambini e ragazzi al centro diurno. Dal 1º gennaio è chiuso il centro diurno ed il numero dei bambini e ragazzi che frequentano la scuola è sceso a 150. Il futuro di questo importante servizio è  piuttosto incerto. 

Stessa sorte degli asili nido hanno avuto gli spazi gioco dei PAC. A lanciare un accorato appello all’assessore comunale Lombardo per la riapertura dell’ asilo nido di Viale Tirreno è stata proprio la segretaria Cgil, Rosaria Leonardi: ” È un’assoluta priorità: le lavoratrici attendono da mesi e ci sono molti iscritti. Segno che la struttura è attesa dai cittadini”.

Rispetto alla media nazionale, la città di Catania non registra invece dati catastrofici in termini di invecchiamento della popolazione, come ha sottolineato nella sua relazione il segretario dello Spi, Carmelo De Caudo.

Gli anziani, cioè i cittadini dai 65 ai 100 anni, sono dunque il 21,10% su una popolazione complessiva di 311 620 persone (una curiosità: i nostri centenari al momento sono 74). 

 “La media del reddito mensile dei pensionati è di circa 1000 euro al mese, – dice De Caudo- gli anziani che vivono in case in affitto sopportano un carico di spese mensili per locazione e tasse locali sui rifiuti, di circa 500 euro mensili e ciò equivale dunque a dire che questi anziani spendono così, almeno, il 50 per cento del reddito complessivo familiare”.

Veniamo ai servizi. A Catania, il costo delle case di riposo per anziani è troppo alto: lo SPI Cgil riferisce di rette di circa 1.285 euro, quelle di una casa protetta arrivano a 1.606 euro.

Al momento il Comune di Catania assiste 211 anziani ricoverati in 15 strutture convenzionate, tra casa di riposo, alloggio e case protette che sopperiscono ai bisogni dei meno abbienti; “per il resto, la città è piena di strutture private, per le quali non è facile reperire il dato dei soggetti ricoverati, che sicuramente affrontano dei costi sostenibili solo dalla popolazione agiata, cioè, da una fortunata minoranza. 

 In questo panorama desolante il Comune di Catania non possiede una “casa di riposo comunale” che invece costerebbe molto meno al pubblico. In sostanza, le spese pubbliche non sono adeguate al fabbisogno della popolazione più anziana.

È poi vero che solo recuperando l’enorme evasione dei tributi che potrà realizzarsi il recupero sul fronte delle risorse economiche da destinare al Welfare. Ma il Comune di Catania nel 2019 ha recuperato solo 3.163 euro di tributi evasi, 3.447 euro nel 2018. Non è andata meglio negli anni precedenti.E gli operatori sociali? Ad inquadrare  lo status quo è toccato al segretario generale della Fp Cgil, Turi Cubito; Catania che aveva 9 asili nido con fondi Comunali e tre con fondi ex PAC, “nonostante gli sforzi sostenuti è riuscita a mantenere undici dei dodici asili e questo sta comportando inevitabilmente la riduzione del numero di ore per le addette, ausiliarie ed educatrici. L’incertezza del mantenimento del Servizio e la mancata programmazione per tempo dell’apertura ha determinato fra i cittadini sfiducia nel servizio pubblico  legato anche al fatto che 9 asili sono stati aperti ad ottobre inoltrato e due che prima erano finanziati dagli ex fondi PAC stanno vedendo l’apertura in questi giorni”.

All’incontro è intervenuto il presidente della Confcooperative Catania, Gaetano Mancini, la presidente di Legacoop Sicilia orientale Debora Collecchio, il segretario generale della Cgil Sicilia Alfio Mannino (“Non possiamo accettare che ci sia un divario enorme tra la politica e i corpi intermedi, tra i bisogni di questa regione e l’agenda politica del mese”, ha detto riferendosi all’atteggiamento delle istituzioni sui temi sociali), Don Piero Sapienza della Diocesi di Catania, e Giuseppe Lombardo, assessore comunale alla Famiglia e alle Politiche sociali. Lombardo in particolare, ha confermato la sua volontà a continuare il confronto con i sindacati e ad avviare una fase di programmazione condivisa soprattutto sulle opportunità offerte dalla legge 328 che potrebbe rappresentare una nuova soluzione alla mancanza di fondi comunali, mentre sui Pac non ci sono notizie sulla fase di post scadenza istituzionale.

Ha concluso lavori il segretario confederale della Cgil Nazionale, Roberto Ghiselli.

“L’ Italia non è mai uscita dalla crisi e ha le sue debolezze strutturali. Tutto resta a carico della famiglia e delle badanti, un fenomeno quest’ultimo con tutte le sue contraddizioni. Il problema dei comuni in dissesto non autorizza che essi debbano rinunciare alla programmazione e ai suoi obiettivi, anzi, Il dissesto non può  diventare un alibi. Al primo posto deve tornare più che mai  la programmazione, la concertazione, la selettività, anche sui tagli che si è costretti a fare”.

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Benanti

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