A San Cristoforo chi ha un lavoro lavora sempre. Le salumerie aprono all’alba e chiudono a tarda sera, la domenica si resta aperti. I garzoni guadagnano venti euro al giorno ma anche i titolari fanno orari assurdi. Alcuni negozi non chiudono mai. Chi lavora al mercato la mattina, la notte si alza alle quattro per andare a prendere la merce e nel pomeriggio svolge spesso un secondo lavoro: raccoglie il ferro, fa l’imbianchino, vende il pesce o la frutta all’angolo della strada.
Molti bambini di San Cristoforo fanno la vita dei bambini. La scuola, la merenda, i compiti per casa, i genitori che li accompagnano a calcio, a danza, a pianoforte. Molti altri bambini sono costretti a vite diverse. L’unica autorità che incontrano è quella della scuola. E vi si ribellano, trasformando lo stare in classe in un campo di battaglia dove deve vincere il più forte. E per loro il più forte è il più violento, quello che mette più paura. Da scuola si va via presto, spesso anche prima di aver finito le medie. Ai bambini di San Cristoforo non hanno rubato solo il campo da calcio, mai costruito o il centro culturale, aperto e abbandonato. Ai bambini di San Cristoforo hanno rubato l’ingenuo sogno di diventare ciò che desiderano una volta grandi. Per questo non fanno la vita degli altri bambini, perché le loro esistenze sono state già compromesse dalla rassegnazione, dalla paura, dalla violenza e sono piene di collera, di rabbia.
Chi vive a San Cristoforo queste cose le vede ogni giorno. Ci sono quelli che non hanno il tempo per rifletterci, ci sono quelli che ci provano gusto e ci sono quelli che provano a cambiare le cose, come le ragazze del Gapa, gli artisti del Midulla, le sognatrici di Gammazita. Ma c’è una buona parte di città che finge di non vedere.
Di San Cristoforo conoscono solo le strade dove si vende la droga: via Stella Polare, via delle Calcare, via delle Salette, piazza Barcellona. La prima volta li accompagna un amico poi imparano ad arrivarci da soli. Vanno lì con qualche decina di euro in tasca prima di andare a ballare, prima del compleanno dell’amico, prima della festa, prima di andare a dormire. Comprano una pallina di cocaina, avvolta nella plastica o una stecchetta di marijuana avvolta nella stagnola. Ogni tanto arriva il fumo, l’hashish, ogni tanto lo skunk. Migliaia di ragazze e ragazzi, di adulti, ogni giorno si recano a San Cristoforo per consegnare alla mafia venti o cinquanta euro. Alle famiglie mafiose Mazzei, Cappello, Nizza che si dividono le piazze di spaccio. Prendono le dosi dalle mani dei ragazzi di San Cristoforo arruolati dai clan, e pure dai bambini, figli e nipoti dei ragazzi già in carcere.
Ogni tanto una grande retata. Decine di macchine della polizia, dei carabinieri, della finanza, le camionette, gli elicotteri, le punto grigie dei falchi, le moto con le sirene. Li arrestano tutti, a decine li conducono in carcere. Gli adulti a piazza Lanza, i minorenni a Bicocca. Le madri e le mogli senza più fiato per le urla e senza più anima per le lacrime li attendono fuori dalle caserme per un ultimo saluto, per un ultimo bacio. Si rivedranno solo al processo o nei giorni di visita.
Oggi i carabinieri in via Stella Polare hanno arrestato trentasette spacciatori. Alla stampa i video con le volanti che sgommano in piazza Duomo, il drone che riprende Catania dall’alto, il delinquente che lascia le impronte digitali sui macchinari della scientifica. Domani i Nizza colpiti nel loro feudo arruoleranno altri ragazzini pronti a intascarsi cinquanta euro per fare la vedetta, ottanta euro per distribuire le dosi. E i ragazzi che non vivrebbero mai a San Cristoforo si rimetteranno in fila per comprare la cocaina.
Nessuno ha mai voluto legalizzare le droghe leggere per sottrarle al controllo mafioso. Nessuno ha mai voluto davvero salvare i quartieri popolari dalla miseria e dalla paura per liberare i ragazzi dal ricatto economico della mafia.
Non esiste immagine più nitida dell’ingiustizia della nostra città: i ragazzini di San Cristoforo ammanettati e incarcerati, i boss mafiosi che fanno affari coi soldi della droga e i figli della Catania bene indaffarati a cercare un altro posto dove comprare l’erba e la coca, prima di andare a una festa, prima di farsi uno spinello sotto la luna, davanti al mare.
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