Nel 1960 il democristiano Fernando Tambroni cercò di formare una maggioranza parlamentare con il PSI di Pietro Nenni, che però a quel tempo fu sempre legato all’idea di unità a sinistra e così la DC si oriento’verso un Governo appoggiato esternamente dal Movimento Sociale e dai monarchici.
Proprio il Movimento Sociale, erede della tradizione fascista, in cambio dell’appoggio al nuovo Governo, ottenne il permesso di celebrare a Genova il proprio Congresso Nazionale, in una città che fu il simbolo della lotta al nazifascismo durante la Resistenza. I cittadini protestarono vibratamente e duramente appoggiati dalla CGIL, e ben presto le lamentele si estesero a tutta l’Italia, trovando l’appoggio anche degli altri sindacati e soprattutto del Pci. Così la DC decise quindi di rinunciare all’accordo con i missini per trovare altre soluzioni. Infatti nel 1962 Amintore Fanfani formò un Governo monocolore DC con l’appoggio del Partito Repubblicano e dei Socialdemocratici, che ottenne l’astensione del PSI di Nenni. Si mossero in tal senso i primi passi verso il “Centro” e verso una nuova possibile alleanza.
Comunque, fu un anno storico in cui il Governo Fanfani avviò numerose importanti riforme tra cui la scuola media unificata, la nazionalizzazione delle industrie dell’energia elettrica (ENEL) e la cedolare d’acconto. Nacque così l’idea di uno Stato Sociale di diritto che iniziò rafforzarsi in maniera più consistente nel 1963, quando il democristiano Aldo Moro formò il primo Governo di Centro-Sinistra che vedeva l’ingresso nella maggioranza del PSI di Pietro Nenni, anche con una rappresentanza di propri ministri. Iniziò una nuova epoca per la politica italiana, in quanto oltre ai socialdemocratici anche i socialisti entrarono nel Governo, con la possibilità di riunificare il socialismo in un unica anima. Tutto ciò però al contrario comportò divisioni nell’area socialista che condusse la componente massimalista legata all’alleanza con il Pci ad una scissione con la formazione del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (Psiup).
Il centro Sinistra però entrò in crisi quasi subito proprio sui fondi da destinare al welfare e sulla riforma urbanistica che ebbe il veto del Vaticano e degli industriali. Nel giugno del 1964 cadde il Governo Moro, e poi ci fu la vicenda torbida rappresentata dalle minacce o dalle paure di colpo di Stato da parte del generale De Lorenzo, in quello che passò alla storia come Piano Solo.
Soltanto con l’elezione come Presidente della Repubblica di Saragat, nel 1964, si avviò un nuovo accordo tra la DC e il PSI, proprio per fronteggiare eventuali colpi di mano dei militari e nuovi tentativi di Golpe. Cosicché il 30 ottobre 1966, il PSI e il PSDI si unirono nel Partito Socialista Unificato, che pose fine alla divisione che avvenne nel 1947 con la scissione di palazzo Barberini.Si predispose un nuovo simbolo in cui i due emblemi apparvero appaiati in un comune logo. Ma purtroppo le elezioni non andarono bene e secondo le aspettative, il Partito Socialista Unificato, infatti, ottenne un risultato inferiore a quello che i due partiti socialisti raggiungevano quando si presentavano da soli. Furono quindi 91 deputati e 46 senatori, per un esperimento elettorale che si dimostrò deludente e fallimentare.
Al contrario il PSIUP ottenne un discreto risultato, ben 23 seggi, a dimostrazione che i conflitti nella casa socialista furono letali e che molti militanti ed elettori preferissero un partito socialista di sinistra, e non di centrosinistra. Il Psi si indeboli e dovette accettare numerosi compromessi in cui gli interessi forti del Vaticano e degli industriali prevalsero. Si snaturò l’identità del PSI, ma in politica questo è inevitabile, in quanto le alleanze si fondano sul compromesso, motivo per cui per fare delle riforme civili e sociali si dovette concedere qualcosa agli alleati, anche se questo poteva far storcere il naso ai più intransigenti.
I due partiti, PSI e PSDI si sciolsero l’anno dopo ma il PSI continuò l’alleanza assieme ai partiti di centro,anche se i nenniani e i saragattiani mantennero una propria autonomia per tutta la Prima Repubblica.
Rosario Sorace.