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Cronache del Regime catanese: 32 anni senza Pippo Fava, lettera al Presidente Titta Scidà
Pubblicato il 05 Gennaio 2016
Scriviamo due righe a chi non c’è più, ma è come se fosse sempre presente.
Tanto è attuale la sua parola, il Presidente del Tribunale dei Minorenni Giambattista Scidà
Caro Titta,
oggi è il 5 gennaio: 32 anni fa la “città perbene”, per mezzo della criminalità organizzata, si toglieva dalle scatole Pippo Fava e la sua realtà di un mezzo di informazione che raccontava e spiegava i fatti. A Catania un “atto di sovversione”.
Per tanti anni, abbiamo vissuto questo giorno assieme ai soliti “quattro pazzi”, “quelli del caso Catania”, “caso Catania” negato –ricordo- con determinazione che sconfinava nell’ossessione dalla “città perbene”, con tutti i mezzi a sua disposizione, dalla stampa “che conta”, ai vertici giudiziari sino ai circoli “intellettuali” o simili. Pure con mille contraddizioni, quell’esperienza non è morta, malgrado le ostilità diffuse e praticate, gli odii covati e poi espressi, le calunnie, le diffamazioni, in una parola uno squallido sottofondo di falsità e aggressioni –non ultime di “tipo ideologico” o simili- di vario tipo.
Cos’era il “caso Catania”? La descrizione e lo scavo investigativo attorno ad un “sistema di Potere” che dalla politica, all’economia, alla società, all’informazione s’intersecava (e s’interseca)con gli uffici giudiziari, in particolare con la Procura della Repubblica. L’ufficio –per dovere istituzionale- deputato alla repressione dei reati, in particolare al controllo dell’agire amministrativo. In soldoni, cosa veniva fuori? L’intreccio trasversale fra “destra” e “sinistra” nella “gestione della città” e attraverso vari uffici, da pubblici a quelli privati.
Finalità? Arricchimento dei patrimoni privati a scapito delle risorse pubbliche, quindi depauperamento delle fasce più deboli della popolazione, deprivate di tutto, dalla scuola al campo sportivo. Da qualche anno, c’è un consigliere comunale che, in mezzo ad attacchi di tutti i tipi, lo denuncia. Si chiama Niccolò Notarbartolo. Parla spesso di “rendite di posizione”: tradotto, i fitti passivi, gli sprechi, le elargizioni sopra le righe di risorse pubbliche. Il tutto, mentre a Catania –basta leggere le ultime rilevazioni statistiche- la criminalità minorile dilaga. Come accadeva ai tuoi tempi. Chi tenta un collegamento fra questi fenomeni? Pochi o nessuno. Come accadeva ai tuoi tempi.
Cosa propongono le autorità pubbliche di fronte a tutto questo? Più polizia, più auto…della polizia. Più controlli agli angoli delle strade. Con gli uomini in divisa. Il sindaco, qualche mese fa, è finito in Questura, in una conferenza stampa accanto al Questore. Poi, ha presentato, in piazza Duomo, le nuove auto della polizia. La voce ufficiale dice: “gli scippi rovinano l’immagine turistica della città”. Ecco, Catania è “deturpata” dagli scippi. Non dall’uso sconsiderato e spesso beffardamente truffaldino delle risorse pubbliche.
Questa “voce” viene da sedicenti “forze progressiste”: peccato che negli anni Settanta la stessa voglia di “polizia e ordine” (e magari di “pena di morte”) veniva dal Movimento Sociale Italiano.
Loro sì coerenti con una visione della società e della vita. E i “progressisti”? Loro continuano, più o meno occultamente, più o meno farisaicamente, a sostenere il loro sindaco, quell’ Enzo Bianco che continua a vivere la città con gli stessi metodi degli anni Novanta: macchina della propaganda, immagini, veline, mediaticità. In mezzo qualche “scivolone” –diciamo così- come quelle foto con un presunto prestanome di un boss, poi quella telefonata, nell’ultima campagna elettorale per sindaco, con il direttore-editore Mario Ciancio, a confermargli la sua “coerenza” in un’affare da 300 milioni di euro. E naturalmente, a ricordare –all’editore- che presto sarebbe cominciata la sua compagna elettorale… Mentre viene fuori tutto questo, dal Palazzo –nella sua versione allargata stile “corte dei miracoli e dei cooptati”- si continua a denunciare le responsabilità della “destra”. Proprio così: “è tutta colpa della destra”.
Del resto, quando i “progressisti” catanesi hanno un serio problema da affrontare per gli equilibri di sistema che loro conservano, da loro arriva subito la “soluzione” ideale, quella che “spiazza” i meno attrezzati (alla loro propaganda): “attenzione alla destra! Arriva la destra!”
Comunque, presto, magari, per Bianco arriverà l’ ennesimo “salto” di carriera politica. La città, invece, langue: economicamente e culturalmente a terra, si trascina in attesa di un “risveglio” che si stenta a vedere. La Procura della Repubblica che fa? Straordinaria nel colpire spacciatori e trafficanti di droga, mafiosi di periferia, estortori, rapinatori, varia umanità marginale, o magari semplicamente “esplosa” di fronte ai ritmi di una vita infernale. Peccato, però, che la Procura della Repubblica non sia altrettanto straordinaria quando c’è da colpire la disonestà amministrativa, la privazione del denaro pubblico. Là i tempi si dilatano, le prescrizioni, e magari le assoluzioni arrivano. E non sono poche. Esattamente come accadeva anni fa.
Come accadeva anni fa, su molte vicende di “disinvolto” agire amministrativo ci si aspetterebbe ben altra risposta: per adesso, sembra prevalere uno straordinario “sonno”. Chissà, domani.
Quel Sebastiano Scuto, di cui tu hai tanto scritto, è ancora al centro di una vicenda infinita: però, la Cassazione ha sancito la sua mafiosità in relazione ai rapporti con il clan Laudani. Come avevi sostenuto tu per anni. Quei “quattro pazzi” c’avevano visto giusto.
Di recente, è morto –presente ai funerali un pezzo centrale del Potere (quello vero) che comanda a Catania- Giuseppe Gennaro, procuratore ma soprattutto leader della “corrente di maggioranza” che per una quindicina d’anni ha governato incarichi e carriere dentro il Palazzaccio. Quella “corrente” non conta più come una volta. Tu ne avevi scritto per anni e anni: uno dei tanti capitoli del “Caso Catania”. Che era vero. E che è vero.
Ma, ora, c’è da scegliere il nuovo Procuratore della Repubblica: uno snodo fondamentale per capire la città che verrà.
Mario Ciancio, prosciolto qualche settimana fa dall’accusa di concorso esterno all’associazione mafiosa, è al tramonto: ma il Potere –conservatore nel senso più autentico del termine- che gli si stringe attorno non vuole mollare la presa. Al massimo, cerca –e probabilmente le ha trovato- “sponde mediatiche” come “eredi”. Ai funerali di Gennaro c’erano tutti o quasi i rappresentanti del Potere(quello che comanda sul serio) c’erano tutti, o quasi: Enzo Bianco e Pino Firrarello, Anna Finocchiaro, in mezzo ai vertici della magistratura catanese. E a qualche avvocato che conta. Fra di loro, qualche giornalista di Ciancio. Insomma, la “destra”, la “sinistra”, il Palazzaccio, l’informazione (la chiamano così). Un’immagine plastica, meglio di cento articoli.
Del resto, i “giornaloni” italiani di Catania non parlano più: la “progressista Repubblica” è riuscita praticamente a fare scomparire dalle sue pagine Catania.
I titoloni del “Corriere” sulla “destra” arruffona e “fimminara” si sono volatilizzati.
L’imprenditoria vive alla giornata: finito l’intervento pubblico straordinario, è tempo di “sacrifici” vari. Magari anche giudiziari, come nel caso di Mimmo Costanzo. Ma un pezzo di Confindustria, quello che fa riferimento alla saga dell’ “antimafia all’italiana” di Ivan Lo Bello controlla l’aeroporto e non vuole mollare la Camera di Commercio. Perché il controllo di Fontanarossa passa da lì.
Ah dimenticavo, c’è chi continua fare il proprio lavoro, magari anche il giornalista, senza sprofondare in mezzo a loro, a quelli che comandano: per loro, hanno escogitato probabilmente un mezzo molto efficace per “convincerli” a fare altro. Quale? Un certo uso della legalità, proprio così una legalità vista come “richiamo all’ordine”o altro. Ma anche qui: dov’è la novità?
Insomma, oggi sono 32 anni che la “città perbene” si è tolta di mezzo Pippo Fava: togliendosi di mezzo Fava con “i Siciliani”, strumento d’indagine su Catania e la Sicilia, pensano di avere completato l’opera.
Avranno avuto “ragione” loro? Forse l’unica possibile “salvezza” di questa città restano i “pazzi”. Chissà, nel dubbio, come al solito, ti saluto
Ciao Titta,
marco benanti.
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