Cronache del Regime catanese: Francesco Marano, il “siamese”

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Da una decina di anni è l’uomo ombra dell’ex sindaco Enzo Bianco, Francesco Marano è stato, ed è, qualcosa di più di un collaboratore fidato o un portavoce: una sorta di trasfigurazione del podestà che lasciato il Comune in un mare di debiti e un disastro amministrativo. Forse anche per questo sdoppiamento col suo dante causa, per il trentottenne braccio destro di  Bianco gli incarichi sono arrivati uno dietro l’altro. Marano, prima della sfortunata quarta sindacatura di “Enzo a ciurara” era solo un oscuro consigliere della terza circoscrizione, noto soprattutto per le sue battaglie contro il sindaco Stancanelli per non abbattere il ponte sul tondo Gioeni. Proprio così, lui non voleva che il ponte si abbattesse!

Ovviamente cambiò idea quando il suo datur decise di sbancare il cavalcavia, come primo atto delle sue prodezze. Subito nominato esperto del primo cittadino, nonostante nel suo scarno curriculum non figurasse neppure una laurea, Marano è stato subito designato anche commissario liquidatore di Investicatania. Doveva limitarsi a portare i libri  in tribunale come prescrive la legge e invece per cinque anni ha incassato l’indennità di 19 mila euro e altre 29 mila per i revisori dei conti( uno dei quali in arresto dal 30 giugno scorso senza che lui se ne fosse accorto..) che dovevano rispettivamente amministrare e controllare il nulla: la società, infatti, da oltre sei anni non ha più alcun dipendente e a quanto dice la burocrazia comunale ha accumulato oltre 700 mila euro di passivo, senza che nessuno intervenisse come invece ha fatto tempestivamente la Liotta quando si trattò di Idonea. Eppure la società è ancora là, per elargire le indennità previste dal diritto societario: cose di Catania.

Ora quasi certamente dovrà subire un procedimento giudiziario con azione di responsabilità civile, sempre che la Procura non decida di vederci chiaro. Marano però non è stato solo un accumulatore di incarichi e indennità e alla fine qualche disgrazia: Enzo Bianco lo ha voluto persino nel ruolo di presidente del comitato dei festeggiamenti di Sant’Agata. Come a dire, si chiama Marano, si legge Bianco. E poco  importa che lo stesso protagonista di queste gesta magnifiche e progressive, fosse stato indicato dal suo nume tutelare anche come vicesegretario regionale del morente Pd: Francesco Marano, non può che obbedire tacendo come un soldatino di piombo. E così le polemiche montavano, un  dirigente di partito a capo della maggiore festa religiosa siciliana, in effetti, non è proprio un bel vedere anche per dei laici convinti, come si definiva lo stesso Marano prima di andare a fare il capo dei devoti. Per cinque anni esecutore materiale dei voleri, spesso capricciosi, del podestà a palazzo degli elefanti era uno pochissimi ad avere accesso libero nella stanza del Capo.

Di lui si raccontano le liti con la gran maestra massonica Amanda Jane Succi: oggetto del contendere, studiare il modo migliore per adempiere ai mandati di Enzo il Grande, come fosse una contesa di inconfessabili primati. E poi le nottate in consiglio comunale, alla ricerca di questo o quel consigliere,  indispensabile per fare numero, per raggiungere il numero diciotto in aula. Ma anche scrivere i comunicati attribuiti una volta o a quello, affinchè il Podestà non potesse trovare scoperta la retroguardia e cazziare di brutto l’intendenza.

Una vita da mediano, insomma, quella del giovane Marano, con un visino rosso quanto basta per celare anche quel filo trasparente di sentimento, di giudizio personale e non di riporto, che non si sa mai dovesse affiorare.  Schierato ora di punta ora da mezzala ma sempre stando vicino, vicinissimo al Gran Visir,  per lui non verificherà mai  quanto accaduto a Peppino Idonea, allontanato dal Palazzo nella malasorte: Enzo e Francesco cammineranno sempre assieme, nella buona e nella cattiva sorte, come si deve a chi condivide il destino.

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Marano: quando era contrario all’abbbattimento del ponte sul Tondo Gioeni

Ecco quanto sostenevano quelli del Pd della terza municipalità, con il capogruppo Francesco Marano, sul Tondo Gioeni. Era il 18 marzo 2010.

“Abbattere il ponte del Tondo Gioieni è un rischio troppo alto e la mancanza del sottopasso di via Grassi rende alterati tutti gli studi sull’impatto del traffico”. E’ l’allarme del gruppo del PD della Terza Municipalità con il capogruppo Francesco Marano e i consiglieri Liborio Benedetto, Salvo Campisi, Grazia Cantarella, Emiliano Luca.

“Si parla dell’eliminazione del ponte – spiega Marano – con colpevole superficialità. Gli studi di fattibilità che accompagnano il progetto riguardano il flusso consueto di 60mila auto che transiterebbero sulla mega rotonda e sui due sottopassaggi, quello di viale Fleming per il flusso che arriva da Misterbianco e quello di via Grassi-via Caronda per il flusso che arriva da Ognina. Il loro attraversamento permetterebbe il passaggio delle auto verso via Etnea alta senza ingolfare la rotonda stessa. Il problema è che, rispetto ai progetti originari, il sottopasso di via Grassi-Caronda pare sia stato eliminato e non sarà realizzato. Gli studi effettuati, quindi, sono assolutamente oggi inattendibili”.

“Non siamo affezionati romanticamente al ponte – continua Marano – ma siamo molto preoccupati delle conseguenze sul traffico. Non vorremmo che questo progetto sia visto dall’amministrazione comunale come un mezzo per fare propaganda (come fu per il ponte di Ognina) senza pensare ai disagi per i cittadini. Le rotonde sono utili solo se ben congegnate. In questo caso si passerebbe da un flusso enorme di auto spalmato su due livelli (ponte e strada) ad un flusso su un solo livello (rotonda). Ecco perché entrambi i sottopassi non sono optional ma sono fondamentali”.

“Il calvario che hanno scontato i cittadini per i lunghi lavori di viale Fleming, posticipati per mesi e mesi, non ci conforta su il Comune potrebbe affrontare il lavoro sul ponte. Chiediamo – concludono Marano, Benedetto, Campisi, Cantarella e Luca – che prima di compiere un abbattimento irrecuperabile venga fatto un nuovo studio con le nuove condizioni e che si esamini in modo ‘laico’ la vicenda. Non si deve abbattere necessariamente il ponte solo per motivi di sicurezza e peraltro, se il problema è quello, la struttura si può tranquillamente consolidare. Senza una seria valutazione sul traffico rischiamo il caos veicolare”.”

 

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Benanti

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