Cronache del Regime catanese: quello che non viene detto sul collegio di difesa del comune

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Se l’Assessore Girlando vorrà replicare, siamo pronti a pubblicare quanto vorrà dire. Magari –glielo consigliamo- scrivendo di suo pugno, senza passare dall’ufficio stampa del comune, che sembra “dare i numeri”.

 di iena delle domande (delle cento pistole) marco benanti

In ordine al problema posto da “CATANIA BENE COMUNE”, al di là della tentata “difesa d’Ufficio”, non si comprende (o forse si comprende troppo bene) perché l’Assessore Girlando si ostini a difendere la costosa “esistenza in vita” del cosiddetto COLLEGIO DI DIFESA, organo desueto da anni in tutto il territorio nazionale, persino abolito dal 2014 dall’ultimo Comune, che ancora conservava questo atavico organismo, il Comune di Messina  che, con la nuova Giunta del Sindaco Accorinti, ha provveduto alla sua soppressione, in applicazione delle leggi nazionali e regionali che regolano il contenimento della spesa pubblica. Girlando non prova neppure a chiedersi o a spiegare ai Cittadini Catanesi perché il fatidico COLLEGIO DI DIFESA, riesumato dalla Giunta Bianco, non esiste più a Milano, Bologna, Roma, Napoli o Palermo, né a chiedersi perché nella stessa Città di Catania la precedente Giunta Stancanelli aveva già di fatto non più costituito questo Collegio DI DIFESA ormai fuori dal contesto normativo.

Insomma su questo versante sembra che la Giunta guidata dal Sindaco Bianco voglia andare stranamente controcorrente nazionale, ignorando le norme sul contenimento della spesa pubblica, ripristinando un organo atavico e superfluo in presenza di una propria Avvocatura Comunale, utile soltanto a nominare persone di proprio gradimento, senza alcuna oggettiva selezione, guarda caso per la trattazione tra l’altro di quei delicati argomenti (si legga APPALTI E TRANSAZIONI), già le “transazioni”, che, a seconda, del punto di vista possono portare gioie o dolori agli attori di queste contrattazioni molto particolari tra Pubblica Amministrazione e Privati.

 RIFERIMENTI NORMATIVI

 L’art. 12, comma 20, primo periodo, del Decreto Legge n. 95/2012, convertito dalla Legge n. 135/2012, la cosiddetta Spending Review, dispone che “A decorrere dalla data di scadenza degli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni, in regime di proroga ai sensi dell’articolo 68, comma 2, del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133, le attività svolte dagli organismi stessi sono definitivamente trasferite ai competenti uffici delle amministrazioni nell’ambito delle quali operano”.

 Si tratta in buona sostanza della soppressione degli organismi collegiali “non più necessari” ossia “inutili” questa volta però operata in modo drastico rispetto al tentativo di cui all’art. 1, comma 28 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, all’art. 41 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, all’art. 96 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, all’art. 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 e all’art. 68 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Nella logica degli organismi consultivi che sono stati soppressi è rientrata anche, ad esempio, la COMMISSIONE EDILIZIA COMUNALE (C.E.C.) che dava pareri sulle concessioni edilizie, che appunto non esiste più. Rimangono “in vita” solamente le Commissioni espressamente previste dalla Legge.

In pratica dove esistono gli Uffici della P.A. all’uopo dedicati si sopprimono gli” inutili e costosi” Organismi Consultivi.

 

 

 

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Redazione Iene Siciliane

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