Cronache del Regime: “La Procura”…e sai cosa leggi a Catania

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di iena Marco Benanti 

Al caso Catania, come lo chiamava il Presidente del Tribunale dei Minorenni Giambattista Scidà (https://scida.wordpress.com), dobbiamo aggiungere l’ultimo surreale e imprevedibile capitolo riguardante l’informazione.

La vicenda Ciancio prima e quella Russo Morosoli dopo, sono lì a dimostrare il trionfo d’un metodo che s’è fatto scuola. La stampa catanese ovviamente non è in grado di rendersi conto di quanto accade … e come mai potrebbe? Il giornalismo in generale e quindi i giornalisti in particolare, non sono stati in grado di ritagliarsi un ruolo nella società; forse perché nel corso dei decenni hanno preferito diventare la voce del padrone di turno e mai quella del lettore? Ma di cosa stupirsi ancora, se nemmeno l’omicidio di Pippo Fava è bastato a liberare l’inchiostro di chi avrebbe dovuto raccontare la città?

Una categoria, quella dei giornalisti catanesi incapace geneticamente di fare i conti con la realtà e commissariata di fatto dalle ultime decisioni della magistratura, perché solo chi afferma che gli asini possono volare può non accorgersi della novità eccezionale e cioè che “La Procura” è diventato il nuovo quotidiano di riferimento della popolazione. 
Ma questa città è capace di guardarsi allo specchio? No, perché anche adesso che è schiacciata tra il dissesto comunale e una stampa commissariata, nessuno ha comunque la volontà e la capacità di raccontarla nella sua mostruosità. Per spiegare e raccontare Catania oggi, non basterebbero i giornalisti, avremmo bisogno dei sociologi, perché la cattiva condotta personale prima di farsi criminale attraversa una fase in cui è morale e in una società sana essa sarebbe stata quantomeno individuata e raccontata. 
Qui nella peggiore delle ipotesi, si è fatto è fatto sempre buon viso a cattivo gioco e nella migliore invece si è girato il viso e abbassato lo sguardo per non disturbare i cattivi giocatori. Oggi alcuni di questi cattivi giocatori sono finiti nel mirino della Procura certo, ma che fare oramai che il cattivo gioco è diventato modello e sistema?

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Benanti

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