a cura di iena “memoria d’elefante” marco benanti
Il 22 gennaio del 1930 nacque Giambattista Scidà (nella foto). Un personaggio che Catania non può dimenticare.Una vita a difesa dei deboli, da Presidente del Tribunale dei Minorenni e soprattutto da cittadino.
Dopo la sua morte, il 20 novembre del 2011, la sua opera e il suo pensiero sono quanto mai attuali. Per questo lo ricordiamo con un suo intervento. Davvero illuminante. E attualissimo…
da “Per capire il Caso Catania” (da www.scida.wordpress.com)….
” “I L T A B U ‘
Del caso Catania “non si parla” (non ci si arrischia né a parlare né a scrivere) se non per dire (semmai si sia costretti a nominarlo) che esso è chiuso da tempo, o che non è mai nato. Il “caso Catania” è tabù.
Ad erigerlo in tabù – a tabuizzarlo – hanno lavorato costantemente il CSM e il Ministero della Giustizia, le Commissioni Antimafia di più legislature e l’ANM, l’informazione locale e grandi testate nazionali, inchieste come quella di Report sulla città (muta a proposito del Palazzo di Giustizia) e libri come “La Supercasta” di Livaidotti o come la “Storia della mafia” di Lupo, nonché grandi soggetti della società civile, come Libera, seriamente dediti a prevenire ed a spegnere la risonanza di un franco intervento catanese negli Stati Generali dell’Antimafia; e persino la Giustizia, mandando sotto processo, a querela di magistrati della Procura, giornalisti (Travaglio, Giustolisi, Flores) che abbiano rotto il silenzio : per non dire della proprietà di giornali e gruppi di giornali, col suo pretendere dai giornalisti, autori di ineccepibili articoli, ma querelati e rinviati a giudizio come diffamatori, accettazione di querele.
E adesso, in quest’anno 2010, vacante di nuovo il posto di Procuratore della Repubblica, sui fatti del “caso Catania”, avvolti nel silenzio, viene calato, perchè nessuno ne scorga la massa, un sipario figurato, dalle forti vampe cromatiche, come se ne vedono, in piccolo, sui carretti siciliani : arcangelo antimafia, sul destriero rampante, vi campeggia il magistrato Gennaro, e di fronte a lui, incalzati senza remissione, l’infedele e la turba infinita dei suoi dannati accoliti; ma c’è anche, in toga ed occhiali, emerso dagli inferi, un emissario del maligno, loico e sottile, che infrena la spada ultrice. Senza entrare in una vicenda che è aperta, come tutti sanno, alle ricostruzioni più diverse (si veda Barcellona in La Sicilia del 28/11/’10 pagg. 1 e 31), tiriamo sù, energicamente, sino al soffitto, l’impedimento di quella tenda vivace, perchè si offrano alla percezione e al giudizio, nudi, gli avvenimenti e comportamenti dei tre decenni, durante i quali si è consumato, nell’indifferenza di troppi suoi figli, il sacrificio di una insigne città.”
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