Buttate nel cestino le “veline” abbiamo visto la realtà, dalla strada
di iena di strada Marco Benanti
Secondo il Questore di Catania Salvatore Longo la città sarebbe più sicura. Davvero? Proprio così: lo ha dichiarato alla stampa ufficiale, quella che conta. Accanto alla “nuova” (i media alla moda)che fa rimbalzare le sempre “brillanti” operazioni della polizia. Di fatto, “un’orchestra”. Ma la città è davvero migliorata dal punto di vista della sicurezza? L’ “inferno catanese” di un tempo sta forse divenendo un “paradiso prossimo venturo”?
Messe da parte (anzi buttate nel secchio) le “veline” del Palazzo, abbiamo cominciato a girare per vedere questa “Catania più sicura”. Siamo andati nelle “zone difficili” quelle cosiddette “a rischio”, che –non casualmente- sono quelle popolari e di periferia. Come San Cristoforo, “cuore catanese”, quartiere storico, un simbolo –nel bene e nel male- di Catania. Una zona di fatto “off shore” (lo è da sempre), dove il rispetto minimo delle regole, in molte sue zone, è inesistente. E non si vede anima viva, a quelle in divisa, ci riferiamo.
Ma come mai? Verifichiamo che il commissariato San Cristoforo ha poco più di 15 uomini su cui contare. Per un quartiere di circa 30 mila abitanti. Niente male. Abbiamo un ricordo antico –da cronisti- del commissariato San Cristoforo, avanposto dello Stato in una “terra straniera”, nato all’inizio degli anni Duemila, con l’appoggio delle istituzioni, a comiciare del sindaco Bianco, che poi divenne Ministro degli Interni. Un commissariato-modello, un esempio di controllo del territorio e di acume investigativo: anche perché restare seduti a raccogliere denunce non è proprio il primo dovere di un poliziotto. E gli uomini in queste zone soprattutto servono per il controllo del territorio, per sapere cosa accade, non solo per scrivere scartoffie.
Ma ci ricordiamo di più:
per anni in questo commissariato gli arresti erano copiosi. Altri tempi, c’erano uomini (circa trenta o più), mezzi e possibilità diverse. Però, è vero: oggi Catania è più sicura. E per fortuna, alla Questura centrale si concentrano uomini e risorse. Così si fa: accentrare rende più efficiente il territorio. O forse sarebbe necessario il contrario?
E’ talmente vero che Catania è più sicura, che nel nostro giro nel quartiere notiamo sempre la stessa auto della polizia: ma rispetta gli standard di sicurezza l’auto stessa? A vederla da vicino, non sembrerebbe. Ma davvero nella “città più sicura” si può notare un mezzo di polizia “fuorilegge”?
In queste condizioni, può capitare che un attentato dinamitardo colpisca il commissariato (è successo ad inizio anno), come può succedere che alcuni colpi d’arma da fuoco vengano sparati sull’immobile che ospita il commissariato. Che significato hanno simili gesti? Ricordare che si può vivere da “indiani” accerchiati dalle “giacche blu” dell’ordine reale e non virtuale? Una bella “battaglia”, diversa da quella evocata sulle “veline”.
Certo, l’opera di chi lavora per questo Stato anche a San Cristoforo è difficile e gli sforzi quotidiani non mancano, come la volontà di ascoltare e stare vicino alla gente. Anche perché il quartiere ha problemi seri e antichi: dove non c’è nulla o quasi in termini di occupazione, se non il mercato della droga (molto redditizio per il crimine, non proprio da disprezzare -in tema di possibilità di arresti- per chi vuole fare carriera con la divisa), è complicato fare bei discorsi, magari retorici.
Non sarebbe il caso di “cambiare registro” davvero, non solo con le manette, ma aumentando occasioni di occupazione e di vita sana, con qualche impianto sportivo degno di questo nome, con occasioni di socialità autentiche e umane? Più delle “veline” da “informazione ufficiale” forse sarebbe necessario altro, magari che lo Stato cambiasse, oltre macchina della polizia, “faccia” anche a San Cristoforo?
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