Cronache “gesuitiche” antimafiose, il doppiopesismo di Antonio Ingroia: “no ai magistrati che coltivino contiguità con la politica”…e da che pulpito!

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di marco pitrella (nella foto, campagna elettorale per le comunali 2013, Ingroia da Bianco, a Casa Catania….)

“Abbiamo bisogno di magistrati che non coltivino l’opportunismo carrierista o di contiguità con la politica”, così parlò, niente popò di meno che, Antonio Ingroia, ex magistrAle candidato & mancato premier della lista “Rivoluzione Civile” alle ultime politiche, oggi “pi greco” del cerchio magico di Saro il presidente, per questo a capo di “Sicilia e-Servizi” con indennità che può arrivare sino a 160.000 euro l’anno (http://livesicilia.it/2015/04/03/)… su 34 partecipate l’unica ad essere salvata da Crocetta assieme a “Riscossione Sicilia” guidata, non a caso, da Fiumefreddo l’avvocato Antonio. “L’importanza di chiamarsi Antonio.” Ma bando “all’opportunismo carrierista”, tuona “l’incaricato” Ingroia, il bue che dice cornuto all’asino.

 Le “ingroiate” venivano “fatte” in occasione del convegno, organizzato dall’Università di Catania, “Mafia, economia e corruzione”. In parafrasi quelli che… contro la politica post-andreottiana  “siamo tutti Di Matteo”, presente all’iniziativa.

(L’e-lettore troverà la cronaca dell’evento nei giornali live da nonnina in vestaglia & copertina.)

 S.o.stiene Ingroia: “Abbiamo bisogno di un governo che sia diverso da quello del 92 – quello della fiction? – che scelse la strada della trattativa”. E mentre il piccolo fiammiferaio, Sandro Ruotolo, porta a spasso CianciminoJuniorche casca lo scecco.   

Perché proprio l’ex giudice, un po’ Travaglio e un po’ Woodcock,  ha avuto tanto a cuore il processo – sulla presunta verosimilmente molto presunta – trattativa Stato-mafffia che preferì, per sua scelta, partire per il Guatemala(!) piuttosto che andare in dibattimento, da Piemme, al procedimento che egli stesso aveva istruito, cu ci capisci è bravu.    

 In fondo, se “la mafia – ha detto ancora – un tempo veniva considerata una forma orgogliosa per affermare la propria personalità”, l’ antimafffia 2.0  diventa per ogni magistrAle un comodo “lasciapassare a fare” il sindaco di Napoli, il deputato, il capo partito o il Presidente del Senato… presto in arrivo anche Cantone? Chissà.

 E se Cantone “il censore” – come ipotizzato da un po’ di stampa nazionale – potrebbe essere “l’alter Renzi”, l’antimafffia “dei merletti & dei Rosario” per legittimarsi con la “pudica”opinione pubblica,  necessita di punti di contatto con il passato… e allora, in barba al comune senso del pudore, da “pataccari” inventano eredi a “buon mercato” di Falcone & Borsellino.

Puntuale è arrivato, infatti,  un “Abbiamo bisogno di un Consiglio Superiore della Magistratura che promuova magistrati ad incarichi adeguati a storie e capacità professionali”… l’analogia con la storia, agli occhi dei bimbi di cartone, fa dell’uomo un eroe, è marketing magistrAle, ed ecco l’equazione: il CSM bocciò Giovanni Falcone (a suo tempo per un voto) successore di Caponnetto e oggi boccia Di Matteo (16 a 5 mancu di picca!) per un incarico alla DNA. (www.repubblica.it/cronaca/2015/04/09/)  E in effetti “la storia si ripete sempre due volte  – copyright Karl Marx – la prima in dramma e la seconda in farsa.”

 Per questo ha aggiunto con “Abbiamo bisogno di magistrati con la schiena dritta che non usino il doppiopesismo”… che suona come un sono d’accordo con voi se siete d’accordo con me.

Pare, si dice, si mormora che Ingroia abbia il “dentino avvelenato” con  il plenum perché, dopo il Guatemala e a conclusione “dell’autunno caldo” di Rivoluzione Civile, lo mandò prima ad Aosta a fare il sostituto procuratore (perché unico collegio dove non fu candidato), poi lo espulse dalla magistratura(!) con voto unanime – luglio 2013 – perché “assente dall’ufficio ingiustificatamente per un periodo superiore ai 15 giorni”…(www.polisblog.it/post/139755/) certo se, con una bella “riformetta costituzionale”, lor signor Onorevoli avessero reso (giustamente) i magistrAli impiegati dello Stato, avremmo sorvolato sul guascone assenteismo parastatale.

Ha avuto ragione, l’Antonio, a dire che “Abbiamo bisogno di un Parlamento che faccia leggi e dia strumenti”.  E che vieti(!) l’abominio del concorso esterno.

“La mafia non sarebbe ciò che è se non avesse avuto una classe dirigente che ha plasmato lo Stato italiano secondo uno spirito di connivenza.” Tra Populismo & Demogogia – alla Pif-Pif antimaffffia! – buoni per i gagà e per tutte le stagioni, soprattutto “d’estate”.

 

Però sì, “è necessario che la società sia intransigente e che ognuno risponda per le colpe che ha posto in essere”. Nella “repubblica manettara” che fa del sospetto l’anticamera della verità, saranno rivelate dallo spirito (di) Santoro Michele.

Ma Antonio Ingroia “è un appassionato di verità e giustizia” ha esordito Nino “Totem” Di Matteo… e menu mali.   

 

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Redazione Iene Siciliane

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