Carissimo, come ebbi a dirti in età giovanile la mia passione è stata scrivere sui giornali, lo feci con scarsa continuità costanza coerenza. Oggi me ne dolgo e non nascondo di invidiarti nel ruolo professionale che svolgi. Questo desiderio è nato dal fatto che ho sempre comprato sin dall’adolescenza carta stampata al punto che sin dalla pubertà mi sono lasciato incantare sedurre attrarre dai notiziari scritti iniziando cosi questa lunghissima stagione della “preghiera laica” che non ho mai dismesso.
Da questo punto di vista fui sospinto nell’arte della lettura da maestri di vita poeti eccelsi amici comuni cosicché cominciai ad acquistare un giornale che fu fondato da chi scrisse in carcere dei quaderni e poi compravo anche un foglio della città eterna che però descriveva un paese di sera. Divenne un vizio assurdo divorante incessante e via via leggevo tutti agli altri organi di informazione del settentrione e persino tanti periodici sino a cinque ogni fine settimana al punto da raggiungere un livello di saturazione mentale per eccesso di informazione.
Ricordo bene che cominciavo a esprimermi con le stesse parole di un giornale aperto. Raggiunsi la perfezione morbosa comprando anche le riviste del mondo operaio e della critica sociale della rinascita. Ti confido che avevo un atteggiamento leggermente feticistico perché mi piaceva odorarli e mi irritavo se venivano sgualciti quando qualcuno malauguratamente me li chiedeva in prestito.
Mi rendo conto che sono stato in controtendenza e nonostante il mio personale impegno restiamo sempre agli ultimi posti nelle graduatorie di lettori dell’occidente al punto che il poeta friulano scrittore corsaro affermava a ragion veduta che siamo il paese con la borghesia più ignorante e il proletariato più analfabeta nel continente eurocentrico.
Oggi come ben sai a tue spese siamo sommersi anche dalle notizie false ma tra quelle vere che ho appreso questa settimana dalla terra di trinacria mi colpisce quella di chi doveva proteggere le vittime dei reati di “casanostra” e invece pare passato dall’altra parte della barricata nel “campo” avverso imparando le tecniche di chi delinque. Il maestro di Regalpietra è stato assai profetico come ben hai ricordato quando ci mise in guardia dai professionisti dell’anticasanostra.
Quanti soggetti umani finiti in malora alla gogna che dovevano proteggerci dagli amici degli amici e che per avidità di soldi potere benefici estorcevano quattrini. Che dispiacere amarezza dolore sentire che ormai la città dell’elefante si avvia verso il baratro senza neanche il becco di un quattrino e si presenta giornalmente la cronaca già scritta di un dissesto annunciato.
Marco mi insegni che naturalmente nessuno è responsabile di quello che è accaduto e la colpa è della società comunità tutta. In primis quella lunga e sterminata filiera di amministratori che hanno utilizzato la cassa del palazzo cittadino. Qualcuno cattivo malefico demoniaco si augura che quella “corte” che conteggia faccia chiarezza e commini sanzioni per chi ne avrebbe approfittato. Noto in prima linea anche i difensori dei lavoratori che si indignano di questo stato di cose ma poi se qualcuno chiede conto e ragione di come hanno speso le quote degli associati costoro oppongono dinieghi silenti protetti da regole auree che impediscono di mettere il naso in queste segrete casse. Nessuno conosce a bene la ragione delle carriere folgoranti dei capetti verso scranni importanti e come mai ci siano stati tanti miracolati beatificati santificati in queste compagini.
Però fra tutte queste notizie negative ne giunge una buona finalmente. Ad un ex collaboratore dell’ex podestà della nostra amata città viene riconosciuta una speciale ricca meritata indennità per insegnare il diritto degli antichi avi nella nostra ex facoltà. Il fortunato percettore è un raffinato intellettuale organico cresciuto nella scuola del Migliore e dell’ultimo dei cossuttiani, quindi, Marco carissimo cerca di essere caritatevole indulgente comprensivo e non seguire a ruota gli strali degli sconsiderati sudistipressini.
Con affetto.Tuo Candido.
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