Marco carissimo,
ti invio un’epistola consapevole del tempo andato e di quello trascorso dal nostro ultimo incontro quando studiavamo insieme lettere e cartoline. Un grumo di ricordi affiora dentro me a ripensare gli anni ruggenti quando giovani baldanzosi e pieni di speranza sognavamo un radioso futuro e il destino non ci impauriva.
Come ben sai la buona scuola del fiorentino mi ha costretto a migrare lontano dalla terra natia e dove mi barcameno facendo il precettore in una scuola dell’ex-Padania. Osservo con mestizia quel che avviene nella nostra diletta terra irredimibile, come direbbe il compianto scrittore originario della provincia di Girgenti.
Rimpiango anche quando pensavamo di cambiare il mondo e oggi forse non siamo riusciti a cambiare neanche noi stessi. Noto con vivo piacere che non hai dismesso la tua divorante passione per la carta stampata, fondando un giornale che incute timore nei potenti, poiché è improntato al sarcasmo, alla derisione e alla dissacrazione verso chi sta in alto, denunciando i vizi più grotteschi e ridicoli ma anche gli abusi di un potere che,ahimè, non cambiano mai.
Marco neanche tu sei cambiato coltivando come me il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà del grande maestro sardo.
Mi auguro di vivo cuore che scrivendo non ti farai odiare dal mondo intero. Prendere in giro i potenti è l’unica arma da brandire rimasta in mano alla libertà di pensiero agli intellettuali guitti della carta stampata o del p.c.(non equivocare sull’acronimo).
Qualche cosa la dico oggi in questa missiva e spero di farti cosa gradita. Provo allegria e al tempo stesso nausea del marxista francese per quel che accade nella terra nostra dove i soliti Calogero Sedara occupano eternamente la scena nell’opera dei pupi.
Al potere dopo i vari condannati e inquisiti Vasa Vasa, Don Fefè e scumazza oggi regna con fatica l’ultimo federale del fascio che omaggia nel bergamasco il nuovo dioscuro dello stivale. Cosi impara il nuovo vangelo dei verdi fatto di proclami al vento, promesse da somministrare a dosi massicce per dominare il popolo.
Mentre nella città dell’elefante, travolta dai debiti, dopo l’inaugurazione della fontana dei sorrisi torna in sella il figlio di una nobile famiglia di professionisti prestati alla politica per rinverdire la tradizione più statica e litigiosa.
Marco ho appreso con grande stupore che al molo del porto davanti ad una nave per giorni la borghesia rivoluzionaria si è scontrata a male parole con il proletariato reazionario, litigando sul nulla.
Ho saputo anche che il proconsole del caimano ha guidato la protesta con l’arancino(a?) in mano. Bello e rubicondo si è preso la scena dando dello stronzo ad un suo superiore.
Ecco questa è la democrazia che piace al popolo laddove anche gli insulti sono il sale della vita. Adesso ti mando un caro abbraccio e mi godo gli ultimi giorni di ferie Oltralpe.
A presto, Candido.
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