Oggi 14 ottobre 2014, su “La Sicilia”, intervento del prof…
Una città che perde terreno sotto diversi fronti: l’economia, la legalità, la cultura, l’ordine pubblico. Una amministrazione arrogante, incompetente e autoreferenziale non ha più nulla da dire alla città. Sono questi i commenti che la gente pronuncia, anche i più benevoli. Ma non possiamo nasconderci dietro questa amministrazione. Per essa il fallimento é acclarato e definitivo.
Occorre procedere oltre. Ma per procedere oltre occorre riconoscere le responsabilità di ciascuno di noi. Come singoli e come gruppi. Non tanto come elettori; quello é un errore riparabile. Gli intellettuali, gli editori, gli imprenditori, i giornalisti, i professionisti, i sindacalisti di questa città non hanno fornito alcuna idea innovativa sul futuro della città.
Abbiamo nella maggior parte dei casi – le eccezioni ovviamente non mancano – fatto affari con la politica. Abbiamo cioè intrecciato relazioni di scambio, non necessariamente con il passaggio di denaro, tese a consolidare o a rafforzare le nostre posizioni. Ciò è avvenuto spesso, ma non sempre, nel pieno rispetto della legalità; ma si può essere inconcludenti e passivi anche nel pieno rispetto della legalità.
Il particolare passaggio storico che viviamo, nel nostro paese e nella nostra regione, richiede una nuova assunzione di responsabilità. Le nostre economie, quella nazionale e quella regionale, si rimpiccioliscono sempre di più, espellendo risorse che si deteriorano o lasciano il territorio. Senza una economia che cresce in modo sostenuto, la condanna alla marginalità é segnata. Ma una economia può crescere solo le forze della crescita vengono liberate e ad esse si garantisce spazio vitale.
Due sono le forze della crescita: l’investimento, materiale ed immateriale, e il progresso scientifico e tecnologico. Ci sono i grandi investimenti e le grandi infrastrutture, così come ci sono le grandi rivoluzioni scientifiche e tecnologiche. Ma l’impatto maggiore viene dalla miriade di piccoli investimenti e di piccole innovazioni. La politica, così come si é andata trasformando nel nostro paese e soprattutto nella nostra regione, non ha interesse a dare spazio a quella moltitudine. Molto semplicemente perché estrarre le risorse per la sua sopravvivenza da tantissime piccole imprese, da cui vengono i piccoli investimenti e le piccole innovazioni, é estremamente oneroso. Meglio i salotti ed i tavoli, ormai in via di smantellamento nelle grandi economie avanzate, che invece resistono nelle economie in ritardo. Si chiamano economie di contrattazione: meglio avere a che fare con pochi che con molti.
Uno dei più forti ostacoli alla crescita viene proprio dagli intrecci tra intellettuali e politica, tra editoria e politica, tra impresa e politica, tra sindacato e politica. La politica deve disegnare gli spazi di azione, garantire effettiva libertá e custodire quegli spazi. Deve chiedere un contributo a tutti, ma non deve entrare nella competizione. Serve in Sicilia e a Catania uno scatto di orgoglio, da parte di tutti, innanzitutto da parte della politica, che una volta incaricata di governare deve farlo con distacco, recuperando il suo ruolo di disegnatore e custode delle regole; ma anche da parte di tutti noi, che abbiamo conservato i nostri privilegi, scaricandone il costo sui nostri figli.
Maurizio Caserta
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