Da New York a Picanello, da Katmandu a Maranello, un coro unanime: “come faremo?”
di iena populista marco benanti
E’ stata una giornata tremenda. Catania ha vissuto un momento devastante, paragonabile quasi al silenzio di un quartiere popolare dove manca tutto. Anche la speranza. Là migliaia di vite lasciate in balìa del nulla (criminalità varia compresa), qui l’amarezza, l’affanno, la disillusione, la costernazione, la disperazione lucida e razionale di migliaia di persone perbene. Che vedono scomparire un “pezzo” della loro storia. Mirabile, competente, precisamente istruttiva. Un dramma. Chiude il “Leonardo da Vinci”. Sono dolori veri, come quelli dell’anima!
E qualcuno tenta di farla finita. Lo pensa, solo, magari. Come Guidalberto Antonio Degli Esposti al Vento, un medio borghese catanese che, colpito a morte dalla funesta notizia del prossimo “stop” della Sua scuola, ha pensato quasi…di farla finita. Un dramma.
Per calmare il suo animo in tempesta, quasi come un Foscolo del Corso Italia, lo abbiamo intervistato.
I: Guidalberto Antonio cos’è accaduto?
G:“Ho saputo. Ho pensato. Ho ripensato. Una tragedia. Catania è finita. Senza il ‘Leonardo’. “
I: perché? Ci sono tante cose stupende ancora vive e vegete, che promettono faville. La Vostra città sta cambiando. Non lo vede? Guardi che straordinari rivolgimenti sono in corso e prendete fiducia. A partire da chi ci, pardon, Vi guida. No?
G:“Mah, grazie a questa classe dirigente -anche per meriti storici nostri- Catania sta cambiando. E’ vero. Ma senza il ‘Leonardo’ come faremo? Potremo ancora ridere? Potremo ancora mangiare? Potremo ancora immaginare un futuro? E Vinci che farà?”
I: ma non disperate, ma insomma, mettiamo insieme i protagonisti di questa “fucina dell’Intelletto” che è stata il “Leonardo”. Partiamo da magistrati e operatori del diritto (si dovrebbero chiamare così).
G: “già, come faranno? Un grande vuoto, quasi quale quello che si respira in piazza Verga. Come fare a colmarlo? Con un afflato di popolo? Con una partecipazione popolare alla giustizia amministrata in nome del popolo? Ma non ce n’è di bisogno. E allora che fare? Cercare verità e giustizia? I grandi insegnamenti di questa Eccelsa Scuola sono bastati. Ora, sta a noi proseguire da piazza Verga all’assemblea dell’Onu in questo virtuoso percorso.”
I: vede che la speranza ritorna…
G: “forse, e gli imprenditori? Questa scuola lascia anche a loro un grande vuoto. Senza il ‘Leonardo’ sopravviveranno? Potranno ancora, la mattina, fare colazione, magari con premium?”
I: “magari premier…”
G: “ e i maitre à penser? Che dolore! Loro che impararono le parallele che si toccano, quasi affogate in un biccherino e le perpendicolari che filano via, quasi fumanti, come potranno andare avanti? Un mondo pieno di dolore, quasi come vivere a Monte Po o a Nesima, nei casermoni delle cosiddette ‘case popolari’…E poi quei medici e avvocati che si sono fatte le ossa in quei monumenti di Sapienza. Che dire? Che fare? Che bere?”
I: “suvvia, la classe è classe, non è acqua. Quando c’è di bisogno si vede sempre. E’ stato fatto un bel lavoro. La ginnastica dell’obbedienza produce effetti ovunque.
E sono benefici per tutti. Avete pensato che questo è un lavoro per il Pd? Come tutelano loro le èlites non lo fa nessuno: una medaglia d’oro alle Olimpiadi, si direbbe”.
G: “Il Pd? Ottima idea! Comunque, sì, forse. Alla fine, mi sa che siamo tutti una grande comitiva. Io di sinistra la sera vado a giocare a carte con quello di destra. La mattina poi ci cambiamo d’abito. E ognuno recita il suo ruolo. Insomma, è una questione di ruoli. E di stili. Ma la politica…”
I: “ora non scendiamo nel populismo o peggio nel disfattismo piccoloborghese. A tutto c’è rimedio, anche a Catania.
G: “no, la vedo scura, proprio nera. Un nero democratico, insomma. Qui perdiamo tutto. Peggio che andare di notte ad un tavolo da baccarà sotto Natale!”
I: “che intendete fare allora, Vostra Signoria?”
G:” mi rivolgerò al nostro Stato. Che non delude mai. Quando ne abbiamo di bisogno, lui, per Noi, c’è sempre.E, naturalmente, anche ad un popolare appello di Tony Zermo. Potrebbe servire?”
I: “mai disperare, tiratevi su, che la vita è Bene, la morte è Male”
G: “avete ragione. Ora da Catania parte la riscossa. Mai disperare. La nostra comitiva vivrà. E vedrà”.
satira (la realtà è peggiore).
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