Cronache tragicomiche catanesi: nella “città assassinata dalla propaganda” dilaga la delinquenza minorile. Mentre il sindaco parla della “lapa degli agrumi” e la “parte migliore” parla d’altro

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Squarci di violenza quotidiana nel quadro di luoghi –mai pubblici- traditi da chi dovrebbe difenderli

di iena memoria d’elefante marco benanti

Mentre il sindaco e la sua “claque mediatico-clientelare” celebra mirabolanti annunci sulla città del futuro, sulla nuove memorabili “imprese” tecnologiche e infrastrutturali, mentre la cosiddetta “parte migliore” è impegnata su tante cose, ma non sul malessere della città, sul “fare inchiesta” invece che fare accordi con chi comanda,

a Catania accade, cioè nella vita reale di questa luogo –mai trattato come pubblico- “assassinato dalla propaganda” che, in pieno centro, un gruppo di minorenni possa scorazzare, aggredire, rapinare. Tutto “nuovo”? O tutto “vecchio”?

Non ci “scandalizziamo” perché non è questa “materia da scandalo”: lo scandalo vero, a Catania, è il silenzio. E’ l’assenza di voci autenticamente libere.

Le controfigure di intellettuali, più o meno di corte, anche e soprattutto quando “militanti”, le conosciamo da tempo. Il gioco, o meglio il trucco di parlare d’altro e mai della città e del suo malessere, è antico. Il Presidente del Tribunale dei Minorenni Giambattista Scidà lo aveva scoperto e loro, quelli dell’ “Italia migliore” impararono presto a stare attenti alle sue iniziative. Veramente scomode. Un giorno al Presidente Scidà arrivò una telefonata da uno dei massimi rappresentanti dell’ “Italia migliore” (si chiamano così, o meglio si fanno chiamare così): ebbene, dall’altro capo della cornetta lo si informava che per quella sua iniziativa non si poteva fare molto, perché c’era da seguire i problemi del Madagascar. Proprio così: del Madagascar. Mentre Catania agonizzava, come sempre.

Il “progressista”, quello dell’ “Italia migliore” quando deve svicolare da situazione davvero incomode, tira fuori qualche situazione da Terzo Mondo, qualche “paese in lotta”: così, le scocciature vere le evita. Non si sa mai.

A Catania questa tecnica è stata affinata nel tempo, nei decenni della consociazione, del trasversalismo più diffuso, del dominio del “partito unico” che strangola la città.

E il sindaco della “giunta di sinistra”(lo vedete come la “stampa progressista” lo “mette in un angolo” ogni giorno?) che fa? Nell’ultima apparizione in tema di legalità ha tirato fuori l’esempio della “lapa degli agrumi”, che mette fuori gioco chi rispetta le regole. E intralcia il traffico cittadino. E il pubblico, sinceramente democratico che lo ascoltava, annuiva soddisfatto.

Ecco questo è lo “spettacolo”che offrono questa “classe dirigente” e i suoi sostenitori, anche quelli occulti, i più tragicomici, che non hanno nemmeno il coraggio di mostrare apertamente il consenso di fatto che offrono a questo governo in costante continuità con il passato. Non c’è nessun cambiamento in corso a Catania: i problemi reali sono sempre gli stessi, i modelli culturali dominanti sono sempre gli stessi, le differenze sociali sono enormi, i quartieri popolari sono invivibili come e più di prima.

E’ scritto, a pag 89 (capitolo sulla giustizia minorile, settore penale), della relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Presidente della Corte d’Appello Alfio Scuto che

“anche per l’anno oggetto della presente relazione (1 luglio 2013-30 giugno 2014, ndr) deve essere rilevata una presenza della criminalità minorile catanese su livelli da primato nazionale, con conseguente necessità di una celere, significativa, puntuale risposta penale, tenuto conto anche della funzione educativa del processo.”

Non solo, Scuto a pag 17 della sua relazione, parla di “forme di uso predatorio delle risorse pubbliche”.

Nel 1988, cioè 27 anni fa(!), il Presidente del Tribunale dei Minorenni Giambattista Scidà scriveva al Procuratore generale, in tema di devianza minorile e pubblici poteri: “l’agire amministrativo appare attivatore assiduo di ingenti transfert di ricchezza dall’ambito pubblico ai patrimoni privati e la disonestà amministrativa è ormai per la coscienza pubblica una pratica consolidata che di tangente in tangente o per altro privato interesse va aprendo un cancello dorato per il saccheggio delle risorse pubbliche(fondi di bilancio, territorio, diritti in genere degli enti amministrati) davanti ad assuntori di lavori pubblici, locatori di opere, locatori di immobili, fornitori, cercatori di contributi, venditori; un costume, insomma, a causa del quale nella città depredata i beneficiari di vaste appropriazioni si contrappongono a color che –già poveri- scontano più profondamente degli altri in termini di mancanza di servizi e di compromissione nel contesto della distrazione delle pubbliche risorse. Sono le fasce minorili dei ceti svantaggiati alle quali Catania fa da pessima madre a pagare ancora di più, per quell’effetto di impedimento all’interiorizzazione dei valori etici e civili che è prodotto da quei comportamenti”.

Due o tre “slogan ideologici” non vi assolveranno: siete sempre più voi –“progressisti della domenica”- quelli coinvolti.

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Redazione Iene Siciliane

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