Riceviamo e pubblichiamo (a seguire interviene Fabrizio Grasso): http://www.ienesiciliane.it/articolo.php?aid=7728
“Egregio Dottor Grasso,
Le scrive l’avvocato difensore di Marco “il danese” Lalicata dopo attenta lettura del Suo articolo del 22 ottobre.
Premetto che condivido pienamente e a priori qualunque critica venga mossa ai cosiddetti /radical chic/ (con l’aggravante che Catania è talmente in disfacimento che non ci sono né /chic/ nè /radical chic/, ma meri scimmiottatori di periferia dei suddetti): come dire che il nulla attuale sotto il /liotru/ non produce nè bene nè male, ma un eterno e intollerabile limbo privo di idee e di valori autentici.
Vi sono però alcune cose da precisare, perché non le condivido, e altre da comunicarLe, perché evidentemente Lei non ne è informato.
Primo: la “simpatia” per Marco è assolutamente trasversale: dal pensionato cui rivolge teatrali e gentili saluti, allo studente sbalordito cui mostra le sue oche, al negoziante che gli dona qualcosa per i cani, alla giornalista che ne segue incuiosita le “gesta”, e così via. Egli non è dunque, semplicisticamente, bandiera di coloro che sono oggetto dei suoi strali; è, più probabilmente, un “personaggio” in una città che si è ridotta così male, ne convengo, da eleggere a personaggio il povero ed evidentemente malato Marco.
Secondo, e più importante: non vedo cosa c’entri Marco con chi, a Suo giudizio, lo avrebbe eletto a simbolo di qualcuno o di qualcosa.
Dispiace dunque cogliere – e spero sinceramente che Lei mi smentisca – una malcelata soddisfazione nel poter trionfalmente annunciare i suoi guai giudiziari che sono, assai prima che conferme del Suoi sillogismi sociologici, momenti di grave pena e afflizione per il giovane e per la sua famiglia.
Non so se Marco sia l’eroe dei /radical chic (?) /catanesi: sicuramente l’articolo dà l’impressione che la sua testa tagliata sia divenuto il trofeo posto a corredo del Suo argomentare, serto posto sul capo del “poeta laureato”.
Vedo perciò il tragico, ma pur sforzandomi non colgo nulla di comico. E sono certo che Lei vorrà darmene conferma.*
La informo perciò che Marco, prima che “un buon” (o cattivo) “selvaggio”, è un malato psichico gravissimo e che nessuno è mai intervenuto per occuparsi veramente di lui.
Farebbe perciò miglior servizio la Sua ottima penna a denunciare il disservizio degli organi a ciò deputati (e lautamente pagati con le nostre tasse) piuttosto che dare spazio e importanza a quattro menefreghisti che, le assicuro, non sanno neppure chi sia Rousseau.
Inoltre, e qui faccio il mio lavoro, Le ricordo che ogni accusa va vagliata e che l’innocenza è presunta fino a sentenza definitiva.
A conferma, Le comunico che questa mattina il GIP di Catania ha escluso la sussistenza dell’accusa di spaccio (come vede già le accuse da 3 si riducono a 2) e ha stabilito che Marco debba rimanere in custodia cautelare per gli altri reati, stabilendo però che venga trasferito presso idonea struttura sanitaria (ex OPG, oggi CTA).
Marco “il danese”, pur farneticando sulla propria visione della vita e del mondo, ha ammesso prontamente di aver picchiato la donna che a suo dire da mesi lo tormenta per riallacciare un rapporto che lui non desidera e si è dichiarato pronto a pagare il fio del suo agire e sinceramente amareggiato di non essere riuscito a controllare i suoi impulsi, saltati a causa dello stress e della sua sua grave psicosi; ha però negato con altrettanta fermezza la violenza sessuale e ha indicato tali e tanti di qei riscontri che sono certo che alla fine emergerà la sua innocenza.
Certo, rimane il reato di lesioni e una donna gravemente ferita e per questo Marco pagherà, compatibilmente con il suo stato mentale e con le circostanze in cui il fatto è avvenuto: anzi – come dicono le leggi dello Stato – verrà sottoposto a un trattamento di recupero e cura idoneo a renderlo integrato al civile consesso; il quale, da parte sua, ben presto si dimenticherà di Marco e si troverà – Glielo assicuro – altri personaggi e altri cattivi esempi: in giro non ne mancano certamente.
AugurandoLe buon lavoro, La saluto cordialmente.
Avvocato Paolo Sapuppo.
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Gentile avvocato Sapuppo, non ho nulla contro il suo assistito e per formazione e cultura non provo nessuna soddisfazione per le sventure altrui. Le informazioni sull’arresto del suo assistito che ho citato nel pezzo hanno come fonte la questura di Catania. Ovvio che nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva. A tal proposito affido Marco alle mie preghiere, perché possa superare questo difficile momento. Il mio pezzo voleva e vuole essere una critica a parte della classe intellettuale catanese che bada più all’apparenza che alla sostanza, non certamente al suo assistito verso il quale nutro un sentimento di pietà cristiana.
Perciò spero possa trovare conforto nella sua famiglia e in persone capaci di aiutarlo. La ringrazio inoltre per le precisazioni sull’accusa di spaccio caduta che è certamente posteriore alla pubblicazione del mio pezzo e pertanto la seguente vale come rettifica che certamente il direttore Benanti inserirà nel pezzo. Cordiali saluti Fabrizio Grasso
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