di marco pitrella
Come se non bastasse viene da dire… da sei mesi i 35 lavoratori – attualmente in assemblea permanente – non percepiscono lo stipendio dal Teatro che tra debiti, interessi sui debiti e “disinteressi” dei debiti ha una massa debitoria di 13 milioni di euro. Lunedì sul quel palcoscenico che opere belle non né mostra ormai più s’è cercato con le organizzazioni sindacali di trovare una soluzione che sembra davvero (quasi) “impossibile”.
Dei 500milioni di euro che lo Stato centrale ha destinato alla Sicilia 1milione e mezzo di euro è destinato allo Stabile. S’aspetta.
C’è una “questione Teatro”, s’è dichiarato. Un modo per tentare la soluzione – come emerso da più parti (presenti i deputati Raia & Albanella e l’assessore Orazio Licandro) – è un piano straordinario in cui ognuno faccia la propria parte; dal Comune alla Regione per finire allo Stato.
D’atti da fare ve n’è più d’uno: “occorre sbloccare il DURC (documento unico regolarità contributiva) rimasto bloccato a causa dei pignoramenti – spiega Giacomo Rota, segr. prov. CGIL – e mettere di nuovo i lavoratori nelle condizioni di percepire lo stipendio; la Regione s’è incaricata di pagare i pignoramenti, il Comune è pronto a mettere 188mila euro, la sua quota, che sino ad ora non ha potuto versare perché sarebbe stata immediatamente pignorata – prosegue il dirigente sindacale -, mettere, poi, mano al fondo di rotazione già attivo verso l’assessorato e iniziare a pagare i debiti”.
S’è parlato anche d’una fusione tra Stabile & Bellini (non sarebbe male), chissà.
Oltre il danno la beffa: rimanere fermi potrebbe voler dire perdere somme del FUS (Fondo unico dello spettacolo). Che fare? (comunque mancherebbe il “cartellone” degli spettacoli).
Come se non bastasse… dopo la lettura del verbale del collegio dei revisori dei conti – 15 aprile 2016 – il Consiglio d’amministrazione potrebbe essere illegittimo.
Alla base della possibile irregolarità della sostituzione all’interno del C.d.a, in quota Regione, di Eliana Patané con Giancarlo Zanetti, non “risulta perfezionata” e avvenuta in contrasto con il decreto ministeriale (1 luglio 2014) che prevede che i Teatri di rilevante interesse culturale (TRIC) debbano operare con un C.d.a. che rispetti la parità di genere – al momento, in seno al consesso, dei cinque membri una sola è donna.
Al di là di come la si possa pensare sul merito delle “regole arcobaleno” che antepongono, persino nella formazione d’un C.d.a., al merito e alle capacità individuali di ciascuno il sesso, per il Teatro Stabile il mancato adeguamento a tale “norma di genere” potrebbe comportare la potenziale perdita del contributo dal Ministero.
Non solo; anche in ordine alla nomina di Giovanni Anfuso, neo Direttore dello Stabile, c’è un “però”… in riferimento ad una recente pronuncia del Tribunale del Lavoro di Catania (sentenza La Mela) su una controversia che ha riguardato proprio lo Stabile, è emerso – sempre secondo i revisori contabili – come l’ente non sia dotato di un regolamento che disciplini la selezione del personale, per questo ne potrebbe conseguire una possibile invalidità all’incarico di Anfuso.
“Su disposizione di La Rosa – si legge su La Sicilia di domenica 15 maggio – l’ente ha inviato all’avvocatura regionale la richiesta di un parere sulla nomina di Anfuso alla luce della sentenza del Tribunale sopra citata in cui il giudice chiarisce che il bando di evidenza pubblica riguarda anche il direttore generale”.
Noto più ai meno che ai più per essere stato “quello” della rassegna “I art” – do you remember? –, Anfuso fortemente voluto da Enzo il sindaco di Bianco vestito ha fatto inorridire – come dargli torto – il “cosiddetto” mondo della cultura che, seppur timidamente, inizia ad emettere qualche timido vagito, se non qualche ruttino, contro il “Potestà”… raramente c’entra il punto ma almeno è un inizio.
A zero, intanto, non ci stanno nemmeno le chiacchiere; fuori la politica dai Teatri – si denuncia da tempi immemori – e, tuttavia, dentro il “piddì & affini” prosegue lo scontro.
Sempre su “La Sicilia” è riportato un estratto della lettera di Jacopo Torrisi, vice-presidente del C.d.a., inviata a “Sua Altezza” il sindaco di Catania in cui non risparmia critiche al presidente La Rosa – pare, si dice e si mormora sia uomo dell’assessore Barbagallo -, in particolare sul C.d.a del 6 maggio: “stato di confusione in cui sta operando la governance del teatro” – scrive Torrisi – e ancora “toni degni di un’assemblea di condominio”, continua.
Non la pensano così quelli che al piddì sono affini; Nicola D’Agostino è piuttosto deciso nel ribadire la stima per La Rosa: “ha coraggio, intelligenza e determinazione”.
S’attende la relazione finale degli ispettori regionali inviati qualche giorno fa da Barbagallo (assente all’assemblea); quel che certo è che con la cultura non si mangia ma son fin troppi i politicanti che c’hanno “mangiato”.
Come se non bastasse… lo spettacolo, pagato a caro prezzo in primis dai lavoratori, dovrà continuare.
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