Cronache tragicomiche comunali rossazzurre, l’ultima “Scoppola”: ecco la sentenza del Cga sull’impiantistica pubblicitaria!


Pubblicato il 12 Maggio 2015

Nella foto un parte del gruppo dirigente dell’amministrazione Bianco (gli assessori comunali Saro D’Agata e Giuseppe Girlando): sarà stata questa la loro reazione alla sentenza?

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ecco il testo: 

N. 00371/2015REG.PROV.COLL.

N. 00605/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 605 del 2014, proposto da: 
Job Creation Srl, rappresentato e difeso dall’avv. Sergio Busacca, con domicilio eletto presso Antonino Monte in Palermo, Via Libertà 56; 

contro

Comune di Catania in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall’avv. Santa Anna Mazzeo, con domicilio eletto presso Consiglio di Giustizia Amministrativa in Palermo, Via F. Cordova 76; 

nei confronti di

Alessi S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. Girolamo Calandra, Antonio Cunsolo, con domicilio eletto presso Girolamo Calandra in Palermo, piazza V.E. Orlando 33; Start Affissioni Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Lanzarone, Antonino Martino, con domicilio eletto presso Antonino Martino in Palermo, Via Enrico Fermi N. 58; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SICILIA – SEZ. STACCATA DI CATANIA: SEZIONE II n. 01000/2014, resa tra le parti, concernente gestione spazi pubblicitari – sostituzione, unificazione e rinnovo autorizzazioni di impianti pubblicitari;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Catania in Persona del Sindaco P.T. e di Alessi S.p.A. e di Start Affissioni Srl;

Viste le memorie difensive;

Vista l’ordinanza cautelare di questo Consiglio 25 luglio 2014, n. 392;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2015 il Cons. Ermanno de Francisco e uditi per le parti gli avvocati Busacca, Cunsolo per sè stesso e su delega di Lanzarone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Viene in decisione l’appello avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha dichiarato inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso proposto dalla società qui appellante per l’annullamento:

– della determina n. 466 del 20 novembre 2012, con cui il Comune di Catania ha provveduto alla “sostituzione, unificazione e rinnovo autorizzazioni di impianti pubblicitari”;

– della determina n. 27 del 7 febbraio 2013, avente lo stesso oggetto, con cui sono state sanate le autorizzazioni n.1355 e la n.1356, assentite in data 26 luglio 1989, in favore della Start affissioni srl;

– della determina n. 462 del 20 novembre 2012, di pari oggetto, con cui sono state sanate le autorizzazioni n. 1634 del 05/12/1989, n. 500/03 del 05/01/1991, n. 2987 del 29/11/1991, n. 3064 del 29/11/1991 della Alessi spa.

– della determina n. 25 del 7 febbraio 2013, di pari oggetto, con cui è stata sanata l’autorizzazione n. 1358 del 26 luglio 1989, sempre della Alessi spa;

– di tutti i provvedimenti, pure endoprocedimentali, assorbiti e/o rinnovati e sostituiti con le dette determine;

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

La sentenza appellata ha dichiarato l’originario ricorso inammissibile per difetto di interesse, rilevando – sulla premessa che “parte ricorrente impugna le determinazioni in epigrafe, con cui il Comune resistente ha disposto in ordine alle autorizzazioni a suo tempo concesse ad altre società operanti nel settore della gestione degli spazi pubblicitari” – che “un eventuale annullamento dei provvedimenti impugnati farebbe … rivivere le precedenti autorizzazioni, risultando così privo di alcun effetto utile per la società ricorrente. Né tali precedenti autorizzazioni, pur formalmente impugnate, in disparte profili di tempestività di tale impugnativa, sono state assoggettate ad alcuna censura nel corpo del ricorso”.

Il primo motivo di appello deduce che avrebbe “errato il Tribunale laddove ha pronunciato la inammissibilità del ricorso in violazione ed in totale assenza dei presupposti indicati dall’art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a.”.

Secondo un primo argomento, il giudice amministrativo dovrebbe annullare i provvedimenti illegittimi senza curarsi delle relative conseguenze, e dunque ripristinando una situazione di legittimità senza dover verificare che il ricorrente abbia interesse a realizzare quest’ultima.

La palese infondatezza di siffatto assunto consegue direttamente dalla natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, in forza della quale nessuna domanda può essere proposta al giudice (ex art. 100 c.p.c., pacificamente applicabile al processo amministrativo proprio in base al carattere soggettivo della relativa giurisdizione) se il ricorrente non abbia concreto interesse a ottenerne l’accoglimento; conseguentemente, risulterebbe del tutto corretta la declaratoria di inammissibilità resa dal primo giudice se fosse vero il relativo assunto, ossia se davvero l’annullamento di un provvedimento sostitutivo facesse rivivere automaticamente il precedente provvedimento sostituito.

Viceversa, la declaratoria resa in primo grado merita riforma in questo giudizio di appello, proprio in ragione del fatto che questo Collegio non condivide la tesi dell’automatica reviviscenza di un precedente provvedimento (nella specie si tratta di autorizzazioni ad affissioni pubblicitarie) quale automatico effetto dell’annullamento, in sede giurisdizionale, di un successivo provvedimento che sia stato adottato dall’Amministrazione in luogo ed in sostituzione del primo.

Invero, siffatto effetto automatico (di resurrezione di un atto non più esistente) non si verifica neppure, secondo il prevalente insegnamento di dottrina e giurisprudenza, nell’ipotesi – comunque più opinabile e maggiormente problematica di quella qui in esame – di successione di leggi nel tempo, in presenza dell’abrogazione di una norma che a, sua volta, avesse abrogato un’altra norma previgente.

Certamente, ed a fortiori, la resurrezione di un provvedimento amministrativo fatto oggetto di sostituzione mediante un nuovo provvedimento successivo non è l’automatico effetto dell’annullamento del secondo provvedimento, giacché in tal caso altro non residua che la potestà amministrativa di riprovvedere, se del caso, sull’intera vicenda: dovendosi peraltro tener conto altresì del c.d. effetto conformativo eventualmente scaturente dal giudicato di annullamento.

Nell’accoglimento, per il profilo testé rilevato, del primo motivo di appello resta assorbito il secondo (che è volto a confutare l’affermazione del primo giudice del difetto, nel ricorso originario, di censure volte a contestare i provvedimenti precedenti), ciò essendo un corollario della non automatica reviviscenza delle autorizzazioni precedentemente in essere.

Sulla premessa della ricevibilità e scrutinabilità del ricorso originario (non essendosene dimostrata la tardività, rispetto alla piena conoscenza degli atti gravati, da parte degli intimati), va allora esaminato il terzo motivo di appello, con cui si sostiene che “ha, pertanto, errato il Tribunale laddove omesso ogni esame e pronunciamento sui motivi di ricorso formulati dalla Job Creation”; così riproponendosi i due motivi, non esaminati, del ricorso di primo grado.

In disparte l’oscuro profilo dell’asserito “difetto assoluto di attribuzione”, colgono tuttavia nel segno le riproposte censure afferenti al fatto che i provvedimenti impugnati in prime cure abbiano consentito, pur se sulla base di altre autorizzazioni pregresse, il mantenimento (che, trattandosi di un nuovo provvedimento autorizzatorio, vale quanto un’istallazione ex novo) degli impianti pubblicitari in luoghi non previsti dal P.G.I. nel frattempo adottato dal Comune di Catania, e dunque in ultima analisi in difformità da esso.

Al contrario, come fondatamente rileva l’appellante, ogni ulteriore autorizzazione che sia rilasciata successivamente all’entrata in vigore di detto Piano per essere legittima deve necessariamente conformarsi ad esso (e non soltanto al nuovo codice della strada), sia per quanto riguarda la selezione di quelle da accogliere tra le più domande proposte, sia il sito di ubicazione dell’impianto pubblicitario, sia infine per ogni altro profilo.

Il Comune di Catania ha difeso la legittimità degli atti impugnati sostenendo che essi “non sono nuove autorizzazioni”, giacché con essi si è solo “inteso sostituire riunire le autorizzazioni rilasciate nel tempo senza scadenza in un provvedimento unico”; ma, soprattutto, ha rappresentato che l’assetto ad essi conseguente è quello scaturito da un “protocollo d’intesa” alla cui definizione avrebbero partecipato tutti gli operatori del settore, inclusa l’odierna appellante che, tuttavia, alla fine non vi ha aderito.

La confutazione del primo di tali assunti è stata già svolta in sede di scrutinio del primo motivo d’appello, sicché non occorre ripetere che quelli impugnati sono ordinari provvedimenti amministrativi soggetti, per il principio tempus regit actum, al pieno rispetto del sopravvenuto Piano generale degli impianti pubblicitari; diversamente incorrendosi, com’è accaduto nella specie, in palese illegittimità.

Quanto al secondo assunto, va esplicitato come il Comune di Catania non possa, legittimamente, rimettere il contenuto dei propri provvedimenti ad una sorta di negoziazione tra e con gli operatori del settore, allorché i risultati di quest’ultima diano luogo (anche se solo limitatamente a un periodo asseritamente transitorio) ad autorizzazioni per la gestione di impianti pubblicitari non conformi al Piano predetto; neppure potrebbe considerarsi legittima la concertazione, con gli operatori già presenti nel mercato di riferimento, di una qualunque forma di sanatoria delle pregresse situazioni di illegittimità, con cui si attribuisse alle autorizzazioni pregresse una valenza in qualche modo ultrattiva.

Da un lato, infatti, non si tratta di materia nella disponibilità di detti operatori; e, d’altro lato, ogni intesa in tal senso, pur se avallata dall’Amministrazione, si risolverebbe in una modalità di illegittima esclusione dal mercato catanese delle affissioni di nuovi operatori (o di quelli che, avendovi già operato, ne siano usciti per qualunque ragione, ma che aspirino a rientrarvi).

Al contrario, secondo quanto si è già detto, è fatta salva la possibilità – che verosimilmente sarà una necessità, data l’esigenza di rimettere ordine nel settore della pubblicità catanese, adeguandolo, interamente e senza residui privilegi, al sopravvenuto P.G.I. – di nuovi provvedimenti, che andranno assunti nel rispetto dei predetti principi.

In conclusione, per effetto dell’accoglimento del primo del terzo motivo dell’appello, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti in tale sede impugnati; va conseguentemente restituita all’Amministrazione la potestà di provvedere nell’ambito inciso della presente pronunzia, comunque nel rigoroso rispetto del sopravvenuto Piano generale degli impianti.

Nondimeno – avuto riguardo alla contestuale pendenza, tra alcune delle parti di questo giudizio, di più cause chiamate all’odierna udienza e alla reciproca soccombenza che, in buona parte, ne scaturisce – possono integralmente compensarsi le spese del doppio grado del presente giudizio tra tutte le parti.

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati in primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Maria De Lipsis, Presidente

Ermanno de Francisco, Consigliere, Estensore

Hadrian Simonetti, Consigliere

Alessandro Corbino, Consigliere

Giuseppe Barone, Consigliere

L’ESTENSORE                      IL PRESIDENTE 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/05/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.).

 


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