di Claudio Melchiorre
L’ordine pubblico è garantito a Catania. Questa è la favola che viene spesso raccontata. La realtà è fatta di altro. I furti di auto e nelle auto, i danneggiamenti, gli scippi, le rapine, i furti in appartamento, le aggressioni verbali e fisiche sono una normalità alla quale pian piano ci si abitua. E speso nemmeno si procede a denuncia.
Già perché la denuncia può procurare guai. Lo dicono spesso anche le forze di Pubblica Sicurezza. Per avvertire, perché sono stanche pure loro, e perché sanno che non potranno garantire vera protezione, tra carenza di benzina, pochi soldi per gli straordinari, un’età media che avanza, una giustizia lenta e spesso aberrante nei risultati.
Ad essere colpiti da questa violenza diffusa sono anche i pronto soccorso. Qualche mese fa un medico viene tampinato e aggredito perché un uomo dal comportamento da boss, insieme a una quantità di complici, vuole che si occupi subito del caso che gli interessa.
Ieri una dottoressa, sempre al pronto soccorso, viene aggredita da una paziente che pretende analisi e indagini immediate.
I sindacati protestano, le istituzioni promettono, ma i medici si aggregano alle forze di pubblica sicurezza e capiscono l’antifona: siamo senza protezione. E saranno sempre meno quelli che faranno il proprio lavoro. E la città avrò sempre meno servizi. Anche le emergenze non avranno cura. E si morirà perché i cittadini catanesi sono autolesionisti: stanno male e si fanno ancora più male. Con una politica che è felice perché sa mettere fuori gioco i propri avversari, ma non riesce a risolvere i problemi come quello dell’ordine pubblico.
Il risultato? Meno servizi, meno democrazia, la convinzione diffusa che la violenza sia meglio del vivere civile. Così cade una civiltà. Così accettiamo supinamente che in questa nostra giungla possano restare solo le belve e le iene. Ma non in forma di giornale web. Quelle vere.
Se non alziamo la voce, presto resteremo divorati. E non ci sarà un ruggito. Piuttosto una risata. Da iena.
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