Cultura, Catania: nuovo studio sulla figura storica e politica di Vittorio Emanuele III di Savoia


Pubblicato il 24 Maggio 2016

di Carlo Majorana Gravina

Il saggio storico di Guglielmo Bonanno di San Lorenzo “Vittorio Emanuele III, piccolo grande re. Un’altra storia” merita attenzione. Costruito su corposi documenti, resoconti stenografici e carteggi, rende giustizia all’epilogo della vicenda politica di questo sovrano la cui portata e figura sono state mortificate e neglette dalla satira politica del tempo e da certa storiografia ultronea, approssimativa, fortemente “orientata”.

Il suo tempo. Quale? Questo sovrano è stato Capo dello Stato italiano per 46 anni; per un periodo nel corso del quale crolla l’impero zarista, saltano gli equilibri nei Balcani, l’Occidente subisce una gravissima crisi economica, scoppiano due Guerre Mondiali, vanno al potere le dittature nazi-fasciste e quella comunista: un periodo nel quale la politica subisce modificazioni e accelerazioni inimmaginabili conseguenti anche ad evoluzioni scientifiche straordinarie, anche in campo umanistico, e all’incremento dell’aspettativa di vita, per le scoperte in campo medico terapeutico e farmacologico, con ricadute demografiche complessive e complesse gestite, ahinoi, con approssimazione.

Imputati principali i libri di testo in uso nelle scuole che, quando il re lascia Roma in mano ai tedeschi, non chiariscono che non si trattò di fuga, bensì di un atto ufficiale e di scelta politica istituzionale ben meditata e calibrata: recandosi in Abruzzo e in Puglia Vittorio Emanuele III intese andare in mezzo al suo popolo, nella parte di nazione non occupata, piuttosto che incontro agli “alleati” a Napoli. Anche sulla controfirma delle “leggi razziali” il saggio illumina con elementi desunti dai resoconti stenografici: la terza volta che tali leggi furono portate sul suo tavolo (per due volte le aveva respinte) firmò per dovere istituzionale; respingendole la terza volta, così lo Statuto Albertino, avrebbe dovuto abdicare mettendo suo figlio davanti allo stesso problema. Illuminante il colloquio svoltosi in quel frangente: a Mussolini, che per convincerlo a condividere la pretesa dell’alleato tedesco gli diceva “Maestà, in fondo la sorte di questi ebrei interessa a solo 20.000 italiani dalla schiena molle”, rispose “Io sono uno di quelli, e mi adopererò per evitare gli effetti più odiosi di queste leggi”.

Così il resoconto stenografico di quel drammatico incontro, ma la cosa era risaputa dai servizi segreti stranieri: questo spiega la deferenza dei due ufficiali inglese e americano che lo andavano a trovare nella sua residenza a Brindisi. Tra gli importanti contributi forniti nel corso delle varie presentazioni, la singolare statistica, esposta da Tino Vittorio, per la quale il governo dei brevilinei dà benessere e crescita  economica e il racconto dello scontro tra Togliatti e gli altri dirigenti comunisti quando, confermando la condotta del re nelle fasi finali del secondo conflitto mondiale, consentì all’Italia di beneficiare del “piano Marshall” per la ricostruzione; mentre Isabella Frescura, storica dell’economia, ha raccontato e documentato la vicenda della comunità italiana di Città del Cairo e la visita di Vittorio Emanuele III nella nazione nordafricana. Le sue spoglie riposano ad Alessandria d’Egitto. In un momento di relazioni ruvide tra Italia ed e Egitto conoscere interessanti precedenti positivi con questa nazione dirimpettaia ha interessato il pubblico.

Portato nei quattro plessi dell’Istituto Alberghiero “Karol Wojtyla” di Catania, il saggio ha consentito di mostrare a studenti in procinto di conseguire la maturità come vedere e valutare fatti spesso ripetuti “a pappagallo” senza un minimo di valutazione critica.

Vittorio Emanuele III regnò per 46 anni, segnato da epiteti e motti elogiativi e/o satirici che non sempre gli hanno reso giustizia. Passando da “Re soldato” per la sua presenza costante e amorevole vicino alle prime linee del fronte del 15-18, di cui recentemente Compagna ha licenziato un saggio intitolato “1915. La guerra contro Giolitti”, a “sciaboletta” per aver avuto ridimensionata la sciabola che indossava con l’alta uniforme in considerazione della sua relativamente modesta statura; ma un capo dello Stato sulla scena per mezzo secolo non può essere liquidato con due battute.


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