Tale padre, tale figlio, arriva allora il subcomandante…

di Comandante Diavoletto

Uhe ragassi,

Diavolo d’un Lombardo, dico con cognizione di causa. Sì, certo, quello siculo che a quelli lombardi sono rimaste solo le corne. Se non fossimo in questa terra che profuma ovunque di zolfo – come un tempo di gelsomino – verrebbe da dire: diavolo d’un politico! Ma nel pizzo a tre punte siamo…

C’è chi, ad esempio, si arrabbia molto con lui perchè prima si fa eleggere e poi non sta al suo posto, che pure posto di tutto prestigio, onore e denaro è. Sulla spazzatura sente, sempre ad esempio, puzza di bruciato: ma questa è storia vecchia, come lo saranno prima o poi la sanità, la formazione e le tante altre ecccellenze dove la Regione non fa sconti a nessuno: s’era detto fra gentiluomini che si pagava 199,99 al posto di 100 e così faremo, costi quel che costi. Insomma, siamo uomini o quaqquaraquà? Come fu e come non fu chi lo aveva portato a Palazzo d’Orleans si trovò fuori dai palazzi, dagi assessorati, a mendicare il saluto di un usciere che pure avevano fatto entrare come dirigente – forse la cosa andò all’incontrario ma è irrilevante. E provano a parlarci con le buone, e provano a parlarci con le cattive ma quello è santo che non suda, al massimo mangia tabacco a scrocco. Un dubbio colpì i potenti boss del 61 a 0 e del cuffarismo: ma vuoi vedere che ci sta pigliando per il culo?

Come fu e come non fu possò tempo e a Catania evocarono un mio collega, personcina proprio per bene e molto disponibile: Iblis. Siccome però le convocazioni le faceva la procura invece di limitarsi a evocarlo – confermo, avrebbe molto apprezzato e dato pure qualche suggerimento – lo avocarono: apriti cielo, cioè fiamme dell’inferno. Ossia, mafia, ma quella tosta, ovunque e ovunque il baffetto da sparviero che mastica tabacco a scrocco; insomma, 2 più 2, mica siamo scemi? Certo, che motivo aveva di passare le ultime ore di notte prima della domenica del voto per il Parlamento Europeo a casa di uno di questi inquietanti signori in un paesino della piana catanese? E che, non gli bastava un seggio, volevano conquistare anche Berlino, così, per spacchio, diremmo noi.

Lo arrestano, lo hanno già arrestato, è fuggito con una mongolfiera, si è travestito da ministro al Turismo (dell’epoca, sia chiaro), sta per cedere, ha ceduto: chi ha fatto questa puzza? Lui a dire sempre: e sentitemi. Gli altri: ghiennò, ghiennò. Ora si va a tutt’altro tipo di contestazione e di dibattimento con seminario risarcitorio a latere. E un dubbio prese i boss, quelli che non hanno bisogno di specifiche: ma vuoi vedere che ci prese per il culo?

Ma il governo del diabolico annaspava ogni giorno di più grazie al suo socio di maggioranza, sicuramente democratico ma in quanto a partito…lasciamo perdere. L’unica cosa sulla quale convenivano i suoi dirigenti siciliani era di procurarsi martelli sempre più grandi per spararseli sulle palle: dovette intervenire la commissione di garanzia quando uno grosso grosso si presentò con un camioncino pieno di martelli pneumatici e non ci fu verso di calmarlo finchè il suo amico basso basso non gli spiegò finalmente il significato della parola martello. I due amiconi a Roma si vedevano nelle stesse stanze assieme agli altri bontemponi di destra capitanati da quello guercio guercio, a rimpiangere assieme i bei tempi andati del 61 a 0.

E dire che ci avevano provato in tutti i modi (cfr supra e infra) a farli ritornare ma, purtroppo…Nessuno si aspettava il colpo di teatro che accadde. Sicilia troppo tranquilla: inforconiamola. Con quali bandiere e con quali parole d’ordine: quella classica della trinacria e le rivendicazioni di attuazione Statuto, parte della Costituzione, in materia di imposte. Troppo poco: un po’ di facce con la barba incolta, un po’ di mani callose, qualche accento forte e così facciamo paura all’Italia. Che se ne frega perchè il danno lo paga solo la Sicilia.

Ricomponiamo il tutto: ma alla testa del movimento dei forconi non c’erano abietti dirigenti dell’MPA? E allora è fatta: l’imprenditore bello bello giura di aver visto i “mafiosi” e l’amico basso basso immediatamente aggiunge “signorina magistratura l’ascolti, che c’ha l’occhio clinico” che nemmeno Ficarra e Picone. Che poi i forconi stiano da giorni sotto il palazzo del presidente della Regione a chiederne le dimisssioni, è irrilevante. Andrà così: il PD è costretto a unirsi, in un modo qualsiasi, compresa l’estrazione a sorte e a chi la fa più lunga. Lo farà dicendo che mai e poi mai con quei buzzurri. Gli stessi a Roma diranno che lì i buzzurri sono belli, anzi bellissimi e a essere buzzurri sono invece quelli che a Palermo fanno così fine. Fatto sta che il PD arriva al ballottaggio di Palermo contro il candidato della destra. E arrivò una telefonata da Piacenza: “Uhe ragassi, non siamo mica buoni solo a farci pigliar per il culo. Ma siete ssiemi!”

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Redazione Iene Siciliane

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