di Cyrano
Nella stagione del politicamente corretto che deborda spesso nel conformismo più bieco, la figura di Leonardo Sciascia mantiene una capacità di interpretazione dell’attualità che solo i grandissimi riescono a preservare nel proprio DNA, umano ed artistico, anche a decenni dalla loro morte.
Un anticonformista “vero”, refrattario alle patenti di purezza ideologica e capace di denunciare le storture del professionismo dell’antimafia tanto quanto la radicata e pervicace presenza del fenomeno mafioso nell’Isola e in Italia, quell’Italia che ne “Il giorno della civetta” va “diventando Sicilia”, mutuando vizi e virtù.
L’immaginario sciasciano è saturo di personaggi emblematici che, quasi usciti dalla sua caustica penna, hanno riempito pagine di giornale rivendicando la loro integrità morale, facendone simulacro, per poi ritrovarsi rapidamente nella polvere, travolti dall’ immoralità.
Un Siciliano senza compromessi, che non si è mai appisolato sul giaciglio della bellezza e della lentezza come valore, difendendo la “sicilitudine” dai propri abitanti e dalle storture del meridionalismo isolazionista.
Leonardo Sciascia è stato identità ed eresia: identità senza camicia di forza ed eresia nella palude dei luoghi comuni, caratteristiche purtroppo difficili da riscontrare nel panorama culturale e intellettuale oggi, cento anni dopo la nascita dello scrittore di Racalmuto.
Guardare alla produzione letteraria di Sciascia significa osservare la realtà attraverso un caleidoscopio di generi, proprio per la sua versatilità e il talento senza linee di confine.
Anche la Politica, a destra come a sinistra, dovrebbe interrogarsi, ogni giorno, sulla sua straordinaria lezione: quanto vale la pena “sopravvivere” per compiacere gli altri, piuttosto che combattere a viso aperto contro la “spersonalizzazione” dei rapporti umani, il vuoto delle idee e l’omologazione? Buon compleanno, Maestro.