di Vito Pirrone
Ci sono realtà molto differenti che ruotano nella galassia del carcere. Gli esempi negativi di situazioni di degrado, violenza e miseria sono temi comuni di cronaca e reportage sensazionalistici. Esistono però anche grandi esempi positivi, di eccellenza, di singole realtà con progetti che riescono ad offrire una prospettiva a coloro che, avendo sbagliato, sono costretti a vivere da reclusi nell’espiazione della loro colpa con la relativa sanzione.
Il progetto di educazione alla legalità portato avanti dalla direzione del carcere di Brucoli – Augusta, che utilizza lo spettacolo, unitamente ad altre attività teatrali, fa parte di un programma volto a creare una interazione tra carcere e società civile, trasformando la casa di reclusione di Augusta in un laboratorio di idee e culture.
Il carcere è il luogo della separazione e della segregazione, il luogo della perdita dell’Io, dell’annullamento della volontà.
Il teatro è il luogo dell’incontro e della partecipazione.
Appaiono due mondi distanti fra loro, apparentemente inconciliabili.
Nel carcere si vive una realtà cui il detenuto deve aderire totalmente, fatta di contraddizioni e di privazione della libertà.
Il teatro, la musica, lo spettacolo, possono svolgere una funzione risocializzante, di reinserimento nella società.
Il teatro consente la strutturazione della personalità, acquistando un valore sicuramente catartico, aiutando il detenuto a sentirsi una persona, che, in quanto tale, acquisisce la necessità di riflettere sul proprio passato, per andare oltre, verso il nuovo.
Antonio Gelardi, direttore del carcere di Brucoli, non è un burocrate al quale interessa il mero rispetto delle leggi e delle circolari, per gestire una struttura penitenziaria di notevole dimensione. Egli va oltre, con la sinergia che ha saputo realizzare con il suo staff, va oltre l’espiazione della pena in quanto tale, va verso le innovazioni, il recupero del senso della pena, le opportunità, e il “dopo”. Presso il suo carcere, con la sua “direzione artistica” è stata creata la “Brucoli Swing Brothers”, una corale che ha realizzato diversi spettacoli musicali, anche aperti all’esterno.
Nello scorso mese di giugno, presso l’arena – spazio aperto –realizzata all’interno dell’istituto di Augusta, i detenuti del coro polifonico si sono esibiti in uno spettacolo,cui hanno assistito centinaia di spettatori esterni.
A poco più di un mese dalla scomparsa di Lucio Dalla, la “Brucoli Swing Brothers” ha ricordato l’artista con uno spettacolo, interpretando alcuni dei brani più celebri del famoso cantautore.
La musica, il teatro sono mezzi espressivi che insieme all’istruzione, allo sport, caratterizzano l’attività trattamentale del carcere di Brucoli.
Approvazione e commozione ha suscitato lo spettacolo canoro realizzato al tramonto, presso il ………………….. di Augusta, dai detenuti del “Brucoli Swing Brothers”. Carcere Aperto.
Alla fine dello spettacolo gli applausi, le luci si abbassano sui cantanti / detenuti, che tornano ad essere carcerati e vengono scortati e ricondotti nelle loro celle.
Tornano nelle loro celle, sempre le stesse, con gli stessi problemi e nelle stesse condizioni, ma diversi.
Hanno scoperto un loro “essere diversi”, hanno vissuto una loro libertà, sia pure da detenuti. Ora pensano al percorso prima dello spettacolo, un percorso lungo, vissuto come un gioco, ma con ansie, con i sentimenti che li hanno accompagnati notte dopo notte nelle celle,
le prove. Lo stupore e l’orgoglio di se stessi, che anche se non fa superare l’esasperazione carceraria, permette di trovare qualcosa di diverso in se stessi. Il pubblico numeroso ed i parenti, tutti che applaudono lungamente durante lo spettacolo e dopo.
Per la prima volta le madri, mogli, figli non li vedono dietro le sbarre di un’aula di tribunale, o con le manette ai polsi, ma da protagonisti “liberi” su un palco teatrale per un lavoro che ha richiesto molto impegno.
La recitazione teatrale o il canto, servono anche a prendere consapevolezza di se, a comunicare, in un percorso che li fa incontrare, confrontare. E’ terapia.
Grazie alla magia del palcoscenico si può ritrovare un senso alla vita.
Già i fratelli Taviani, con l’esperienza presso il carcere romano di Rebbibia, ove hanno messo in scena,il “Giulio Cesare“ di Shakespeare con detenuti /attori, hanno dimostrato come il teatro rappresenti uno strumento importante per il percorso di reinserimento del detenuto.
Nella sezione alta sicurezza del carcere romano, Fabio Cavalli dirige il “Giulio Cesare” di Shakespeare, come attore i detenuti, dei quali alcuni con fine pena mai. Il film documenta le cadenze oscure delle giornate dei reclusi e di come, attraverso le prove, essi vengono sempre più coinvolti nel loro profondo, sino al successo della messa in scena.
E’ principio consacrato nella nostra Carta Costituzionale che la pena non deve essere una semplice punizione, ma anche un momento di rieducazione. Nella specie, il teatro, o lo spettacolo in generale possono essere un modo perché il detenuto, uscendo dal proprio vissuto, recepisca la possibilità di redenzione.
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