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Diritto e rovescio: Iacp di Catania: continua la contesa per la dirigenza dell’area legale. Un altro inciucio all’orizzonte?
Pubblicato il 06 Maggio 2013
Esclusiva “ienesicule”su quanto sta accadendo nell’istituto più “bello del mondo”….
di iena senza casa marco benantiDue soli dirigenti.Uno, Santo Schilirò Rubino, imputato, con altri dipendenti dell’Iacp catanese, per gravi reati contro la Pubblica Amministrazione, prossima udienza il 16 maggio. Lo stesso è da quaranta anni illegittimamente nell’ente in quanto assunto come dattilografo per chiamata diretta e poi promosso dirigente senza pubblico concorso.L’altro, Daniela Castronovo, vincitrice di concorso, per potere fare valere il suo diritto al posto di dirigente dell’ente ha dovuto ricorrere al Tar di Catania. La stessa, assunta da pochi mesi, risulta sia costantemente boicottata dall’altro dirigente, Schilirò Rubino, che, nonostante sia imputato per reati contro l’Iacp, di fatto continua a controllare tutta l’attività dell’ente. E ciò, con il consenso dei commissari regionali che, tra l’altro, non provvedono a nominare il direttore generale dell’ente.A proposito del concorso per dirigente dell’area legale dello Iacp di Catania, giova a questo punto ricordare come è andata.Inizialmente viene dichiarato vincitore e assunto l’ avv. Vincenzo Martines, il quale, per inciso, nel periodo, durato diversi mesi, in cui è stato dirigente nell’ente ha armoniosamente convissuto con il dirigente imputato Schilirò Rubino.Dalla sentenza del Tar di Catania è risultato che Martines non era in possesso di tutti i requisiti di ammissione al concorso previsti dal bando.I giudici del Tar hanno dato ragione alla ricorrente, Daniela Castronovo.Ecco, in sintesi, quanto è scritto in sentenza: Martines non poteva essere ammesso al concorso perché non dipendente di ruolo di pubbliche amministrazioni, non in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche, non ha ricoperto effettivamente incarichi dirigenziali, o equiparati per legge, in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni. L’attività da questi prestata in favore del Comune di Catania non è qualificabile come “incarico dirigenziale”.Infatti, nelle delibere della Giunta Municipale di Catania, aventi ad oggetto incarichi professionali a Martines, si legge: “…Le parti dichiarano espressamente… che… non hanno inteso costituire un rapporto di lavoro subordinato, a cui non hanno interesse alcuno.” Non vi è dubbio quindi che si tratti del conferimento di incarichi professionali, che non possono essere equiparati ad incarichi dirigenziali, sia per il difetto di norme che stabiliscano tale equiparazione (richiedendo il bando l’equiparazione «…per legge…»), sia perché, diversamente opinando «…se ne dovrebbe inferire che qualsiasi avvocato che abbia patrocinato in giudizio a favore di una p.a., possa vantare nel proprio curriculum una attività dirigenziale…».Sul concorso di cui si parla, anche il terzo classificato, il dott. Manlio Marini, ha ritenuto di dover presentare un esposto alla Procura della Repubblica, segnalando svariate stranezze, come abbiamo già raccontato nel numero del 18 ottobre 2012 della rivista Magma.Il Presidente della Commissione del concorso di cui si parla, che ha ammesso e poi dichiarato vincitore Martines, è il prof. Avv. Agatino Cariola. Lo stesso, negli ultimi anni è stato componente del collegio di difesa dell’Iacp. Ma, nelle questioni riguardanti il dott. Schilirò Rubino Santo è stato costretto ad astenersi, in quanto avvocato personale dello stesso in alcune vicende.L’Iacp, nel giudizio davanti al Tar, è difeso dal prof. Avv. Antonio Vitale, anch’egli componente del collegio di difesa dell’ente.Tra pochi giorni il Cga di Palermo, a seguito di appello del Martines e dell’Iacp, dovrà decidere se confermare o meno la sentenza del Tar di Catania.Vedi caso, per questo giudizio, è stato scelto come relatore un non togato, nella persona del prof. Giuseppe Mineo, docente all’Università di Catania e collega del prof. Avv. Agatino Cariola e del prof. Avv. Antonio Vitale. Tale scelta è senz’altro una semplice coincidenza che non inficierà in alcun modo la decisione del CGA.Ma, come diceva Andreotti: a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina.
E ora? Ciak si gira:
16 maggio: nuova udienza del processo contro la malagestione dell’istituto case popolari di Catania. Vergogna senza fine.Riuscirà la “giustizia catanese” a fare prescrivere il processo contro la malagestione dell’Iacp?Mai perdere la speranza, anche perché le possibilità non mancano. Anzi, in prospettiva, la prescrizione è…dietro l’angolo. Basta guardare ai fatti: il dibattimento avrebbe dovuto avere inizio a marzo del 2012. Bene, in oltre un anno, non è mai cominciato! Due rinvii, di mesi e mesi: uno per difetto di notifica, uno per sciopero degli avvocati (per fortuna, in questo caso i termini di prescrizione sono stati “congelati”). Risultato? Il 16 maggio, dovrebbe finalmente prendere avvio, davanti ai giudici (Presidente Rosalba Recupido, a latere Bacianini e Cannella) della terza sezione del Tribunale di Catania.
Alla sbarra per la malagestione dell’ente dirigenti, dipendenti dell’Iacp e beneficiari di case popolari.Nel dicembre del 2011, il gup Francesca Cercone, accogliendo la richiesta della Procura della Repubblica, ha rinviato a giudizio il direttore generale dell’Iacp catanese, Santo Schilirò Rubino, il figlio di questi, Ettore Schilirò Rubino, altri quattro dipendenti, Anna Tusa (oggi in pensione), Adele Fiorello, Giuseppe Caruso, insieme a sei beneficiari di case popolari, Orazio Sicali (anch’egli dipendente dell’Ente in questione), Nino Santoro, Carmelo Sicali (fratello del dipendente Orazio) , Agata Romeo, Carmela Bergamo e Gaetano Maravigna.La richiesta era stata avanzata dal pubblico ministero Andrea Bonomo che, nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza, ha chiesto il rinvio a giudizio –a vario titolo – per abuso d’ufficio, truffa, falsità ideologica.In sintesi risulta dalle indagini che dallo Iacp di Catania, diretto da Santo Schilirò Rubino, eludendo leggi e regolamenti, siano state assegnate illegittimamente case e botteghe anche a dipendenti e/o parenti degli stessi.Tale richiesta, come è noto, è stata preceduta dall’invio da parte della Procura della Repubblica di Catania di un rapporto alla Corte dei Conti di Palermo in cui si stima un danno erariale di oltre trenta milioni di euro (ma fonti qualificate indicano una cifra superiore) per una cattiva gestione dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania.Nel processo l’istituto ha preannunciato la sua costituzione di parte civile. Insomma, l’Iacp contro suoi dipendenti, a cominciare dall’ex direttore generale Santo Schilirò Rubino, dimessosi da questo incarico alla vigilia del Natale 2011, ma nello stesso tempo autonominatosi dirigente dell’area contabile. Ma c’è di più: dopo le sue dimissioni chi è il direttore generale dell’Iacp? Domanda delle cento pistole: perché il direttore generale all’Iacp da quelle dimissioni non c’è! Lo staranno cercando? O meglio, lui, il leggendario Schilirò Rubino, ancora a gennaio del 2012, sembrerebbe abbia continuato a firmare la posta in uscita apponendo il suo visto sotto la dicitura “direttore generale”!Adesso, però, con l’arrivo dei nuovi commissari regionali, il “capitolo” del direttore generale dovrebbe riaprirsi. E speriamo si operino scelte celeri e trasparenti, per una vera moralizzazione dell’ente pubblico in questione. Speriamo non vengano importati da altri Iacp siciliani dirigenti che in passato non hanno dato buona prova di sé.Ma non è finita: questo scempio di gestione continua in una città che, tranne pochissime voci, resta silente ed indifferente, per poi “scoprire” –ogni tanto- che il problema della casa a Catania è un dramma autentico. Ma non sarà tutta colpa del “destino cinico e baro”? Oppure la conseguenza di scelte politiche e amministrative scellerate?Nel novembre del 2011, dopo un comportamento fatto più che altro di silenzi, persino il Pd ha ritenuto dover intervenire sulla gestione dell’Iacp, annunciando che avrebbe dato assistenza legale alle famiglie danneggiate dalla mala gestione dell’ente. Parola di Pd: non l’hanno fatto.E’ interventuo, invece, il deputato confermato Giuseppe Berretta che ha dichiarato:”Catania e i catanesi esigono che venga fatta chiarezza su una vicenda che ha assunto contorni dolorosi per tante famiglie, per centinaia di cittadini in difficoltà economiche e che per anni hanno atteso invano una casa popolare”. Berretta ha aggiunto: “senza entrare nel merito delle vicende processuali, chiediamo che si proceda con la massima celerità possibile prevenendo il rischio della prescrizione che pende sul processo. Prescrizione che non consentirebbe di fare piena luce sulle pesanti accuse che gravano su quanti hanno gestito l’assegnazione delle case popolari e che sono accusati di aver esercitato tale funzione in modo illegittimo e distorto, a scapito di centinaia di persone da anni in lista d’attesa per un alloggio popolare tanto atteso quanto necessario”. Accanto a Berretta ha fatto la sua voce anche il coordinamento catanese di Libera per il quale “esiste inoltre un serio rischio di prescrizione a causa dei ritardi processuali.Il coordinamento catanese di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie ritiene che una prescrizione in questo processo costituirebbe un’altra intollerabile ferita alla nostra città. È infatti da almeno due decenni che si trascina a Catania lo scandalo dello IACP. Per Libera, lo scandalo IACP è particolarmente odioso in quanto colpisce i diritti della fascia più debole della popolazione, alla quale la cattiva gestione dell’ente nega l’accesso alle abitazioni a basso costo. Anche per questo Libera chiede al Tribunale di Catania, alla Corte dei Conti ed alla Regione Sicilia la massima rapidità e chiarezza sulla vicenda.”
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