di Orazio Vasta
Poco più di 15 giorni fa la contrada di Sciddicuni (Paternò) veniva inghiottita dalle fiamme innescate da più punti. Un chiaro e forte attentato mafioso che ha fatto seguito a tanti altri atti violenti contro i terreni agricoli e gli animali, quest’ultimi trucidati nello stile mafioso, come la testa mozzata di una pecora impalata e fatta trovare davanti all’abitazione di Emanuele Feltri. Sabato scorso in contrada Ponte Barca si è svolta un’assemblea per denunciare l’incendio di Sciddicuni e decidere il da farsi: presenti agricoltori, braccianti, rappresentati delle associazioni territoriali dei piccoli agricoltori, sindacalisti della Federazione del Sociale USB Catania, rappresentanti della società civile, della sinistra radicale, il vicesindaco di Paternò e la vicepresidente del consiglio comunale di Paternò. E ieri, l’incendio che ha investito la Riserva di Ponte Barca, nell’Oasi del Simeto. Commenta amaramente, uno degli agricoltori di Sciddicuni: “L’incendio della Riserva è na tagghiatina di faccia per tutte e tutti coloro che abbiamo subito gli incendi e per tutte e tutti coloro che abbiamo partecipato all’assemblea. Na taghhiatina di faccia, come solo la mafia sa fare!”.
E ieri pomeriggio si è temuto il peggio per la Riserva Naturalistica di Ponte Barca e per l’intera area a causa dei diversi punti fuoco, probabilmente innescati con pneumatici, che hanno alimentato incendi dove l’area è
ricoperta da un impenetrabile canneto. In notevole ritardo un primo intervento da parte di un equipaggio della Protezione Civile che cercava inutilmente di fronteggiare le fiamme, ma il fuoco che alimentava e sprigionava il fitto canneto non rendeva possibile alcuna operazione. La stessa cosa si verificava sulla vicina SP 139, in Contrada San Nicolò, dove i Vigili del fuoco combattevano per salvare persone, uliveti e case rurali. Ma il vento e la vegetazione seccaginosa hanno imposto un’altra tipologia di intervento. A questo punto, e ancora in netto ritardo, veniva contattata la Sala Operativa della Forestale di Catania: arrivava sul posto la pattuglia del Distaccamento competente, che faceva intervenire altri equipaggi della Protezione Civile e richiedeva l’intervento di due elicotteri di diverso cabotaggio.
Come riferiscono gli stessi agricoltori e gli esperti operatori dell’antincendio, questo tipo di vegetazione costituisce quando si scatena un incendio un serio rischio per l’incolumità degli stessi operatori se non si sta accorti, e l’unico intervento possibile è con i mezzi ad acqua, tenendo sempre una certa distanza di sicurezza. Infatti, sono intervenuti gli elicotteri
“Nuvola Rossa” (con 22 lanci) e “Falco 2” (con 25 lanci) del Corpo Forestale, coordinati da terra dal personale del Distaccamento forestale di Catania. Alla fine l’intervento della Forestale, dei Vigili del fuoco della Protezione civile, dei volontari (Apas, Le Aquile, Sicilia Emergenza One) riusciva a limitare i danni alla Riserva .
Gli incendi di ieri, oltre ad evidenziare la presenza sempre più violenta della mafia nella vasta area dell’Oasi del Simeto, mettono ulteriormente a nudo la mancanza di un Coordinamento fra le istituzioni preposte per l’anticendio. Non si spiegherebbe altrimenti il ritardo con cui è stata allertata la Guardia Forestale. E c’è da aggiungere, inoltre, che incendi pericolosi come quelli di ieri vengono domati grazie all’impegno, spesso al limite del sacrificio, delle lavoratrici e dei lavoratori della Forestale e dei Vigili del fuoco.
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