Ottanta ordinanze di custodia cautelare emesse dall’Autorità Giudiziaria in meno di un mese, nello scorso periodo primaverile, un fiume di cocaina che invade ogni giorno la città, producendo guadagni stratosferici: a Catania l’ emergenza droga è drammaticamente attuale. Arresti e sequestri fanno da cornice ad una realtà dove gli stupefacenti sono divenuti da tempo una sorta di “azienda” che dà lavoro e soldi ad un numero enorme di persone, in particolare nei quartieri popolari.
“Droga spa”, quindi: a Catania, il traffico e lo spaccio degli stupefacenti hanno un’organizzazione aziendale, con tanto di “dipendenti” con ruoli diversi, con le “vedette” in funzione di controllo, i “pusher” e i loro “superiori” con telefono e collegamento email 24 su 24, senza dimenticare persino un sistema di videosorveglianza.
Catania assomiglia sempre più a Napoli, richiama gli scenari gangsteristici descritti da Roberto Saviano in “Gomorra”, dove il crimine coinvolge tanti giovani, anche minorenni, violentandone identità e prospettive di vita.
Al centro storico di Catania, a San Cristoforo -in quello che è stato definito dagli inquirenti “il supermarket della droga” (fino a trentamila euro al giorno di guadagni con lo spaccio, quantificato in seicento-ottocento dosi giornaliere)- un fiume di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina e marijuana, dà “lavoro” ad una massa incalcolabile di persone. Come nella zona di “S. Maria delle Salette”, centro dello spaccio sgominato dagli uomini della “mobile” –sezione “criminalità organizzata”- di Catania, con un’azione investigativa che ha portato all’arresto di 24 persone, su ordine del gip Giuliana Sammartino.
Si tratta di “Revenge 2” l’ ultima operazione antidroga condotta dalla Polizia di Stato. Protagonista della “droga spa” stavolta è la “famiglia” Bonaccorsi, detti “Carateddi”, già colpita con l’operazione “Revenge” dell’ottobre del 2009. L’organizzazione dei “Carateddi” è collegata a Cosa Nostra, in virtù dei rapporti intrattenuti da Sebastiano Lo Giudice, al vertice della “famiglia”, con i Lo Piccolo di Palermo. Dopo i colpi subiti dall’inchiesta “Revenge”, il gruppo mafioso si stava riorganizzando, riconquistando spazio nello scontro quotidiano per il controllo delle “piazze” dello spaccio.
Almeno sette i luoghi “caldi” indicati dagli inquirenti nel rione popolare, dove si fronteggiano principalmente i gruppi dei Santapaola- Ercolano e dei Cappello-Carateddi. Gli inquirenti hanno fatto riferimento anche ad una probabile azione di sangue prevista, un probabile omicidio, di cui però non si è identificata la possibile vittima, fermato dall’azione degli investigatori. Gli indagati devono rispondere a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di stupefacenti, spaccio, detenzione di arma da fuoco, con l’aggravante di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e di omertà derivanti dall’appartenenza all’associazione mafiosa “Cappello-Bonaccorsi” ed al fine di agevolarne l’attività. Al vertice dell’organizzazione è indicato Giuseppe Alessandro Platania, 29 anni, “figlioccio” del boss Gaetano Lo Giudice; quale promotore–secondo gli investigatori- insieme a Giuseppe Montagna e Domenico Querulo.
Così dopo il blitz di qualche tempo fa, quando la squadra mobile aveva tratto in arresto 31 persone per spaccio di droga nel rione Tondicello, con l’ operazione “Mulini” Catania torna all’attenzione dell’opinione pubblica per il traffico di droga. Anche in occasione di “Mulini” il quadro è stato allarmante: un fiume di cocaina su Catania, acquistata da persone di ogni estrazione sociale, a prezzi stracciati (40-20 euro a dose) per guadagni stratosferici. Dalle indagini, che hanno avuto impulso con un ingente sequestro di cocaina in una vettura condotta da corrieri napoletani, nella zona di Augusta, è emerso un quadro di collegamento fra le cosche catanesi e quelle napoletane, in particolare i cosiddetti “Scissionisti”.
Catania è “invasa” dalla droga, in particolare dalla cocaina, nella “piazza” di via Mulini a Vento, nel quartiere di San Cristoforo, lo spaccio è una vera e propria “industria”, dove si possono fare soldi “a palate”: anche 15, 20 mila euro al giorno. Al vertice dell’organizzazione sgominata dalla Polizia di Stato era Carmelo Trovato, 50 anni, una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine e degli inquirenti. I collaboratori di giustizia che dopo l’operazione “Revenge” hanno riferito del clan Cappello indicano che Trovato finanziava la loro cosca, della quale era appartenente, con somme che variavano dai 10 mila ai 15 mila euro a settimana.
Le investigazioni hanno inoltre chiarito che il capo dell’organizzazione aveva reinvestito in attività economiche, in particolare in un bar del centro di Catania ed in una macelleria a San Cristoforo, che sono poi risultate intestate a terzi. Un montagna di denaro, quindi, investito -secondo gli investigatori- in vario modo: beni immobili, auto di lusso, motocicli e gioielli, finiti sotto sequestro. E’ emerso che Trovato era interessato ad acquisire, intestandoli a prestanome, immobili prossimi alla sua “piazza” di spaccio, per avere maggior controllo sulla zona. Il valore dei beni sequestrati ammonta complessivamente a 750.000,00 euro.
Di fronte ad un quadro del genere, quali prospettive d vita ci sono per tanti giovani? Quale futuro prospetta loro Catania?
Iena Maculata
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