di iena marco pitrella.
Provocazione? semmai è la soluzione: Sebastiano Ardita, magistrato di professione, candidato a sindaco di Catania.
Del resto, in questi giorni a Catania s’è consumata una delle pagine più brutte della nostra recente storia. E quel che ha scritto Ardita è la sintesi perfetta di ciò che sta accadendo (ormai da troppo tempo): «Catania brucia, capovolta».
Questo il post del magistrato pubblicato sul suo profilo facebook: «Catania brucia i quartieri a sud quelli più poveri sono distrutti dalle fiamme. Anche l’Oasi del Simeto è distrutta. Poi le fiamme incendiano anche un lido. Nessuno si preoccupa delle povere case bruciate, nessuno dei patrimoni collettivi dell’oasi. Solidarietà istituzionali e raccolte fondi per il lido, dove qualche tempo fa, in un terreno adiacente e certamente non a caso, fu ritrovato un arsenale della mafia. Adesso la riconosco, la nube di fumo si dirada. Catania brucia, capovolta».
Ecco, «È ora di reagire!», intanto che, appunto, «Catania brucia, capovolta».
«È ora di reagire!» e con questo leitmotiv, “Ienesicule” ha lanciato una proposta: «si convochi un grande momento di partecipazione pubblica, nei quartieri e nella città, sul tema della tutela del territorio e dei beni pubblici. E a convocarlo siano tutti quei soggetti che in questi giorni hanno coraggiosamente preso posizione. È ora di reagire!».
Dunque, «È ora di reagire!»: e di questa chiamata a raccolta, Sebastiano Ardita candidato sindaco, a mio avviso, è la risposta.
Magistrato di professione, dicevamo, Ardita: attualmente componente del CSM, sostituto procuratore, manco a dirlo, a Catania, dal 1992; dal 1996 componente della Direzione distrettuale antimafia. Poi, correva l’anno 2002, Direttore generale detenuti al ministero della giustizia e responsabile del regime speciale del 41bis. In ultimo, ancora procuratore aggiunto a Messina prima, nel 2012, e a Catania dopo, nel 2017.
«È ora di reagire!».
Catania è fallita nei suoi silenzi, è fallita nelle sue amnesie: come quando, sempre per restare in tema Raciti, in Commissione Nazionale Antimafia, correva l’anno 2016, il nome di Francesca, figlia di Melo, allora presidente del consiglio comunale, venne gettato al tavolo degli “impresentabili” (A carico dei Raciti, comunque, non c’è stato alcun procedimento penale). Quindi Francesca Raciti, presidente del consiglio comunale, era tra gli “impresentabili”: ce ne fosse stato uno che avesse avuto da ridire. Come quando, nel 2018, venne candidata alla camera dei deputati, in posizione eleggibile fra l’altro, nella lista del partito democratico. Ce ne fosse stato uno, ancora, che avesse avuto una reazione o un po’ d’indignazione al pari di quella che si ebbe alle elezioni regionali del 2017, per un altro cosiddetto “impresentabile”, Pellegrino. Di che stupirsi? quello era Riccardo, il Re del quartierino, e Forza Italia il suo partito.
Catania è una città fallita, per lo meno nella sua classe dirigente.
Ha fallito il centrosinistra di Enzo Bianco che a suo tempo ha imbarcato di tutto e il suo contrario.
Ha fallito il centrodestra di Salvo Pogliese che a suo tempo ha imbarcato di tutto e il suo contrario.
Ha fallito quella parte di società civile che predica bene e razzola nella doppia morale.
Ha fallito nelle famiglie che palude ne hanno fatto.
Catania è l’immagine del prisma di cui Titta Scidà, che fu presidente del tribunale dei minori, ha il copyright: «lo vedi da una prospettiva e sembra una cosa, in realtà è un’altra. Lo giri ed ecco ancora una volta che cambia volto, ma in realtà è la stessa cosa».
Di questo prisma, la candidatura di Sebastiano Ardita è di rottura.
«È ora di reagire!».
«Catania brucia, capovolta». Catania, piuttosto, va stravolta.
Procuratore Ardita, a Lei la parola.
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