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Editori catanesi del passato: i Galàtola
Pubblicato il 02 Maggio 2015
di Antonio G. Pesce
Mario Alberghina e Tommaso Palermo sono due persone apparentemente affatto diverse. L’uno, studioso di fama nel campo della biochimica e docente nel dipartimento di medicina dell’ateneo catanese, è conosciuto anche per le sue doti di storiografo, e a Catania ha già dedicato diversi studi. L’altro, impiegato della biblioteca regionale di Catania e attento conoscitore del mondo editoriale, è persona schiva, molto cortese e con una erudizione di spessore. Eppure, sono il tandem che ha ricostruito un pezzo della storia di questa città, a cui sembra ormai restano le vestigia del passato come consolazione per la decadenza attuale.
L’occasione per la nascita di questo sodalizio sarà stata offerta da Maria Grazia Patanè, dirigente responsabile della biblioteca regionale universitaria e animatrice dei «Lunedì della Biblioteca», il sempre meno piccolo cenacolo che si riunisce tra pile di libri per prendersi cura della memoria di una città sempre più in preda alla demenza. «La nostra formula – dice la Patanè – è quella della rassegna, e cioè concentrare gli eventi in poco più di due mesi, piuttosto che sbrodolarli per un anno intero. Stiamo così facendo crescere un gruppo di persone attente alle iniziative della biblioteca. I nostri lunedì, insomma, sono entrati nella loro agenda». Un lavoro artigianale, fatto in casa, perché utilizza il patrimonio librario e i manoscritti della “bottega”, nonché le “maestranze” che già vi lavorano con funzioni istituzionali.
Qualcosa – e qualcuno – che funziona in questa città è rimasto. Una piccola fiamma che ricorda quelle di una Catania di inizio Novecento, quando, dice Luciano Granozzi, docente di storia contemporanea, nacque il mito catanese della «Milano del Sud». Città deserta, fatta da grandi edifici, ma di rada popolazione agli inizi dell’Ottocento e per buona metà di esso, comincia a crescere attirando il contado e assumendo pian piano i caratteri di città industriale. In questa Catania ottocentesca di cui, ancora secondo Granozzi, «manca una grande sintesi», si inserisce la vicenda editoriale dei Galàtola, ai quali la Biblioteca regionale dedica una mostra (inaugurato il 27 aprile, sarà visibile nella sala di lettura fino al 31 ottobre), curata appunto da Alberghina e Palermo.
Sei mesi di ricerche tra archivi, faldoni, libri, e alla fine ne sappiamo qualcosa di più di Crescenzio Galàtola, nato nel 1813 a Malta, e nel 1843 tipografo a Catania. Non che mancassero tipografi: «Ce n’erano circa una dozzina» dice Palermo, ma i Galàtola sono altra cosa, perché a Crescenzio dobbiamo «la formazione di una scuola, nonché la cura dello stile delle pubblicazioni». Per questo, del resto, Galàtola era stato “chiamato” a Catania, come ricorda Mario Alberghina: l’intendente borbonico, forse su indicazione dell’abate Geremia, voleva “educare” nuovi tipografi per le necessità della pubblica amministrazione. Arrivato nel 1843, Crescenzio, di famiglia di antica tradizione marinara, installa i suoi tipi che, con alterne vicende, imprimeranno fino al 1929. Venti opere già nel primo anno, tagliati fuori dalla rivoluzione del 1848, ritornano sulla cresta divenendo stampatori degli Atti dell’Accademia Gioenia dal 1858 e delle opere dei frati cappuccini, che permettevano di accadere in un mercato più ampio di quello dei libri scientifici dei docenti dell’Ateneo, pur comunque serviti. Dopo l’unità, continua la loro fortuna, con avvicendamenti di peso: il marchese di San Giuliano come protettore e Michele Galàtola alla guida. Ed è proprio con Michele, figlio di Crescenzio, che si ha la stagione più florida. Attorno all’editore anche gli scrittori siciliani: Galàtola sarà l’editore dei Carbonari della montagna del Verga.
Questa famiglia partenopea, arrivata a Catania per creare una scuola di tipografi, si spegnerà pian piano, e non certo per mancanza di lavoro. Saranno gli eredi a mancare. Ultimo ramo i Panzera-Galatola. Ma ormai è una tradizione che si trascina stanca. Altre, proprio da questa fine, prenderanno nuova lena. Giannotta, per esempio. Una storia, quest’ultima, già raccontata tra le stesse mura – quella della Biblioteca regionale catanese.
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