Editoria e antimafia: la “mafia grigia” di Pino Finocchiaro, ovvero il crimine come sistema

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Considerazioni “sbagliate” sull’ultimo lavoro di un giornalista…Di iena libraria Marco Benanti

La mafia come sistema di Potere, che pervade la società, con i suoi meccanismi perversi. Questo il “leit-motiv” dell’ultima fatica giornalistica di Pino Finocchiaro, cronista da oltre trent’anni, prima in tante iniziative editoriali siciliane e poi a Roma alla Rai, dove opera come giornalista, redattore e conduttore di Rai News 24, dopo aver lavorato anche a Televideo, all’Ufficio Stampa Dg e Rai Sicilia.”La Mafia Grigia” la cupola dei colletti bianchi (per Editori Internazionali Riuniti) è, appunto, un viaggio nelle reti politiche, economiche, sociali e culturali di un fenomeno criminale che fa delle sue relazioni dentro la società politica la sua forza.La conferma è venuta dal dibattito tenutosi a Catania, in una libreria del centro, qualche settimana fa (nella foto), alla presenza dell’autore appunto e di un magistrato che a Catania ha lavorato a lungo sulle inchieste di mafia, Nicolò Marino. A moderare l’incontro il giornalista Nicola Savoca.Di fronte un pubblico abbastanza folto, di vecchi e nuovi volti dell’impegno sociale e culturale catanese. Una “fetta” di città che ha sempre trovato difficoltà ad avere riconoscimenti o soltanto visibilità nel contesto generale di una comunità sempre piuttosto indifferente se non strafottente di fronte ai drammi e alle tragedie del proprio tempo.Ma cos’è questa fatica di un giornalista?In circa trecento pagine, Finocchiaro ripercorre un filo di sangue e di Potere, di uomini contro e di uomini al servizio di, di verità da affermare con forza e di menzogne da mascherare. Un “film” che chi lavora nel giornalismo in Sicilia conosce bene: dire la verità è “rivoluzionario”, sempre. Poi in Sicilia diventa “pericoloso” fino alle estreme conseguenze. Non a caso, la grande forza della mafia sta nel consenso. Ma la violenza è l’ultima ed estrema ratio: prima c’è la denigrazione, la diffamazione, l’emarginazione sociale. “Una sottile forma di ingegneria sociale” –ha detto Pino Finocchiaro. Con riferimento a quel meccanismo che la borghesia mafiosa ha ormai perfettamente “oleato” a Catania come in Sicilia.

Chi non sta nel coro, alle “regole non dette”, è “fuori”. Ed è una condizione di solitudine, di isolamento, di morte civile o quasi. Nel suo libro Finocchiaro ricorda anche personaggi a cui è stato legato professionalmente e umanamente come l’ex presidente della Regione Siciliana Rino Nicolosi, le sue vicende e le sue illusioni. Ci sono le città siciliane, belle e tragiche. C’è Catania, con il suo “teatro” , le sue apparenze, le sue “regole non decifrabili” pena l’emarginazione. Come diceva Giovanbattista Scidà, “Titta”, a cui il libro è dedicato. Un ricordo molto forte quello che Finocchiaro ha voluto serbare per il giudice e per l’uomo e per la battaglia cui è legato il suo nome, il “caso Catania”. E su questo gli intervenuti hanno concordato: non una questione di persone, non un “scontro fra fazioni o altro”, bensì una questione riguardante un sistema di Potere ancora oggi funzionante, forse peggio e più di prima.Nel libro ci sono anche interviste a uomini come Vincenzo Consolo, Paolo Borsellino, Sebastiano Ardita. Persone che su fronti diversi hanno combattuto e combattono la mafia. Si ricorda a lungo Pippo Fava e la sua vicenda umana e professionale. Si rammentano le inchieste di maggiore impatto investigativo e storico per la Sicilia e l’Italia, come la strage di via D’Amelio e l’agenda rossa ad essa legata. Ma non solo loro: il libro di Finocchiaro ricorda anche personaggi magari meno importanti, ma con la loro carica di umanità e la loro importanza nel “puzzle” delle vicende trattate. Fatti e personaggi che s’intrecciano e da cui nascono altre storie, con un invitano continuo alla memoria. Ma allora cosa resta di questa lotta secolare? Scrivere, scrivere, scrivere è l’unica forma di rivolta legale ed efficace consentita a chi è nato in terra di mafia.

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Redazione Iene Siciliane

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