Il 6 ottobre sarà presentato a Catania il libro di Marcello De Angelis “Cosa significa oggi essere di destra?”. Pubblichiamo al riguardo un contributo di Marco Iacona.
Non ho letto il libro, non lo leggerò. Per motivi personali, per sopravvenuto disinteresse, per sopraggiungente soffocamento. Un tizio, d’ambigua e urtante intelligenza, soleva dire che ogni uomo di destra – coglioni compresi – ha una sua destra; non so bene in cosa credesse il tizio (bontà sua, aveva stabilito una gerarchia temporale tra palesarsi dell’uovo e manifestarsi della gallina), quando digerii quell’ultimo arido pezzullo però, mi ritrovai arruolato tra lo scetticume di scuola pirroniana. Pare (pare), faccio scuola, che anche i “destri” siano ribelli a modo loro: chiedete loro spade e risponderanno coppe.
Ma ecco il nodo. Marcello de Angelis sarà a Catania – con autorevole intervento dell’autorevole sindaco Pogliese – per presentare il suo ultimo libro “Cosa significa oggi essere di destra?”. Il punto interrogativo è confortante, il resto pesa. Percettibile occasione, l’ultima quando si presentò il mio “Interim” sulle origini del Msi con autorevole intervento dell’autorevole candidato sindaco di destra, per saluti legali e illegali, baci da Roma, pomiciate “intellettuali” (virgolette necessarie), sfide tarantiniane. Si dice per dire. Sovranisti ed europeisti da SRI; cattolici da canto e chitarra impietosi contro la grande ammucchiata: scopatori crowleyani ed eterei guenoniani; massoni e puttanoni fianco a fianco a socialisti e falsi familisti; e due-tre gellati prezzoliniani – ah quel grande vecchio – a battibeccare coi complottisti al neon.
Non mancheranno né gentiliani per spacchio né spacchiosi per Gentile (non confondeteli: solo gli ultimi sono di destra). Gli heideggeriani, meno numerosi in commercio, snobberanno le donne sotto il metro e settanta; i grecisti, morettianamente, o non verranno o se ne staranno da parte. I salviniani porteranno la barba, le isoardiane saranno le più fighe. Ci credete? Catania è una città di “destra” per tradizione, e le destre sono trecentotré. Ipse dixit.
Vi svelo quella nostra, dai. Una borghesia caprina, due tre sottoclassi lumpen d’ignobili natali, pennivendoli, artigiani con toppe al sedere, maleducati, abbronzati, dipendenti pubblici a mazzetti complessivamente al miglior offerente. Ufficialmente legge e ordine, privatamente altro. Perché la destra è Catania e Catania è la destra (vi piace sentirlo dire). Diceva quel tipo – anche lui autorevole – l’uomo di destra, che legge un libro per lustri intervallati, ama la propria libertà e quella degli altri. L’assurdo è che in questa città si dovrebbe amare la libertà come in poche altre. Io non ci capisco niente, non so voi. Ma, in barba ai pragmatisti, non rischio di complicarmi la vita; anche per questo non leggerò quel libro: ne ho altri di migliori.
Marco Iacona.
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