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Editoria sotto il vulcano: “Sud”, parla l’ex direttore Fabiola Foti: “ho misurato il mio masochismo”
Pubblicato il 14 Aprile 2013
Le risposte ad un’intervista realizzata qualche settimana fa….di iena assonnata Marco BenantiAbbiamo rivolto qualche domanda a Fabiola Foti, che da qualche settimana ha lasciato la direzione di “Sud”.Direttore Foti, perchè si è dimessa da “Sud”?«Un direttore, di norma, si dimette perché viene meno il rapporto di fiducia con il proprio editore»C’è stato un singolo episodio oppure la decisione è arrivata dopo una serie di fatti?«C’è stato un episodio e poi ci sono stati tanti fatti»Come definirebbe con un’espressione simbolica i quasi due anni di direzione di Sud?«Atto di (mia) forza. Ho misurato il mio masochismo»
Puoi raccontarci, in sintesi, come sono andati questi due anni? Momenti belli, esaltanti e quelli deludenti…«Quando è nato ‘Sud’ l’ho desiderato, ma la sera che sono stata nominata direttore mi sono sentita male: ero sola e mi cadevano addosso le vestigia di un colosso dilaniato e con una pessima fama. Ricevevo telefonate di condoglianze e allora mi sono incafonita. Ho ricostruito tutto con molta pazienza e nel tempo ho cominciato a capire cosa era veramente ‘Sud’. Ci sono stati tanti momenti e di tutti i generi, ma la più grande delusione è oggi perché ho timore che tutto possa crollare dopo tanto lavoro di ricostruzione»
Se potesse tornare indietro rifarebbe quello che ha fatto oppure ha rimpianti?«Come giornalista ho un pregio ed un difetto: sono bravissima a condurre l’intervista e riesco a ispirare fiducia nel mio interlocutore però non sono molto perspicace per cui agisco con lentezza. Che dire, avrei voluto capire prima per diventare un muro da subito ma io sono fatta così».
A chi si sente di dire grazie?
«Ai ragazzi che hanno lavorato in redazione, non era assolutamente facile trovare giornalisti per ‘Sud’ (per tantissime ragioni), a loro dico grazie perché si sono fidati di me, di contro, spero di averli protetti, almeno fino a quando ho potuto».
Ma ‘Sud’ cos’è a suo avviso? Quale progetto (editoriale, politico,imprenditoriale o altro) persegue?«Conosco e comprendo il progetto ma preferisco non esprimermi in proposito.»
Ci può parlare della giornalista Antonella Steri? Siete ancora in contatto?«Mi sa che volevi dire Alessandra, però voglio stare al tuo gioco e continuare anche io a chiamarla così. Dunque, Antonella Steri io non la sento, come i miei editori, dal giorno delle mie dimissioni»
Cosa significa, in generale, fare giornalismo d’inchiesta a Catania? E’ un lavoro come un altro?«Sai meglio di me che a Catania fare giornalismo d’inchiesta è difficile, negli anni mi sono bruciata più di una volta e in questo momento sto curando ustioni del quarto grado. Catania non è una città è un paesello dove tutti si conoscono e alla fine tutto si regge su equilibri di mutuo sostegno reciproco; non sto parlando di mafia, sebbene gli effetti siano quasi coincidenti, ma di una ipocrisia perbenista che sostiene un intero sistema.»
Come giudica l’utilizzo dello strumento della querela contro i giornalisti?«Abnorme, inappropriata. I reati d’opinione dovrebbero essere rivisti in toto. La querela oggi è uno strumento di intimidazione e posso assicurarti, da giornalista che ha ricevuto sia querele che minacce di violenza fisica, che è molto più “tagliente” la querela piuttosto che la mera intimidazione. Per capire quanto sia discrezionale l’uso della querela voglio dire che di recente sono stata oggetto di querela da parte di un politico che ha pensato che il titolo di un articolo che non lo riguardava fosse diretto a lui. Quindi oggi mi ritrovo, tra le altre, ad essere indagata (con inutile dispendio di forze da parte di pm e polizia) per una mera (chiamiamola) sciocchezza.»
A suo avviso, oggi a Catania ci sono testate libere? Che ne pensa dei politici antimafia?«Non credo che possano esistere delle testate libere, tutte perseguono un obiettivo ed hanno una linea editoriale ben delineata, poi ci sono casi in cui la testata ha obiettivi più flessibili, ma in questa città non colgo neanche lontanamente esempi di grande flessibilità editoriale. I politici e gli imprenditori antimafia a me fanno più paura di tutti gli altri, ma questo credo lo pensi anche il mio intervistatore.»
Ma lei, direttore, perchè ha deciso di fare la giornalista?«Perché mi scappa di incazzarmi e per non soffrire di pressione alta devo denunciare al mondo intero quelli che a me sembrano i soprusi.»
Il futuro cosa le prospetta: un ritorno a Sud? Oppure altro?«No, la pagina di Sud è definitivamente chiusa e ora va a mettersi in archivio con tutte le altre esperienze giornalistiche che ho vissuto. Del futuro non c’è certezza, e sebbene adesso stia ancora leccandomi le mie recenti ferite coltivo già un sogno, certamente un’utopia: vorrei scrivere con quelli che ritengo essere dei giornalisti a me molto simili, insomma immagino una testata che metta insieme le firme di tutti i direttori e di molti dei redattori di Sud (e questo non sia un vanto per gli editori). Sarebbe l’apoteosi di un certo giornalismo, ma mio caro Marco, chiederei a te di fare il direttore di questa pazza bomba atomica, tu sei il più anziano e sei anche quello che la prende meglio quando viene querelato.»
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