L’inchiesta al luminol del giornalista Cirino Cristaldi sulle produzioni ambientate in Sicilia
“Coppole e lupara”. Da La Piovra a L’onore e il rispetto, spesso e volentieri film e fiction televisive ci propinano un’immagine di una Sicilia antica, arretrata, legata al fenomeno endemico della mafia, ma costruito con tratti piuttosto folkloristici.
Da decenni ormai, sfila davanti al piccolo schermo il mafioso di turno che subisce, in milioni di telespettatori, un processo di mitizzazione.. ed è così che si crea confusione tra i diversi piani di realtà e finzione cinematografica.
Nasce da questo assunto il lavoro d’inchiesta “La Mafia e i suoi stereotipi televisivi” di Cirino Cristaldi, giovane giornalista catanese, laureato in Lingue e Letterature straniere che si occupa da anni di cinema, nell’organizzazione di eventi e nella scrittura di soggetti e sceneggiature di vario genere.
Nel nuovissimo saggio in uscita per Bonfirraro editore, nato da un significativo approfondimento della sua tesi di laurea, l’autore parte proprio dall’analisi dettagliata di quegli elementi che in Sicilia sono direttamente associati al fenomeno mafioso, arrivando a provare quanto dannosi siano stati fiction, film e serie tv per l’immagine dell’isola, immolata sull’altare dell’audience.
È evidentemente un tema scottante, avvertito con un certo fastidio anche da chi, come lo scrittore Walter Siti, siciliano non è. «La tv sulla mafia celebra gli stereotipi» ha, infatti, appena dichiarato in un’intervista alla giornalista di Repubblica Paola Nicita.
L’autore di saggi di critica letteraria e vincitore nel 2013 dei premi Strega e Mondello con il romanzo “Resistere non serve a niente” sarà ospite a Palermo del Centro Sperimentale di Cinematografia, dal 5 al 7 aprile, per dibattere sul tema “Scrivere il reale”, il primo dei laboratori alta specializzazione e sperimentazione voluti dal direttore artistico Roberto Andò e approfittando dell’occasione ha anticipato:
«Mi piacerà affrontare il tema della rappresentazione del reale con una mia “polemica militante”, analizzando anche delle serie televisive in cui la realtà e la finzione si confondono dicendo l’una di essere l’altra. Penso ad esempio alle serie sulla mafia, tema ormai d’intrattenimento, celebrazione assoluta di stereotipi».
Ormai un topos, dunque, le coppole, i baffoni e le lupare, immagine di una Sicilia insanguinata, che non esiste più. Esiste adesso una regione, su cui gravano sì delle problematiche sociali ed economiche, ma dalla quale si alza forte il grido di comunicare piuttosto i suoi valori, celebrandone bellezze, cultura e uomini coraggiosi. Perché forse l’etichetta di “mafioso” sta cominciando a diventare davvero troppo stretta a tutti, anche ai siciliani onesti.
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